Corriere della Sera, 13 settembre 2022
Licenziato dopo 16 giorni il generale russo Berdnikov
Sedici giorni. Tanto è durato il generale russo Roman Berdnikov, a capo dell’intervento russo in Siria e nominato comandante del Distretto militare occidentale in Ucraina il 26 agosto. Secondo il Kyiv Independent, che cita fonti di intelligence, Berdnikov è stato rimosso in fretta e furia dopo la controffensiva delle forze ucraine e dopo le pesanti sconfitte di Mosca.
Relativamente giovane, 49 anni, originario di Kamen-na-Obi, nel territorio di Altai, Roman Borisovich Berdnikov appartiene alla nuova generazione di comandanti russi subentrati dopo il ritiro delle forze di Mosca da Kiev. Nel 1989 è entrato nella scuola militare di Suvorov proprio a Kiev. Si è diplomato nel 1991 ed è subito entrato a far parte della Scuola del Comando Militare Superiore di Mosca.
Dopo una carriera militare iniziata come comandante di plotone a Novosibirsk, dall’ottobre 2021 è stato Comandante del Gruppo delle Forze Armate della Federazione Russa in Siria. E sempre in Siria si trovava il 9 maggio, dove ha seguito la parata di Mosca alla base aerea di Khmeimim a Latakia e dove l’anno prima era stato decorato al valore.
All’inizio di giugno 2022, si era sparsa la voce che fosse stato ucciso in Ucraina nel corso di un’operazione in Donbass. Ma la notizia riguardava il generale Roman Kutuzov, la cui morte è stata confermata dai media russi il 5 giugno. Poi il 26 agosto Berdnikov ricompare per sostituire al comando del distretto occidentale il tenente generale Sichevoi a sua volta in carica da sole tre settimane. Fino a ieri quando anche a Berdnikov è stato dato il ben servito, ormai una prassi per i vertici dell’esercito di Mosca, sempre più soggetti alle giravolte del Cremlino e sempre più vulnerabili di fronte alle sconfitte sul campo.
Ora, secondo i servizi di Kiev, verrà rimpiazzato dal tenente generale Aleksandr Lapin, dal 2017 comandante del distretto militare centrale, che già aveva guidato diverse operazioni in Ucraina e ha confermato la sua dedizione alla causa mandando in battaglia anche il figlio tra Sumy e Chernihiv. Sul fronte russo non smettono insomma di volare gli stracci. A puntare il dito contro le performance dell’esercito regolare è soprattutto Kadyrov, fedelissimo di Putin. Messi a tacere dal Cremlino i suoi provocatori annunci di un ritiro dalla vita pubblica e militare, il leader ceceno da giorni promette di inviare in battaglia i suoi temibili combattenti – 1.300 a Kherson nel sud, altri 10 mila per rispondere all’avanzata nemica nell’est – e adesso ha annunciato il ritorno in campo a partire dal Donetsk delle sue unità speciali d’élite. Le sue truppe, ha rivendicato Kadyrov di fronte alle sconfitte dell’esercito di Mosca, «assolvono con successo i compiti stabiliti dalla leadership russa sul territorio del Donbass e dell’Ucraina».