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 2022  settembre 14 Mercoledì calendario

Godard è morto. «Beato lui». Intervista a Gérard Depardieu (non parla bene del maestro)

Gérard Depardieu risponde al cellulare. «Sono un po’ stanco, a Parigi mi rompo le scatole». Parliamo di Godard, il profeta della Nouvelle Vague, morto a 91 anni. E Depardieu è sempre lui, controcorrente, con la sua feroce sincerità. Comincia subito a spiazzare: «Sono felice per lui».
Perché?
«Perché la vecchiaia è un disastro, è una tragedia. È meglio andarsene via in tempo. Lui si annoiava di vivere».
Ha fatto un film per lui.
«In italiano si intitola Ahimè!, era il 1993. La trama? La ricordo vagamente, parlava di mitologia. Non l’ho mai visto. Ho interpretato 250 film e ne avrò visti 40. Certamente non quello».
Com’era Godard sul set?
«Mi lasciava un foglietto imbustato sotto la porta della stanza dell’hotel con le battute che dovevo dire il giorno dopo. Niente copione».
È stato un maestro.
«Sì, un maestro. Era un po’ troppo didattico. L’arte non è così. Godard non era Pasolini, che aveva una natura generosa. Godard non lo era».
Godard e Truffaut, il sodalizio andò in frantumi.
«Erano molto amici e si mandarono al diavolo davanti a tutto il mondo. Fu Effetto Notte a scatenare la lite, con lettere incendiarie. Ma Truffaut era la gioia di vivere».
Mentre Godard…
«Veniva da una famiglia protestante, svizzera, piena di soldi. Famiglia importante e molto interessante. Con la vecchiaia il suo carattere divenne impossibile. Accentuò la caratteristica di parlare male degli attori».
Non li amava?
«Esattamente, non li amava. Il film doveva essere lui, Jean-Luc Godard».
Con Truffaut litigò per una visione antitetica dei film: «Effetto notte» ha un suo romanticismo, Godard voleva sperimentare.
«In una lettera chiese soldi a Truffaut per il suo prossimo lavoro alternativo, “perché la gente non creda che i film si fanno solo come i tuoi”».
«Ah… niente. Neanche l’emozione. Ci sono le piattaforme che mangiano tutto».
Entrambi, lui e Truffaut, erano nati critici.
«Avevano questa cosa in comune. Io non leggo nulla che mi riguardi, non mi considero nemmeno attore».
Ma sta uscendo il suo film sul commissario Maigret di cui tutti parlano bene…
«È di quei classici di una volta ma girato con un senso moderno. Maigret è uno che sa come parlare con la gente, apprezza la buona cucina, dunque ho delle cose che mi legano a lui. Ha un istinto che lo porta a interessarsi al prossimo, non parlo solo di fiuto investigativo. Mi piace la sua umanità, un poliziotto vecchio stampo che si prende delle pause in una brasserie».
Cosa le piace, ora?
«Visitare Paesi, Italia, Grecia, Turchia, Algeria…».
E la Russia non più?
«La Russia, certo. Non sopporto giornalisti e politici che parlano dell’Ucraina, che apparteneva a Mosca da tanti anni. Non mi piace Zelensky che tutti gli occidentali riempiono di soldi».
Torniamo a Godard. Era contro il sistema?
«Era un professore di filosofia. Era complicato. Aveva un approccio intellettuale alle cose. E aveva problemi con le belle donne degli altri. Un giorno gli dissi che non aveva le palle. Era un autobus passato sul suo corpo, questa è l’immagine che mi viene».
Ora riposerà in pace.
«Non credo che in vita amasse la pace abbastanza per essere umano».
Ci dica una qualità, una soltanto, di Godard.
«Allora... Aveva un bel senso dell’immagine, i suoi film erano come dei quadri».