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 2022  settembre 16 Venerdì calendario

Parla Ahmad Massud, leader della guerriglia afghana

Incontro Ahmad Massud a Vienna poche ore prima dell’inizio della Conferenza a porte chiuse che radunerà per un paio di giorni nella capitale austriaca le varie forze che si oppongono al regime dei talebani. Ahmad Massoud aveva soltanto dodici anni quando, due giorni prima dell’11 settembre, un commando talebano uccise suo padre Ahmad Shah Massud, il leader dell’Alleanza del Nord, quella stessa alleanza che da lì a pochi giorni, con il sostegno delle forze della coalizione internazionale, avrebbe travolto il regime. Oggi Ahmad Massud si trova a dover ricominciare da capo dopo più di venti anni, con una eredità pesante: un paese nuovamente caduto nelle mani degli assassini di suo padre e guidato da un regime fuori dalla legalità internazionale. In questa intervista esclusiva per Repubblica , il leader del Fronte Nazionale di Resistenza dell’Afghanistan ci racconta della resistenza contro il regime talebano e dei suoi progetti per il futuro dell’Afghanistan.
Un anno fa il presidente Ashraf Ghani fuggiva da Kabul, le forze della coalizione si ritiravano in modo disordinato e i talebani tornavano al potere. Mentre tutti fuggivano dall’Afghanistan, lei ha scelto di tornarci. Ci può raccontare come è successo?
«Durante il caos in cui è caduto l’Afghanistan nell’agosto dello scorso anno mi sono trovato di fronte a due scelte possibili: rimanere inEuropa e dall’esilio organizzare un’opposizione al regime o tornare fra la mia gente. Ho scelto la seconda opzione e sono tornato nella Valle del Panshir. In quel momento non c’era nessuna forma di resistenza e nelle prime settimane ho tentato in ogni modo di aprire un dialogo con i talebani. Li ho incontrati e le assicuro che ho fatto veramente tutto il possibile per evitare ulteriori spargimenti di sangue e un nuovo conflitto. La resistenza armata è stata la nostra ultima risorsa. Non avevamo altra scelta quando abbiamo capito che il regime talebano non perseguiva altra logica che quella di violenza e conflitto.
Come sta andando la resistenza?
«Il regime talebano non è riuscito a raggiungere alcuna forma di legittimità non soltanto a livello internazionale, ma anche all’interno dell’Afghanistan. Oggi ci difendiamo nella Valle del Panshir, ma siamo attivi anche in altre cinque province.
Oltre 3.000 soldati del dissolto esercito afghano si sono uniti alle nostre forze. Siamo una forza politica e militare indipendente e democratica, al momento senza alcun sostengo dall’esterno».
Ieri e oggi a Vienna si riuniscono le forze dell’opposizione democratica al regime talebano.
Quali sono le prossime iniziativa politiche che avete in mente?
«Il regime dei talebani ha dimostrato al mondo nell’ultimo anno la sua totale inaffidabilità. Non sono in grado di governare. Non sono in grado di integrare l’Afghanistan nella comunità internazionale.
Rifiutano norme e trattati internazionali. Ora è tempo per l’opposizione democratica, per le varie etnie e culture presenti nel Paese, per la società civile di riunirsi ed offrire una soluzione politica per il futuro del paese. La resistenza armata è una necessità per difendere la nostra gente, ma la soluzione deve essere politica e non militare. Perquesto proporremo un percorso per costruire un governo legittimo e affidabile per l’Afghanistan. Oggi in esilio, domani a Kabul.
L’uccisione del leader di Al Qaeda Ayman al Zawahiri nel centro di Kabul, ci ricorda come il rischio del terrorismo sia ancora molto alto in Afghanistan. Qual è la sua opinione?
«E molto più che un rischio, è la realtà. I legami fra il regime dei talebani e diversi gruppi terroristi internazionali sono evidenti e provati. Il rapporto con Al Qaeda è ancora molto stretto e in queste ultime settimane stiamo registrando l’arrivo nel paese di molti jihadististranieri. L’Afghanistan è nuovamente un paradiso per il terrorismo internazionale ed i rischi di esportazione di instabilità nella regione sono già evidenti».
Qual è la sua visione per il futuro dell’Afghanistan?
«Un Paese decentrato e federale innanzitutto. Siamo uno stato multietnico e multiculturale, con grande diversità. L’omologazione non è concepibile. Questa è la nostra storia. E poi un governo responsabile nei confronti dei suoi cittadini, in grado di essere verificato per ciò che fa».
La Cina sta cercando di occupare in Afghanistan i vuoti lasciati dall’Occidente. I talebani porteranno il Paese nelle braccia di Pechino?
«La Cina sta cercando di approfittare dell’Afghanistan in uno dei momenti più deboli di tutta la sua storia, con una sfruttamento illegale delle nostre risorse naturali. Ma l’azione di Pechino non è solo “economica”, è soprattutto “politica”: ha un forte rapporto diretto con il regime, promuove azioni di lobbying alle Nazioni Unite per un suo riconoscimento internazionale.
Tutto ciò è per noi inaccettabile».
Qual è la sua valutazione sul ruolo del Pakistan nel Paese?
«Il Pakistan ha sempre avuto un ruolo negativo ed ha sempre voluto giocare con il fuoco in Afghanistan.
Non è azzardato sostenere che i talebani siano una loro creatura. Ma l’instabilità regionale creata dai talebani potrebbe ritorcersi contro lo stesso Pakistan e spero sempre che possa cambiare strategia».
E l’India?
«L’India ha sempre avuto un ruolo costruttivo e positivo in Afghanistan ed auspico che tale ruolo possa ancora crescere in futuro».
Cosa dovrebbe fare l’Occidente e la comunità internazionale per sostenere la resistenza afghana?
«Ancora oggi con rischi enormi le donne afghane scendono in piazza sfidando a viso aperto i talebani. Le bambine vogliono tornare a scuola.
Le donne vogliono fare le giornaliste, le insegnanti. Come ovunque al mondo. La resistenza afghana è l’unica garanzia che i valori universali di democrazia e libertà possano affermarsi. Le democrazie si sono sempre aiutate fra loro. Vi chiediamo in nome dei nostri valori condivisi di sostenere di più adesso la resistenza democratica afghana con supporto economico e militare».
Lei non è mai stato in Italia. Verrà a incontrare il prossimo governo?
«Certamente si. E ho anche una ragione in più».
Quale?
«Fin da bambino, insieme a mio padre, mi sono innamorato dell’Italia guardando le partite di calcio della Juventus di Buffon, Pirlo e Zidane. Da allora non mi sono perso una partita».