la Repubblica, 14 settembre 2022
A Pechino piace l’arte italiana
L’arte italiana alla conquista della Cina. Gli autoritratti degli Uffizi in mostra a Shanghai, i capolavori della Gnam di Roma esposti a Pechino. E poi Morandi, Cattelan, Pesce. I futuristi Balla, Boccioni, Depero. Gli oltre 130mila visitatori che da luglio a oggi si sono già messi in fila al Museo Nazionale che si affaccia su Piazza Tiananmen per vedere la mostraTota Italia. Alle origini di una nazione : cinquecento opere di epoca romana, dalla Triade capitolina di Guidonia, il corredo della tomba di due guerrieri dell’antica Forentum, l’altare di Ostia con una rappresentazione del Lupercale fino al Pugilatore di Lisippo.
Un «capolavoro di diplomazia culturale», come ha spesso sottolineato in questi mesi l’ambasciatore italiano nella capitale cinese Luca Ferrari. Una diplomazia «costruita bene negli anni», racconta aRepubblica Federico Roberto Antonelli, il nuovo direttore dell’Istituto italiano di Cultura a Pechino. «La mostra Tota Italia è la prima non cinese che si è tenuta nel museo più importante di tutta la Cina dall’inizio della pandemia. C’è grande interesse. Noi italiani qui ci siamo: forse come non ci siamo stati mai in passato». L’Anno della Cultura e del Turismo Italia-Cina è entrato nel vivo. Di turismo, con le frontiere ancora semi-sigillate, se ne vede ben poco, da una parte e dall’altra della Muraglia. «Vivevamo di turismo cinese. Prima della pandemia, nel 2019 l’Italia aveva superato tutti gli altri Paesi europei per numero di visitatori cinesi. Frutto di un lavoro costante che ha portato risultati tangibili negli anni. Tutto ciò si sarebbe dovuto tradurre nell’anno della cultura e del turismo nel 2020, ma sappiamo che cosa successe a gennaio a Wuhan. Nell’impossibilità di ritornare a viaggiare nelle due direzioni, volevamo comunque mantenere una relazione di conoscenza dell’Italia in Cina. E anche della Cina in Italia», continua Antonelli, profondo conoscitore del Dragone, «deportato qui – come dice scherzando – da mia madre, sinologa, negli Anni Settanta. Sono cresciuto qui: credo di essere stato all’epoca l’unico non cinese ad aver fatto le scuole elementari cinesi a Pechino». La lista degli appuntamenti in questo 2022 è lunga. L’ultima, inaugurata proprio ieri, è la mostra Futurist Universe che fino al prossimo 4 dicembre, presso la Exhibition Hall dello Tsinghua University Art Museum, esporrà oltre 250 opere tra cui dipinti, sculture, disegni, grafiche e fotografie degli artisti più rappresentativi del futurismo.
Fino al 30 ottobre al World Art Museum di Pechino si potranno ammirare 62 capolavori della Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma: Modigliani, De Chirico, Fontana, Burri. La mostra sugli etruschi a Suzhou (300 repertiprovenienti dal Museo Civico Archeologico di Bologna e da quello di Napoli). I 50 autoritratti – tra cui Raffaello e Tiziano – che dalle Gallerie degli Uffizi di Firenze sono volati al Bund One di Shanghai. Gaetano Pesce: Nobody’s Perfect che dopo essere stata a Shenzhen e a Pechino ora è in mostra fino al 16 ottobre al Voyage Ucca Lab della capitale finanziaria del Dragone. “Wish You Were Here” di Maurizio Cattelan a Shenzhen. Come stanno reagendo i cinesi? «I numeri di Tota Italia sonostraordinari. Dal mio rientro in Cina, dopo tre anni di assenza, ho trovato un Paese cambiato, con la voglia di ricominciare a vivere la socialità, di andare in presenza agli eventi, di poter fruire contenuti che vengono dall’estero», continua Antonelli. «C’è ormai in Cina un alto livello di apprezzamento dell’Italia, anche abbastanza approfondito nel ceto medio e medio-alto del Paese. Ovviamente ci conoscono per il calcio. Ma anche la nostra cultura, il Rinascimento in particolare, la retorica della Via della Seta. Aggiungiamoci l’opera e la cucina: fino a dieci anni fa i ristoranti italiani aprivano e dopo poco chiudevano. Oggi sono addirittura di più rispetto a prima della pandemia. Siamo riconosciuti come una superpotenza culturale. Qui chi semina poi raccoglie».
Molte delle mostre gireranno il Paese. La cultura come veicolo per far conoscere il nostro patrimonio, anche per prepararsi ad una prossima riapertura delle frontiere. Del business. E di tutta l’industria culturale. «Non ci vogliamo fermare al 31 dicembre ma l’intenzione è di portare avanti gli eventi fino ai primi mesi dell’anno prossimo. Obiettivamente ci sono difficoltà dovute alla pandemia, ma c’è un’attenzione e una volontà – del ministero degli Esteri e di quello della Cultura – a voler portare a termine questi progetti», conclude Antonelli. «Con grande meraviglia anche dei colleghi di altri Paesi. Basta guardarsi in giro in questo momento e si vede che siamo l’unico Paese che sta riuscendo a fare queste attività culturali».