la Repubblica, 12 settembre 2022
Storia di Pinocchio sullo schermo
Il primo non è stato Walt Disney. È stato Giulio Antamoro, nel 1911. Un pioniere del nostro cinema che lavorava con l’attore francese Ferdinand Guillaume, in arte Polidor. I primi 6 minuti del film sono visibili su YouTube, caricati dalla Cineteca Italiana. È Polidor a interpretare Pinocchio, con un lungo naso posticcio e una recitazione tutta lazzi e salti. Un Pinocchio adulto, quello che assomiglia di più alla futura caratterizzazione di Benigni.
Pinocchio al cinema. Ne serviva un altro? Serve sempre un Pinocchio, è un archetipo che ogni epoca può rileggere a modo suo. Forse non serviva questo Pinocchio di Robert Zemeckis, visibile da pochi giorni su Disney+ e realizzato in tecnica mista: per cui Geppetto è “umano” ed è visibilmente Tom Hanks, meno deformato dal trucco rispetto al colonnello Parker di Elvis,mentre Pinocchio è in tutto e per tutto il personaggio disneyano del 1940. Come sarà ilPinocchio di Guillermo Del Toro, tutto digitale, annunciato a ottobre come apertura del London Film Festival? Certo, due nuovi Pinocchio nel giro di due mesi sono un evento singolare. Una metafora delle bugie che ci circondano? Un esorcismo contro le fake news?
Pinocchio è una doppia metafora. È il bambino che mente perché non vuole crescere ma vuole rimanere scapestrato e aperto all’avventura; ma è anche il burattino che sogna di diventare bambino, il “diverso” che vuole, invece, inserirsi nella società. Quando Collodi lo pubblica nel 1881 è la poderosa metafora di un’Italia che sogna l’unità, l’identità nazionale (arrivata da appena vent’anni) e contemporaneamente la rifiuta. L’unico italiano che lo ha azzeccato al mille per mille è Luigi Comencini, curiosamente nell’unico film (in realtà sceneggiato tv, 1972) che ha conservato il vero titolo del libro: Le avventure di Pinocchio.Quello di Comencini è un miracolo di casting (Manfredi, Lollobrigida, De Sica e Franchi & Ingrassia che sembravano, no, che erano nati per fare il Gatto e la Volpe) ma soprattutto conserva l’ancestrale povertà dei personaggi di Collodi, in perenne lotta contro la fame.
Per gli attori toscani Pinocchio è un’attrazione irresistibile e pericolosa. Benigni ha voluto farlo a tutti i costi dopo l’Oscar per La vita è bellae ha sbagliato nel volerlo interpretare; Matteo Garrone, due decenni dopo, gliel’ha indirettamente dimostrato scegliendolo per incarnare un Geppetto meraviglioso. Francesco Nuti l’ha trasformato in un apologo postmoderno e futuribile (Occhiopinocchio, 1994) realizzando forse il più clamoroso e affascinante fiasco di un comico italiano. All’estero Pinocchio deve la sua fama al cartoon di Walt Disney datato 1940. Zemeckis ne ha realizzato una mimesi, quasi una fotocopia. Le figurine del gatto Figaro e del pesciolinoCloe sono nel canone disneyano, e sono inventati rispetto a Collodi così come è arbitrario il ruolo di coscienza affidato al Grillo Parlante (che non a caso Disney, innamorato del personaggio, ha riciclato come uno dei tre fantasmi del Racconto di Natale di Dickens interpretato, diciamo così, da Zio Paperone). È indubbio che Disney abbia “addomesticato” Pinocchio, fin dalle fattezze del burattino-bambolotto: è altrettanto indiscutibile che il cartoon sia, per la bellezza dei disegni e la sapienza tecnica, uno dei capolavori della casa. Rifarlo come l’ha fatto Zemeckis è un’impresa ai limiti della follia. L’unica idea divertente del film sono i cucù costruiti da Geppetto (più che un falegname, è un orologiaio…) ciascuno dei quali è “a tema” su un classico Disney, daDumbo a Biancaneve. Sulla trovata della Fata Turchina, nera come altri personaggi (è l’attrice afro-britannica Cynthia Erivo), francamente stenderemmo un velo.
E poi c’è il Pinocchio di Kubrick. Che aveva in mente Collodi quando pensava aA.I.,il film sull’intelligenza artificiale poi diretto da Spielberg. A tutti gli scrittori di fantascienza coinvolti nel progetto, diceva che l’idea del “ragazzo meccanico” veniva dal burattino. Uno di loro, anni dopo, dichiarerà disgustato che Kubrick voleva fare “a fucking Pinocchio”! In fondo, perché no?