Avvenire, 15 settembre 2022
Anche i russi usano armi straniere
Arrivano tante conferme, dagli 007 britannici e dai media: la Russia sta usando in Ucraina droni kamikaze stranieri. I resti di un modello insolito sono stati fotografati da un ufficiale geniere di Kiev, nella regione di Kupiansk. Hanno un’iscrizione in cirillico: “M-214 Geran- 2”, ma ricordano da vicino l’iraniano Shahed 136, un drone di cui si sa pochissimo. Il sistema sarebbe stato impiegato per la prima volta nel luglio del 2021, nel raid persiano contro la petroliera israeliana M/T Mercer Street. Pochi mesi dopo, apparve un video propagandistico. I pasdaran vi simulavano un bombardamento contro il reattore israeliano di Dimona.
Fra le armi impiegate c’era un lanciatore per droni multipli, basato sullo Shahed 136. L’Iran è un gigante in fatto di droni. Che la Russia ci faccia affari non sorprende. I due Paesi sono alleati in Siria, progettano insieme alla Cina un nuovo ordine mondiale e sono collusi in tanti settori. Per sdebitarsi dei droni, Mosca sarebbe
disposta a fornire jet di ultima generazione, il sogno proibito di Teheran. Che i due regimi tramassero qualcosa lo si sapeva già da agosto: all’epoca, Jake Sullivan, consigleere di Joe Biden, aveva allertato sui trasferimenti lungo l’asse Teheran-Mosca. Il Tesoro, a Washington, non aveva perso un attimo. Dopo aver studiato il dossier, aveva sanzionato quattro aziende iraniane. Nella lista nera figurano ormai i tre costruttori di droni Paravar Pars, Design and Manufacturing of Aircraft Engines e Baharestan Kish Company. Anche Safiran Airport Services è sotto embargo: avrebbe coordinato i voli fra l’Iran e la Russia, trasportando droni, personale per l’addestramento e parti di ricambio. La crisi dell’industria bellica russa è al centro delle analisi delle ultime settimane: Mosca starebbe stipulando anche un contratto con la Corea del Nord per la fornitura di missili, perché la guerra ucraina sta svuotando gli arsenali, sostengono Usa e Gran Bretagna.