la Repubblica, 12 settembre 2022
«Quanti falsi su Galileo, ecco come li smaschero»
«I falsari sono come prestigiatori» dice Nick Wilding, che dei loro trucchi se ne intende. Il professore di Storia della Georgia State University, innamorato di Galileo Galilei, è noto in tutto il mondo per aver scoperto falsi documenti e manoscritti attribuiti allo scienziato italiano: nel 2012 ha smascherato l’italiano De Caro, autore di una copia (quasi perfetta) delSidereus Nuncius , il famoso trattato astronomico di Galileo; nel 2017 è stato tra gli studiosi che hanno messo in dubbio l’autenticità di una presunta mappa di Martin Waldseemüller, famoso cartografo tedesco nato nel 1470; più recentemente, invece, ha scoperto il falso più straordinario: un documento su cui si credeva che Galileo Galilei avesse annotato le sue primissime osservazioni sui satelliti di Giove nel 1610. Per 84 anni quegli appunti attribuiti a Galileo sono stati il vantodell’Università del Michigan che li custodiva. Ma in realtà quelle note lo scienziato non le ha mai scritte.
Professore Wilding, come è giunto alla conclusione che il documento del 1610 attribuito a Galileo fosse un falso?
«È un foglio unico con due testi diversi: la bozza di una lettera inviata al Doge nell’agosto del 1609 e le osservazioni del gennaio 1610.
L’inchiostro e la penna sembrano uniformi, mentre nei manoscritti di Galileo prodotti in giorni diversi cambiano sempre. Inoltre alcune delle forme delle lettere sono sbagliate, come le contrazioni nella parola “reco[n]dite” con la “d” inclinata a sinistra. Infine la carta è molto più recente della scoperta di Galileo. Si intuisce dalle forme delle lettere delle filigrane, appartenenti alla fine del XVIII secolo».
Un altro indizio fondamentale è arrivato dall’Italia, non è così?
«Il documento del 1610 era stato autenticato dal cardinale Maffi (un arcivescovo di Pisa morto nel 1931,ndr )sulla base di due lettere autografate da Galileo. Ho fatto delle ricerche e ho scoperto che Maffi le aveva avute da Tobia Nicotra. È stato il colpo di grazia».
Chi era Nicotra?
«Un famoso e affascinante falsario. Ha usato l’identità di un direttore d’orchestra morto per un paiod’anni, ha falsificato centinaia di manoscritti musicali, soprattutto Mozart e Pergolesi. Nel 1934 la polizia perquisì il suo laboratorio e trovò l’occorrente: dai risguardi rubati ai libri alle fotografie di documenti».
Come lavorava questo abile falsario?
«Usava una carta antica e un inchiostro perfetto. Ed era all’avanguardia: i suoi falsi di Galileo sono collage di frammenti tratti da un facsimile pubblicato nel 1892 dal grande studioso ed editore galileiano Antonio Favaro».
Come è nata la sua passione per Galileo Galilei?
«Visitando il Museo Galileo di Firenze, mentre facevo il dottorato presso l’Istituto Universitario Europeo di Fiesole».
E oggi lei scopre tutti questi falsi dalla poltrona del suo ufficio.
«Può succedere. La copia del
Sidereus Nuncius creata da Massimo De Caro, per esempio, l’ho invalidata nel 2012 senza averla mai vista dal vivo. L’importante è chiedere gli scatti giusti: con luce radente e filigrane in controluce, per esempio».
Ma le nuove tecnologie aiutano anche i falsari.
«De Caro è l’esempio perfetto. Per il suoSidereus Nuncius ha manipolato immagini digitali e poi le ha trasformate in efficaci lastre da stampa 3D».
È successo che le immagini digitali portassero fuori strada anche lei.
«Tempo fa sono volato a Minneapolis per studiare una presunta mappa di Martin Waldseemüller. Le filigrane che in foto sembravano autentiche, al tatto erano sospette. Il falsario le aveva intagliate nella carta».
Cosa accade alle opere e ai documenti che vengono screditati?
«Possono riaffiorare sul mercato nero. Oppure vengono esposte perché hanno storie interessanti. Il Grolier Club di New York, per esempio, ha ricevuto recentemente il famigerato The Oath of a Freeman ,uno dei falsi più famosi di sempre in America».
Cos’è che la intriga di più, della mente di un falsario?
«La folle attenzione ai dettagli. Che porta alla follia anche chi li smaschera».