Corriere della Sera, 13 settembre 2022
Salviamo il soldato Gadda
Poniamo un caso. Un editore riceve un romanzo che narra, in uno strano linguaggio a tratti incomprensibile, il rapporto distruttivo tra una anziana madre e un figlio (adulto) nevrotico e violento. La vecchia finisce in un’agonia notturna ma nulla sappiamo su cosa sia esattamente accaduto: forse la donna è stata colpita a morte dal figlio, forse no. Il romanzo è incompiuto, e per di più è preceduto da una introduzione coltissima, piena di parentesi, di parole difficili, di avverbi improbabili («abruptamente»), di raffinate allusioni letterarie. Insomma, un disastro per un libro che si auguri davvero: 1. di trovare il consenso di un editore; 2. di avere, se mai dovesse uscire, più dei manzoniani 25 lettori benevoli. Nessuna speranza di successo: non c’è trama, non c’è sesso, non c’è un barlume di ottimismo, non c’è neanche l’assassino. Eppure, quel romanzo è esistito, è stato pubblicato, promosso, premiato, ristampato un paio di volte nel giro di qualche mese. Era il 1963, si intitolava La cognizione del dolore, uscì per Einaudi, vendette 45 mila copie tra maggio e dicembre. Uno sproposito, se pensiamo all’editoria di oggi. C’è però nei nostri giorni un caso più clamoroso della Cognizione. Non in Italia ma in Francia. Un romanzo frammentario di un autore «sgradevole» almeno quanto Gadda. Si tratta di Guerre di Louis-Ferdinand Céline, scritto nel 1934, rimasto sepolto tra gli inediti, è uscito in maggio da Gallimard e ha venduto sulle 200 mila copie. Ambientato nelle Fiandre durante la Grande Guerra, racconta il delirio rabbioso del brigadiere Ferdinand (lo stesso Céline) dal momento in cui rimane ferito sul campo di battaglia. Da reprobo antisemita, censurato per i libelli razzisti, Céline diventa ora un bestseller nazionale. Tra poco uscirà per Adelphi il Giornale di guerra e di prigionia di Gadda, in una nuova edizione con molte pagine inedite. Che cosa possiamo aspettarci? Un trattamento alla Céline? Impensabile. Un trattamento alla Gadda ‘63? Piuttosto, il tiepido consenso di pochi. Dunque la domanda è: cos’è successo in sessant’anni al mercato editoriale? I lettori italiani erano più numerosi e più colti allora? Anche se fosse più ampia la platea dei lettori, che cosa si legge oggi? Non dico che si debba evocare Gadda in campagna elettorale, ma sentir pronunciare una sola volta, da sinistra o da destra, la parola «libro»?