il Fatto Quotidiano, 11 settembre 2022
Biografia di Antonio Catania raccontata da lui stesso
(Tono spaesato) Quanto è lunga?
Due pagine.
Ma ne è sicuro?
La stessa reazione anni fa l’ha avuta Gigio Alberti.
Infatti siamo amici.
In mezzo a un gruppo vasto di colleghi…
Sì, ma io e Gigio siamo quelli più defilati; in prima linea ci sono Claudio Bisio, Diego Abatantuono e fino a poco tempo fa pure Paolo Rossi; (sorride) per anni scattava la guerra per ottenere un applauso in più. Una guerra vera.
Chi il più tenace?
Bella lotta; c’era Paolo che si metteva in fondo al palco e di nascosto iniziava a gesticolare, a tentare le smorfie più strane e audaci e solo per rubare una risata; tu stavi davanti, magari recitavi la tua battuta e non capivi la reazione del pubblico, poi ti giravi e vedevi lui con l’aria innocente.
(Antonio Catania, 70 anni quest’anno, è un assioma del cinema: è amato dai colleghi, stimato, citato, utilizzato come angolo di paragone. Lui è uno che si sorprende, uno che quando parla riesce a mantenere un distacco lucido pure quando c’è un coinvolgimento emotivo. Lui è uno del gruppo storico dei “Comedians” con Salvatores, Abatantuono, Bisio, Rossi, Alberti).
Silvio Orlando è prima o seconda linea?
All’inizio “seconda”, poi si è fatto valere; (pausa) un giorno è arrivato Nanni Moretti e da lì è nata la sua vera carriera.
Anche lei ha lavorato con Moretti.
Sì, mi ha chiamato pure a teatro, ma è andata diversamente da Silvio; (pausa) poi i registi sono particolari.
Come sono?
Esattamente non l’ho mai capito, ma hanno dei problemi.
Cioè?
Se sono attori, come Carlo Verdone, allora conoscono le nostre dinamiche e diventano pure generosi; ma con i non attori si toccano gli estremi: o ci amano tantissimo, fino all’omosessualità, o manifestano un senso di superiorità.
E Moretti?
Sta un gradino sotto Dio e sul set sono tutti appesi al suo “verbo”; (sorride) durante Il Caimano giro una scena, mi ferma e davanti a tutti proclama: “Ti è venuta bene. A culo”.
Moretti il più complicato?
No, vince Paolo Benvenuti.
Salvatores in che fascia è?
Altra storia rispetto a tutti: già faceva parte del gruppo storico, era ed è uno di noi.
Di lei nessuno parla male.
È vero, ma non so se è un pregio, eppure ne ho combinate tante.
E allora?
È che sui set non ho mai creato problemi, ho sempre lavorato per il film, mentre molti colleghi rompono per apparire sulla locandina come primo o secondo nome, su com’è il camerino, sul cestino del pranzo; alcuni attori vengono sul set solo nel momento della loro battuta, poi se ne vanno e non li vedi mai.
Le superstar.
Il nostro è un lavoro collettivo e più stai insieme, più condividi e più lo vedi nel risultato finale.
Con Abatantuono è sempre amico?
Sì, certo. Perché?
Lui si auto-definisce insopportabile.
Vabbè, lo prendo a piccole dosi; poi ultimamente gli gira male, si sente troppo goffo, fisicamente ingombrante.
Sempre Abatantuono racconta: “Alla festa finale sul set di Mediterraneo nessuno mi ha svegliato. Lì ho capito di essere ingombrante…”.
(Cambia tono) Sul set c’erano diverse situazioni critiche: in quei giorni si era saputo del rapporto sentimentale tra l’ex moglie di Diego e Salvatores (i due stanno ancora insieme, ndr); ricordo lo stesso Diego che una mattina arriva per colazione, si piazza davanti a tutto il cast e inizia un discorso lunghissimo, articolato, a tratti incomprensibile, ovviamente gesticolando.
La sostanza?
