La Stampa, 15 settembre 2022
La trame che partono dall’ambasciata russa a Roma
È difficile stabilire un punto d’inizio delle storie più oscure delle operazioni di interferenza russa in Italia, siamo pur sempre il Paese che ha avuto il partito comunista più grande d’Occidente, vent’anni di governo di Silvio Berlusconi – un amico personale di Putin che il Dipartimento di Stato sospettava di «affari personali» con il presidente russo, attorno a Gazprom e usando suoi presunti prestanome – e in anni recenti la più grande esplosione di partiti populisti-sovranisti in Europa, il M5S e la Lega. Ma forse è il 2014, l’anno di annessione illegale della Crimea alla Russia, il punto di svolta. E gli uomini vicini all’oligarca ortodosso Konstantin Malofeev e a Alexander Babakov (menzionato anche nell’ultimo cablo Usa) giocano un ruolo decisivo.
È una storia che si può far partire da Torino. La Lega nel 2013 deve eleggere il nuovo segretario, che sarà Matteo Salvini. Arrivano in Piemonte Aleksey Komov, collaboratore dell’oligarca ortodosso ultranazionalista russo Konstantin Malofeyev, e il deputato di "Russia Unita" Viktor Zubarev. Entrambi legati anche a Babakov, oligarca nel settore dell’energia. Nel 2015 un convegno di Lombardia-Russia a Milano sarà pagato con i soldi di Malofeev, secondo il racconto di uno dei collaboratori del Carroccio. Babakov sarà intermediario dei nove milioni "prestati" dai russi a Marine Le Pen.
Nei primi mesi del 2014 era nata l’associazione Lombardia-Russia, di Gianluca Savoini e Claudio D’Amico. Nella primavera 2014 Lombardia-Russia si lega alla "Gioventù Russa Italiana", un’organizzazione fondata nel 2011 da Irina Osipova, figlia di Oleg Osipov, capo del potente ufficio italiano di Rossotrudnichestvo, che nel 2016, si candida persino con Fratelli d’Italia al Comune di Roma. Partono andirivieni trasversali con Mosca. Nell’ottobre 2014 un gruppo di leghisti vola prima in Crimea, a sostenere i russi. Ci vanno anche due volte delegazioni parlamentari M5S, la star è Alessandro Di Battista. Grillo diventa special guest di RT, oggi bannata in Europa, come Assange e come Michael Flynn, il primo consigliere per la sicurezza nazionale di Donald Trump. Sappiamo che Flynn riceve compensi da RT. RT paga anche per quelle interviste grilline?
Dopo la Crimea i leghisti vanno a Mosca, dove incontrano anche Sergey Naryshkin, oggi capo del Svr, i servizi segreti esteri. L’operazione d’influenza, per i russi, si lega fin dall’inizio allo spionaggio. I leghisti lo sanno? Anni dopo, a Roma, a parlare con gli emissari leghisti per un «viaggio di pace» di Salvini a Mosca sarà Oleg Kostyukov (figlio del capo del Gru), vicario dell’ambasciata russa a Roma, che arriva a domandare ai leghisti, il 27 maggio 2022, se sono «orientati a ritirare i leghisti dal governo Draghi». Mosca ha tramato per abbattere Draghi?
Secondo Newslinemag, che ha ottenuto delle mail del gruppo "Tsaargrad" – del filosofo Alexander Dugin e di Malofeev – il 17 ottobre 2018 Salvini ha un appuntamento con Malofeev, così scrive per mail il braccio destro dell’oligarca. Il giorno dopo, all’hotel Metropol a Mosca, Savoini discute un accordo: il colosso petrolifero Rosneft, guidato da Igor Sechin (in tutti questi anni portato in palmo di mano in Italia dal capo di Banca Intesa Russia, Antonio Fallico), avrebbe venduto gasolio all’Eni con uno sconto del 4%, 65 milioni, destinato alla Lega. Esce l’audio. È ancora aperta a Milano un’inchiesta, ma i soldi non sono mai stati trovati.
Nell’ultimo cablo Usa – dove non si fanno nomi specifici – si legge che spesso «il finanziamento politico russo è stato eseguito da organismi come il Fsb». E con un meccanismo di «società di comodo, think tank, università». Le ombre russe in Italia hanno spesso riguardato presunti finanziamenti a dipartimenti universitari. O alla Link University, l’università cara ai 5 Stelle e a pezzi dei servizi. O a riviste di geopolitica più o meno gialloverdi e anti-atlantiche.
Il ministro degli esteri Luigi Di Maio ha detto «io me ne sono andato dal M5S perché Conte stava flirtando con Putin». Conte ieri ha assicurato: «Io posso parlare del M5S, non c’è nessuna possibilità che possa essere coinvolto e subire interferenze». Da anni i 5S, soprattutto con Vito Petrocelli, poi espulso, hanno flirtato con uomini di Putin, per esempio Konstantin Kosachev, o Leonid Slutsky, o Serghey Zeleznyak. Nel marzo 2020 l’allora premier grillino concesse a Putin una sfilata di mezzi militari e intelligence e generali russi in Italia, dai russi rivenduta come «missione di aiuti». Fu quello, o una missione di propaganda, con uomini dello spionaggio militare su suolo Nato, seguita da pressioni per far adottare il vaccino Sputnik in Italia? Un alto dirigente dello Spallanzani rivelò a La Stampa che due funzionari di stato russi gli proposero 250 mila euro per spingere lo Sputnik, lui rifiutò e informò carabinieri e Servizi. Cosa ruotò attorno a quella grigia storia? I russi ottennero in cadeaux la coltura virale del coronavirus