il Fatto Quotidiano, 15 settembre 2022
L’altra metà del mondo si sta organizzando a Samarcanda
Il vertice della Shanghai Cooperation Organization che si apre a Samarcanda assume un rilievo particolare nella fase che si è determinata con la guerra ucraina, la controffensiva di Kiev e le prime vere difficoltà russe. Se andrà in un certo modo, infatti, potrebbe rappresentare una ciambella di salvataggio per Vladimir Putin e la conferma del ruolo cinese.
Fondata nel 2001 da Cina, Russia, Kazakhstan, Uzbekistan, Kyrgyzstan e Tajikistan per combattere terrorismo e separatismo, la Sco ha visto l’ingresso a pieno titolo dal 2017 di India e Pakistan, mentre numerosi altri Paesi sono in lista d’attesa o stanno per aderire, come l’Iran che questa settimana firmerà un Memorandum d’intesa. Il senso dell’incontro è riassunto dal presidente uzbeko, Shavkat Mirziyoyev, che ospita il vertice: la crisi profonda delle relazioni internazionali ha scritto su Indian Express, “complica il ritorno dell’economia mondiale al suo precedente corso di sviluppo e il ripristino delle catene di approvvigionamento globali”. Una convergenza regionale (anche se qui parliamo di gran parte del mondo) costituisce un antidoto, perlomeno temporaneo.
La Sco rappresenta oltre il 40% della popolazione mondiale e il 24% del Pil globale e secondo quanto dichiarato dal presidente cinese Xi, è lo “strumento” di sviluppo economico e di rottura del contenimento anti-cinese a guida Usa. Non è il nuovo Patto di Varsavia, come dice nell’intervista accanto Lucio Caracciolo, e la stessa Cina rifiuta la definizione di “Nato dell’Est”.
La presenza dell’India, che pure tiene il filo rosso del rapporto con gli Stati Uniti, rappresenta un test rilevante, soprattutto per i rapporti con lo stato forte cinese. Ma anche la Turchia, che lavorerà soprattutto sulla nuova crisi azero-armena cercherà di far spiccare il proprio ruolo. Ma il vertice centrale sarà quello tra Putin e Xi. Andrà ovviamente interpretato, soprattutto il messaggio che vorrà inviare il presidente cinese. Ma per quanto pieno di contraddizioni e insidie questa spinta dell’Est asiatico a organizzarsi e rappresentarsi costituisce un problema per gli Usa e i loro alleati. Chissà che non lo stiano sottovalutando.