Corriere della Sera, 11 settembre 2022
Biografia di Piero De Luca
«Familismo è vivere in modo parassitario. Non è il mio caso. Da quando ho 23 anni campo del mio lavoro a differenza della maggior parte dei candidati in campo». E ancora: «Ho passato dodici anni presso la Corte di giustizia europea. Parlo due lingue, francese e inglese. E, cosa non scontata, anche l’italiano». Era il 2018 e Piero De Luca, all’epoca scelto da Matteo Renzi come capolista dem al proporzionale (e candidato nel collegio di Salerno dove fu travolto dall’onda grillina), era il simbolo di tutti i «figli di papà» d’Italia. Ovviamente parliamo del primogenito del potente presidente campano Vincenzo. A distanza di quasi un lustro, dopo aver macinato chilometri in Transatlantico, aver visto tre governi nascere e finire, aver fatto una discreta carriera (è vicecapogruppo alla Camera del Partito democratico) è sempre capolista, ma stavolta, siccome errare è umano e perseverare sarebbe sciocco, ha evitato accuratamente il collegio di Salerno. Dove corre un pezzo da novanta del «deluchismo» campano, il vicepresidente della giunta regionale Fulvio Bonavitacola. I malevoli del Pd raccontano che il padre abbia piazzato i suoi uomini più fidati a correre negli uninominali per fare da stampella al figlio. Più probabilmente è solo un modo per dimostrare ancora una volta la propria forza. Peccato che il vento meloniano stia soffiando anche sul golfo di Salerno. Edmondo Cirielli, deputato di FdI, fedelissimo e uomo di consensi anche a Delucalandia (è stato presidente della Provincia) parla già da vincitore: «Stavolta battiamo i De Luca e facciamo un favore al Pd». «La sfida sul territorio la destra la perde dal ’93. Personalizzano perché non hanno argomenti», gli ha risposto il capolista dem. E ancora: «Il Pd è l’unica forza che parla e si batte per il Sud contro una destra che non ha votato per le risorse destinate al Mezzogiorno, che vuole tagliare quelle dell’Fsc e portare avanti il progetto dell’autonomia. Gli elettori questo lo sanno, sono convinto che avremo un risultato importante». De Luca jr difficilmente polemizza: «Tanto sfuggono, non rispondono mai nel merito. E dunque personalizzano. Con quale coraggio si presentano in Campania? Sono ambigui su tutto: sanità, infrastrutture, Pnrr. Lo scontro non è tra Cirielli e De Luca, ma tra due diverse idee di Paese e di Sud».
Ecco, il Mezzogiorno è la parola magica per entrare in contatto con il figlio del governatore. Abbassa le armi di difesa e indossa la corazza del paladino degli interessi meridionali. Anche il segretario Enrico Letta ha citato la sua ultima battaglia. Riguarda i 22 miliardi del Fondo sviluppo e coesione che secondo il Partito democratico sarebbero bloccati, tenuti in ostaggio, dai ministri leghisti. «A destra c’è chi ha lavorato e lavorerà contro gli interessi del Paese e del Sud, come sul Pnrr. Dall’altra parte, ci siamo noi del Partito democratico che ci impegniamo quotidianamente per garantire servizi, creare opportunità e lavoro in tutto il Paese, senza spaccare l’Italia». Come il padre predilige i toni gravi, una certa pedanteria, ma non frequenta lo stesso feroce umorismo. D’altronde un vicecapogruppo potrebbe mai dire «il Pd è un partito di pinguini, più perdi più fai carriera» oppure «Il Pd è un partito di anime morte»? Copyright di Vincenzo De Luca, ovviamente.
Se il parricidio è un atto politico che la sinistra conosce bene, Piero De Luca sta aspettando il suo momento. Da tempo si vocifera che, altro che terzo mandato, De Luca jr punti a Palazzo Santa Lucia. Per la serie «Vincenzo stai sereno».