il Fatto Quotidiano, 13 settembre 2022
Gli agenti che a Primavalle avrebbero buttato giù dalla finestra Hasib Omerovich, un sordo muto rom
Il 25 luglio scorso in un appartamento a Primavalle, quadrante nord di Roma, Hasib Omerovich, 36 anni, sordomuto di etnia rom, vola dalla finestra della sua camera da letto. È mattina, poco prima di pranzo, e in casa ci sono 4 poliziotti in borghese del commissariato di zona e la sorella S., di 31 anni, affetta da disabilità. Secondo la versione di quest’ultima (al vaglio dei magistrati) a gettare l’uomo dalla finestra sarebbero stati gli agenti: “Lo hanno preso dai piedi e lo hanno buttato giù”.
Sono tanti gli aspetti da chiarire in questa storia dell’estrema periferia Nord della capitale. Al punto che ieri in una conferenza stampa organizzata alla Camera dei Deputati – alla presenza di Fatima Sejdovic, la madre della vittima, del deputato Riccardo Magi e degli avvocati della famiglia, Arturo Salerni e Susanna Zorzi – è stato chiesto al ministero dell’Interno di avviare un’indagine sulle modalità d’intervento dei poliziotti. Anche perché – a distanza di un mese e mezzo – ancora non è chiaro a familiari cosa facessero i poliziotti in quell’appartamento: non gli è stato consegnato alcun documento, dicono, magari un verbale di elezione di domicilio destinato al figlio.
Ma cosa è successo il 25 luglio? Secondo quanto ricostruito nell’interrogazione parlamentare, già il giorno prima Erika, sorella 16enne di Hasib, “era stata avvicinata dal proprietario di un bar che le aveva riferito che stava girando su Facebook un post ‘perché Hasib ha importunato alcune ragazze del quartiere e lo vogliono mandare all’ospedale’”. “Salve a tutti FATE ATTENZIONE a questa specie di essere, perché importuna tutte le ragazze. Bisogna prendere provvedimenti”, era il tenore del post poi rimosso, al quale erano allegate due foto del 36enne. Il proprietario del bar avrebbe chiesto alla ragazza di vedersi l’indomani anche con Hasib “per parlarne”. L’incontro non avverrà mai. Il giorno dopo però arriva la visita degli agenti in borghese, tre uomini e una donna. E qui la storia si complica, con due versioni differenti. A casa con Hasib c’è un’altra sorella S., 31 anni. È l’unica testimone oculare, che ai genitori e all’amministratore di sostegno racconta: “Ho sentito suonare e ho aperto la porta… una donna con degli uomini vestiti normalmente sono entrati in casa… la donna ha chiuso la serranda della finestra del salone… hanno chiesto i documenti di Hasib… hanno fatto le foto… lo hanno picchiato con il bastone, Hasib è caduto e hanno iniziato a dargli i calci… è scappato in camera e si è chiuso… loro hanno rotto la porta… gli hanno dato pugni e calci… lo hanno preso dai piedi e lo hanno buttato giù”. Saranno i magistrati a verificare se le cose sono andate proprio così.
Hasib dunque fa un volo di nove metri e quando rientrano i genitori, avvisati intorno alle 13.00 da una vicina, si trova già all’ospedale Gemelli, dopo che l’ambulanza è stata chiamata dagli agenti. Che ai familiari – è ricostruito nell’interrogazione – spiegano: Hasib ha “solo un braccio rotto”. In realtà si trovava in rianimazione in prognosi riservata: “Tuttora è polifratturato, ha subito un intervento chirurgico al volto e si trova in uno stato di coma vigile, tanto che non è gli è possibile comunicare”.
Il 26 luglio però i genitori di Hasib voglio chiarimenti, e secondo quanto raccontano, si recano al commissariato di Primavalle. Qui, spiega l’avvocato Arturo Salerni, “gli è stato detto che gli agenti erano andati a casa per identificare Hasib: volevano chiedergli i documenti dopo il post pubblicato su Facebook”. Al legale però non risulta un’indagine a carico del 36enne, non gli è stato notificato nulla. E tanto meno in quel momento ai genitori viene consegnato un documento che provi il perché della visita dei poliziotti.
Altra questione riguarda il referto dell’ospedale: qui si farebbe riferimento solo alla caduta dalla finestra e non alle percosse di cui ha parlato la sorella. A riprova di queste, la famiglia ha allegato alla denuncia depositata in procura a Roma il 10 agosto alcune immagini: c’è una porta rotta (sarebbe quella della camera che secondo la testimone è stata rotta dagli agenti), c’è una scopa spezzata, un termosifone divelto dal muro (si troverebbe sotto la finestra da dove è volato Hasib), e poi documenti e un lenzuolo verde con macchie di sangue.
La procura di Roma ha aperto un’indagine per tentato omicidio contro ignoti. E il 12 agosto ha disposto il sequestro della scopa e del lenzuolo, sequestro “necessario – è scritto nel decreto – ai fini dell’accertamento del fatto reato e al fine di rilevare tracce su di essi presenti (in particolare tracce ematiche, ma anche eventuali tracce biologiche nonché di esaltare eventuali impronte papillari)”.
“…Il capo della polizia, Lamberto Giannini, segue in prima persona gli accertamenti che la Questura sta effettuando per far luce su quanto accaduto con la massima trasparenza garantendo una costante collaborazione alla Procura”, è stata la nota del Dipartimento di pubblica sicurezza su questa vicenda, piena di aspetti ancora da chiarire.