il Fatto Quotidiano, 15 settembre 2022
Non tutto il Covid vien per nuocere
Da quando il Covid ha fatto irruzione nella nostra vita ci domandiamo quale impatto abbia avuto la pandemia sugli adolescenti e quali conseguenze potrà avere nella loro vita futura.
Le preoccupazioni sul futuro dei ragazzi appaiono piuttosto infondate, alla luce dei risultati emersi da una ricerca realizzata da Ipsos nel giugno del 2021 tra ragazzi di età tra i 14 e i 18 anni. Nel complesso, prevalgono emozioni positive per circa due adolescenti su tre, sia che si chieda esplicitamente quanto sono felici oppure quanto si ritengano ottimisti o, ancora, pieni di energia. Il 62% si ritiene soddisfatto di se stesso e della propria vita (ma 1 su 6 non lo è). E persino riguardo a un elemento delicato nella vita dell’adolescente, cioè il proprio aspetto fisico, il 58% è appagato mentre 1 su cinque (21%) non lo è.
I valori giudicati molto importanti nella propria vita (la ricerca ne considerava 20) vedono al primo posto la libertà (80%), seguita dall’amicizia (77%), dal divertimento e dalla famiglia (entrambi al 74%) e dalla pace (72%). Gli ultimi tre nella graduatoria sono la religione (23%), la politica (18%) e la castità (15%).
Dai genitori ci si attende ascolto (per il 79% è molto importante), libertà di decidere e mettersi alla prova (75%), affetto (74%), avere spiegazioni (73%) e dialogo (71%); un po’ meno importanti sono le regole (49%) e il sentirsi dire di no (33%). Le aspettative dei genitori sono giudicate alte rispetto al proprio futuro, nonché alla scuola e al lavoro, e due su tre temono di deluderle. Quando ci sono discussioni o litigi con i genitori la maggioranza relativa (43%) rivela che nessuno prevale, ma si cerca sempre un compromesso. E alla base del buon rapporto genitori/figli c’è la convinzione di essere molto o abbastanza compresi da mamma e papà, dato che oltre tre su quattro (77%) la pensano così.
Quanto alle relazioni amicali, poco più della metà fa parte di uno (33%) o più (21%) gruppi, il 18% dichiara di avere molti amici ma non un gruppo, mentre uno su quattro (28%) vive una situazione critica, con pochi amici su cui contare (22%), un solo amico (3%) o nessuno (3%). Quasi tutti coloro che hanno un gruppo di amici si sentono molto o abbastanza accettati e ciò accentua ancor più il divario con quelli che ne soffrono la mancanza.
(…) Altro tema affrontato riguarda il vissuto del futuro da parte dei nostri adolescenti, che spesso sono oggetto di giudizi severi da parte del mondo adulto che li considera apatici, privi di aspirazioni e di progettualità. In realtà queste valutazioni paiono essere più un pregiudizio che l’effettiva realtà, basti pensare che il 66% è consapevole che con le scelte di oggi sta costruendo il proprio futuro (solo l’8% è di parere opposto), il 50% dichiara di avere le idee chiare sul proprio futuro (contro il 21% che non le ha); è un futuro che, comunque, spaventa il 41% degli adolescenti (mentre il 26% si dice tranquillo), la maggior parte dei quali, però, non si rassegna all’idea che, tenuto conto della situazione odierna dei giovani, non abbia alcun senso pianificare il futuro.
Ciò che inquieta maggiormente è la difficoltà di poter avviare processi di autonomia (trovare un lavoro che consenta di avere una indipendenza economica, 26%, a cui si aggiunge l’11% che teme di non trovare un lavoro tout court) e il timore di non trovare un lavoro che consenta la piena realizzazione (24%) o la possibilità di dar corpo ai propri progetti (21%).
Nel confronto con la generazione precedente, prevale la convinzione di avere più problemi (41%) mentre l’11% pensa di averne meno e contemporaneamente uno su due (51%) è consapevole di avere più opportunità dei propri genitori, presumibilmente per la formazione, i progressi tecnologici, il tenore di vita, la durata della vita media, mentre uno su tre (34%) si mostra più negativo e pessimista.
Dopo l’uscita dalla pandemia il 41% degli adolescenti si mostra scettico, convinto che tutto tornerà come prima, mentre il 59% si aspetta una società diversa e tra costoro prevalgono le speranze: sarà una società più attenta all’ambiente, più sostenibile (61%), più attenta al bene comune (60%), più solidale (59%), più meritocratica, più globalizzata (entrambe al 59%), più equa e inclusiva (56%), più felice (53%). Il pessimismo prevale solo riguardo alla ricchezza complessiva, infatti il 56% prevede che la società sarà meno ricca.
Da ultimo, la fede e l’appartenenza religiosa. Emerge una forte distanza degli adolescenti dalla fede e dalla Chiesa, basti pensare che solo il 9% appartiene al primo gruppo (gli impegnati) e un altro 9% al secondo; il 16% partecipa saltuariamente alla messa domenicale (all’incirca una volta al mese), il 13% pur dichiarandosi cattolico non partecipa né alla messa né alle attività della parrocchia o di associazioni religiose, il 6% (in prevalenza stranieri) crede in altri culti religiosi, mentre la maggioranza relativa, quasi uno su due (47%), si dichiara esplicitamente ateo.
Questa distanza consente di spiegare perché solo il 19% esprime un’elevata fiducia nei sacerdoti della propria parrocchia, il 18% nella Chiesa in generale, il 21% in un educatore dell’oratorio, e solo uno su cento menziona un sacerdote come figura di riferimento. In compenso papa Francesco gode della fiducia della maggioranza assoluta dei ragazzi (57%, di cui 33% molto elevata).
E le valutazioni che i giovani esprimono sulla Chiesa non favoriscono la riduzione della distanza: il 35% pensa che la Chiesa non ascolti i giovani, il 29% è convinto che li ascolti ma poi pretenda loro di prescrivere regole che i giovani rifiutano e solo il 15% ritiene che la Chiesa li ascolti e li capisca, mentre il 21% non è in grado di esprimere un’opinione in proposito (e anche questo denota una lontananza).