La Stampa, 16 settembre 2022
Parla il regista di “Speravo de morì prima”
Quando è arrivata la notizia, in molti avevano commentato «speravo de morì prima». La frase del Capitano che non si capacitava di lasciare il calcio, diventata prima un libro e poi il titolo della serie tv di Sky su Francesco Totti, è diventata anche l’amaro commento alla fine della favola dell’amore tra il pupone e Ilary Blasi.
Un amore che la finzione ha raccontato per come tutti credevano che fosse: solido, vero e tangibile. «A questo punto ci sarebbe da scrivere un altro film», dice Luca Ribuoli, regista della serie che insieme a Stefano Bises e Michele Astori ha portato sul piccolo schermo gli ultimi anni della carriera di Totti. Perché appunto quello era il centro della narrazione: la crisi del Capitano che deve lasciare il calcio giocato, quel momento ineluttabile e doloroso per cui oggi Totti accusa Ilary, colpevole a suo dire di non aver capito il suo dolore, di non essergli stata abbastanza vicino.
In quei sei episodi il nastro è riavvolto catapultando lo spettatore nel 2016, all’alba dei 40 anni di Francesco Totti. Il calciatore sa di doversi ritirare, il momento si avvicina ma vuole giocare ancora qualche anno. L’inaspettato antagonista è l’allenatore Luciano Spalletti, tornato alla Roma, su cui il pupone crede di poter contare e che invece non è più lo stesso. La panchina, le polemiche: la fotografia di un periodo tormentato che la coppia Totti-Blasy sembravano aver superato bene. Uniti.
Ribuoli, cos’ha pensato quando ha saputo della separazione?
«Ci sono rimasto male, come tutti. Mi è dispiaciuto anche perché avevamo raccontato la storia di un rapporto solido, tutta un’altra storia rispetto a quella che è venuta fuori ora».
Ha frequentato i Totti?
«Sì, ci siamo incontrati apposta per realizzare un racconto che rispettasse la realtà. Venivano spesso sul set con i figli e gli mostravamo tutte le puntate. Ridevamo delle riprese, loro stessi ridevano a vedere raccontati i loro inizi. È stato tutto molto partecipato e condiviso. Abbiamo anche coinvolto Ilary nella scelta dell’attrice che doveva impersonarla. Li ho sempre visti come una famiglia stupenda. Con il team ci eravamo chiesti se dietro le telecamere potessero davvero essere come apparivano. Lo erano. Anzi, in quel periodo hanno vissuto anche la morte del padre di Totti: erano uniti».
Totti ha detto che i problemi c’erano già da marzo 2021, quando è uscita la serie.
«I tempi di produzione di un racconto cinematografico sono sempre lunghi. Nel nostro caso tutto è stato rallentato dal Covid. Tra riprese, montaggio e messa in onda può essere successa qualunque cosa».
Totti rimprovera a Ilary Blasi di non essergli stata abbastanza vicina in quel 2016 difficile.
«In "Speravo de morì prima" abbiamo descritto la solitudine di Totti, quella sofferenza di cui parla era vera e l’abbiamo, penso, raccontata nel modo più sincero possibile. Per farlo ci siamo anche inventati un Cassano che veniva in suo aiuto. In quel momento Francesco era incapace di arrendersi alla fine della sua grande passione. Penso, però, che per chiunque sia complicato stare vicino a una persona che soffre così tanto per ciò che ama».
E sul set nessun sentore di crisi? O hanno nascosto bene?
«Non so dire. A noi sono sempre sembrati sinceri e veri. Non abbiamo mai avvertito nulla. Una cosa è certa: noi non abbiamo raccontato il contrario di ciò che abbiamo visto. Il racconto è reale anche perché il lavoro non sarebbe mai riuscito se non avessimo vissuto la storia con loro, in tutto il suo percorso e grazie anche a quello che Totti ci ha raccontato di Ilary. Dispiace che ora sia così: quando un racconto ci appassiona, ci illudiamo di conoscere i vip più di quanto si conoscano loro stessi».