La Stampa, 13 settembre 2022
Intervista a Roberto Vecchioni
«Gli italiani hanno deciso che nel limbo non vogliono starci, meglio l’inferno». Roberto Vecchioni non guarda con ottimismo al voto del 25 settembre. «Ormai l’abbiamo già digerito il risultato elettorale. Gli italiani vanno da una parte o dall’altra senza problemi: non va bene, cambiamo. Per me Giorgia Meloni non è credibile, ma lo è per la gente e quindi vincerà le elezioni». Ma prima, sabato 17, torna in Val d’Aosta dove andava in vacanza da bambino, per suonare in una delle tappe di Musicastelle. Un concerto ai 1300 metri di Les Combes, che il Professore non vede l’ora di fare: «Perché io a questa terra sono molto legato. Ho molti ricordi di quando con mio papà andavo a Saint Vincent, dove avevamo una casa. E posso dire una cosa? I valdostani hanno i costumi regionali più belli di tutti».
Professore, il 26 settembre in che Italia ci sveglieremo?
«È plausibile pensare a una vittoria ampia della destra, rischiamo anche un 70 a 30. Gli italiani hanno deciso una linea, che non so nemmeno se definire destra. Pensano che possa contare di più in Europa, forse illudendosi, perché non è che siamo sta gran forza, con tutti i debiti che abbiamo».
È più preoccupato sul fronte dell’economia o dei diritti?
«Entrambi, anche se essendo uno da pensiero debole, propendo di più per i diritti».
Nel 2013 ha dichiarato che non sentiva di appartenere a questo tempo, è sempre di quella idea?
«Sì ma credo che sia un fatto generazionale più che personale. Io continuo a scrivere romanzi e canzoni a mano. Il foglio è pieno di segni, di note a margine, di cancellature che tu sai e che il computer non ti potrebbe mai ridare. Ogni termine è fondamentale, nel 2002 fermai la pubblicazione dell’album perché non ero convinto di un aggettivo. Mi costò molti soldi, ma lo rifarei».
Rivolgendosi ai giovani canta: «Le libertà che avete mica c’erano ai miei tempi, noi ci siamo fatti il culo, tocca a voi mostrare i denti». Li stanno mostrando?
«No. Molti si sono adattati - o sono stati obbligati - alle esigenze della vita, a chinare il capo per avere magari un lavoro. Però ci sono quelli che ci danno dentro, che si impegnano, gli ecologisti. Diciamo che sono generalmente i giovani di sinistra, che credono che il mondo di possa ancora ribaltare. Ma questo è un discorso lunghissimo da fare...».
Oggi la battaglia dei giovani è per l’ambiente?
«E fanno benissimo. La seconda deve essere la cultura, che è la musica di ogni nostra azione. È diverso fare il macellaio o il tabaccaio con o senza cultura. Abbiamo vissuto gli anni deleteri del berlusconismo perché ci hanno insegnato solo l’attenzione per il vincere, per il perdere, per il mangiare, consumare e vivacchiare. Il mondo ormai è questo, cosa possiamo farci? Possiamo solo remare al contrario. Per fortuna ci sono ancora ragazzi che hanno speranze e che si battono. Lo cantavo già nel 1999: "Sogna, ragazzo, sogna"».
A proposito di ambiente, che differenza c’è tra l’esibirsi in un teatro o in una piazza e in uno scenario naturale come quello di Les Combes?
«Sono situazioni del tutto diverse, è come parlare di un romanzo o di una poesia. Il teatro ti comprime nelle mura, c’è silenzio, è una specie di tempio. Invece essere circondati dalla natura ti fa aprire, ti porta allegria e ottimismo. Ti fa venire voglia anche di parlare e di raccontare. Cambia anche la scaletta. Suonare in montagna ti porta il gusto della rarità».
Se domani non potesse più fare concerti, come cambierebbe la sua vita?
«Morirei in due anni. Io, famiglia a parte, non ho tante cose che sono la mia vita. La mia vita sono parole e musica, se perdessi la possibilità di cantare ciò che scrivo, come potrei vivere?».
Lei studia ancora?
«Sempre, almeno due ore al giorno. Leggo moltissimo, saggistica. Come romanzi solo quelli del Campiello perché sono in giuria».
Presto tornerà a giocare con le parole nel programma di Massimo Gramellini su Rai3, «Le parole della settimana», non le è mai venuta voglia di fare una sorta di Roberto Vecchioni Show?
«Sì sì, lo sto concordando con la Rai. Ci sono già tante idee, il merito è anche di mio figlio Edoardo, che fa lo sceneggiatore e che me lo ha proposto. Sarà un ripercorrere la storia della canzone d’autore italiana... che magari detta così sembra una stupidata...».
No, che non lo è, si fidi.
«Il modo in cui lo farò sarà molto diverso da quanto si è visto finora, non sarà una storiella buttata lì».
Del resto lei la storia della canzone d’autore italiana l’ha insegnata anche all’università.
«Sì, a Torino e a Pavia per nove anni. Oggi invece mi occupo di altro, perché alla Iulm insegno ciò che rimane del greco e del latino, ma ho due cassettoni pieni di materiale».
Ha idea di quando andrà in onda?
«Stiamo ancora discutendo con le alte sfere della Rai, c’è già una puntata zero, ma ci sono molte cose da mettere a punto. Credo sarà l’anno prossimo. Posso anticiparvi però che a interpretare i grandi nomi della grande musica ci saranno giovani artisti, anche rapper. Tra i primi ospiti avremo Diodato».