L’unico concetto che ho capito è la conclusione: “Se mi dicevate prima che le cose tra di voi stavano così, allora mi organizzavo”. Il giorno dopo è arrivata la sua fidanzata; (ride) ricordo la figlia di Diego che va da Gabriele e gli spiega: “Secondo papà tu sei frocio”.
Altre beghe?
La moglie del parrucchiere si era innamorata di Gigio Alberti. E via con i guai; con Salvatores che decide di inserire nel film lo stesso parrucchiere per una scena di gelosia contro Alberti: lo sguardo di odio e sfida che ne è uscito era reale.
Proprio Gigio Alberti racconta che quando eravate in tournée giravate in pulmino e vi fermavate davanti a ogni campo di pallone per una partita.
È vero, bellissimo, soprattutto è accaduto per il tour di Comedians, solo che a un certo punto mi hanno rotto tibia e perone e ho smesso; (sorride) non ero male, giocavo bene.
Su Comedians Paolo Rossi racconta di una rissa a Pordenone.
Paolo romanza molto; (ride) nel suo pezzo, all’inizio, gridava “è tutta colpa dei terroni!”, solo che dalla platea si è alzato un boato di giubilo: a quel punto Paolo si è incazzato ed è voluto andare via; (sorride) la sera, poi, ci ha fermato la polizia: viaggiavamo su una macchina scassata, noi con il trucco sbaffato e con addosso gli abiti di scena; solo che Claudio (Bisio, ndr) ha iniziato a rompere le palle e con tono piccato attaccava i poliziotti: “Dove andate? Io vengo con voi, io seguo il mio documento. Conosco i miei diritti”.
Paolo Rossi sostiene di confondere vita e set. Lei?
Io no, i confini li conosco; (cambia tono) oltre a Paolo anche Bebo Storti è così, ogni tanto gli piaceva uscire e personificare il ruolo del malavitoso: una sera ha finto di minacciare un cameriere con in mano un coltello da pesce.
Lei in mezzo a questi istrioni…
(Ci pensa a lungo) Allora era un periodo strano, in cui accadeva di tutto, soprattutto per via delle donne.
Anna Valle nel 2003 l’ha inserita tra gli uomini “pericolosi”.
Bella ragazza, purtroppo tra di noi non è mai successo nulla.
Però è pericoloso.
Per anni sono stato un appassionato, uno di quelli che si metteva in testa un’idea e non la mollava (e porta la mano alla fronte). Ora sono sposato con prole.
Il più “appassionato” del gruppo storico.
Io ero quello che si metteva maggiormente in mezzo ai casini; poi Paolo e Diego (ride); Paolo poteva vivere contemporaneamente tre storie, fino a quando le tre si sono conosciute, incontrate, poi lo hanno aspettato ed è scattato il “processo”.
E pensare che anni fa lei si è definito “timido”.
Ed è vero, sono capitato sul palco per caso, dopo aver accompagnato un amico al provino per entrare alla Paolo Grassi (Scuola teatrale di Milano, ndr); una volta sul palco ho scoperto di poter guardare il mondo e me stesso sotto un’altra chiave.
Quale?
Improvvisamente ero spigliato, ottenevo consenso, mi divertivo, riuscivo a sintetizzare tutti i personaggi tipici siciliani, con i quali ero cresciuto; ho acquisito sicurezza.
Il suo film che ama.
Mediterraneo e Pane e tulipani; con Pane e tulipani mi volevano picchiare fuori dal cinema.
Chi?
Alcune donne: mi accusavano di aver tradito mia moglie (Licia Maglietta, ndr). E io: ma è un film!
(Passa una sua amica, Paola Sturchio. “Con lui ho fatto una figuraccia clamorosa: una volta l’ho presentato ad alcuni amici come David Riondino”. E lui? “Mi è stato dietro: ha finto di essere David Riondino”).
Non si è offeso?
E perché? L’altro giorno passeggiavo per Trastevere e da lontano riconosco Abraham Murrey: mentre gli sono davanti si alza e mi saluta. E io: “Forse mi ha scambiato per qualcun altro”. Ha cambiato espressione, si è offeso: “Veramente ti ho appena visto in un film”.
