Gian Micalessin per “il Giornale”, 14 settembre 2022
IN GINOCCHIO DA XI – PUTIN A SAMARCANDA INCONTRERÀ IL PRESIDENTE CINESE, CHE FINORA HA SEMPRE RESPINTO ALL'USCIO LE RICHIESTE DI AIUTO DI MOSCA: È RIMASTO SUO ALLEATO ECONOMICO (L'UNICO), MA NON HA MAI FORNITO ARMI ALLE TRUPPE DI "MAD VLAD" - PER IL DITTATORE CINESE LE SANZIONI OCCIDENTALI ALLA RUSSIA SONO UNA PACCHIA: SI PRENDE A BASSO COSTO L'ENERGIA RUSSA, E NE APPROFITTA PER CONTINUARE A SVLUPPARE A PIENO REGIME IL SUO ARSENALE MILITARE - VIDEO -
A Samarcanda Xi Jinping ha già fatto bingo. E a regalargli una preziosa cambiale per un futuro da dominatore del pianeta contribuiscono, paradossalmente, quelle armi americane ed europee che stanno mandano all'aria i piani di Vladimir Putin in Ucraina.
Ma partiamo dall'appuntamento di domani a Samarcanda. Nella storica città uzbeka dove è in programma il summit della Sco (l'Organizzazione per la cooperazione di Shanghai) il presidente cinese incontrerà per la seconda volta in sette mesi il suo omologo russo. Nel precedente incontro, svoltosi a Pechino venti giorni prima dell'intervento russo in Ucraina, i due si promisero ogni bene tanto che Putin se ne tornò a Mosca parlando di una «collaborazione senza limiti».
Invece i limiti sono tanti. E a fissarli ci ha sempre pensato Pechino. Il 2 marzo quando l'Assemblea dell'Onu varò una risoluzione di condanna dell'intervento russo, Pechino scelse l'astensionismo anziché allinearsi al voto contrario di Mosca. In seguito si è sempre guardata bene sia dall'appoggiare esplicitamente l'intervento, sia dal fornire armi o sostegno militare alla Russia.
Non a caso quest' ultima a corto di droni ha dovuto rivolgersi all'Iran anziché alle aziende di Pechino impegnate da un decennio a investire miliardi nello sviluppo di aerei senza pilota assai evoluti. Il tutto mentre la Russia garantiva, invece, pieno appoggio alla Cina su Taiwan condannando apertamente l'arrivo nell'isola del presidente della Camera Usa Nancy Pelosi.
Dunque l'unico fronte su cui la collaborazione appare illimitata è quello economico. Le esportazioni russe verso la Cina hanno registrato un balzo del 50% nei primi otto mesi dell'anno, avvicinandosi ai 73 miliardi di dollari. Ma in verità si tratta uno scambio univoco. Il 78% di quelle esportazioni, come nota il quotidiano economico russo Kommersant, riguarda petrolio, gas e carbone.
Materiali energetici acquistati però con sconti fino al 35% sui prezzi correnti grazie allo stato di necessità d'una Russia assediata dalle sanzioni, ma decisa a punire l'Europa. Il primo a rendersi conto dello squilibrio che inficia la presunta alleanza con Pechino è Putin. Il presidente russo non è certo felice di vedersi usato allo stregua di un distributore di energia a buon mercato ottenendo in cambio ben poco sul fronte militare e politico.
Nei piani del Cremlino l'appuntamento di Samarcanda rappresentava l'occasione per trattare un riequilibrio dei rapporti. E questo anche in considerazione del Congresso del Partito Comunista Cinese di metà ottobre al termine del quale Xi potrà, una volta ottenuto un nuovo mandato, accantonare la prudenza esibita negli ultimi mesi. E in effetti il Cremlino fa sapere che la situazione dell'Ucraina «sarà discussa nei dettagli». Ma i «dettagli» non sono proprio favorevoli.
La batosta subita nel Nord-Est costringe Putin a presentarsi all'appuntamento piegato da uno stato di necessità che difficilmente gli consentirà di trattare alla pari. Su tutto questo faranno bene a ragionare Ue e Usa. Perché se per aiutare Kiev e piegare Putin permetteremo a Pechino di moltiplicare la propria potenza militare e industriale sfruttando energia e materie prime a basso costo di Mosca salveremo sì l'Ucraina, ma getteremo le basi per la nostra futura sottomissione al Dragone.