Milano…
Ci sono arrivato quando avevo 16 anni, sradicato da una situazione complicata a Reggio Calabria, dove ero arrivato ai tempi delle medie: si accoltellavano tutti i giorni. E io partecipavo, violentemente; (pausa) stavo diventando una sorta di delinquente.
Addirittura.
A scuola gli studenti picchiavano i professori; in quella realtà la prima regola era imparare a incassare, nello step successivo capivi come darle; a quel punto mio padre ha chiesto il trasferimento a Milano.
A Milano ha importato i metodi di Reggio?
No, anzi: il passaggio è stato così traumatico da spegnermi; in classe mi chiamavano “Marocco”.
E lei non reagiva?
No, ero veramente spento: ho faticato ad ambientarmi e mi hanno bocciato; (silenzio) l’anno dopo ho cambiato scuola, sono finito in un istituto così politicizzato da dividere classi e spazi a seconda del credo politico.
Dove si collocava?
Tra gli anarchici; da noi c’erano fascisti pericolosi, poi finiti nei guai.
Lei, nei guai?
(Ride) Primi anni 80, con un collega prepariamo uno spettacolo teatrale e ci segue la compagna di allora di Claudio Martelli. Spesso stavamo a casa dei due; (cambia tono) una sera si presenta un vecchio amico, e chiede di dormire nell’appartamento del mio “socio”. Io ceno con loro poi vado via. Il giorno dopo li raggiungo e scopro che era arrivata la polizia: il vecchio amico era uno dedito alla lotta armata.
Ahia…
C’è stata un’interpellanza parlamentare nella quale veniva accusato Martelli di frequentare i brigatisti e i brigatisti eravamo noi due!
Hai mai rischiato di venir messo in mezzo?
Era facile capitarci; mi sono sempre sfilato per tempo.
Al Derby ci andava?
Per Comedians mi sono allenato lì con Bisio: a Claudio piaceva, funzionava in quella chiave comica, io meno.
Ha mai guardato un collega con invidia?
Brad Pitt.
Facile.
Baciato dalla bellezza.
Baciato pure dai guai.
Non ci credo, gli attori sono bugiardi.
Pure lei?
Purtroppo no, altrimenti sarei ricco.
In che modo serve la bugia?
Devi risultare carino con i produttori, con i distributori, girare per le pubbliche relazioni, sorridere, compiacere. Non sono capace.
Come giudica la sua carriera?
Media. Forse qualche anno fa poteva prendere un’altra strada, però mi è mancata l’occasione, il film giusto.
In questi anni si è divertito?
Sì, occuparmi di commedia ha aiutato.
Da ragazzo era consapevole della sua chiave comica?
No, l’ho scoperto grazie al teatro, grazie all’improvvisazione.
A teatro ha lavorato con Dario Fo…
In una scena dovevo interpretare un gallo e lui mi mostrava come: il problema è che la sua mimica era straordinaria, con una potenza vocale inarrivabile; ho provato a capire il come, ma a quei livelli era impossibile; (pausa). Aveva la capacità mai vista di farti entrare nella sua fantasia: ti portava a credere alla sua immaginazione. E ci riusciva in un secondo.
Magia…
Anche Franco Parenti era impressionante: quando leggeva capivi tutto, visualizzavi la scena; poi quando hai tutto chiaro puoi improvvisare.
Sul set improvvisa?
A volte; nel primo Boris mi sono attenuto alla sceneggiatura, scritta benissimo; quest’anno ero talmente padrone del mio personaggio da viaggiare su altri lidi.
Sul ritorno di Boris c’è molta attesa.
Ed è bellissimo.
Trovarvi insieme dopo tutti questi anni?
È stato assurdo: la complicità tra di noi è stata immediata, come se ci fossimo salutati ieri; (ci pensa) Boris è stato un grande successo.
Prima donna lo è mai stato?
Per niente.
Crede ai premi cinematografici?
Neanche per idea.
Però un David…
Eh, ci starebbe bene, ma tanto se la giocano sempre gli stessi.
Lei chi è?
Un attore che ancora deve dare il meglio di se stesso.