La Stampa, 11 settembre 2022
I partiti e il nucleare
L’Italia ha sempre più sete di energia. Con il costo del gas alle stelle, lo spettro del razionamento alle porte e il piano sulle rinnovabili che non decolla, il dibattito politico elettorale rilancia un tema che da 35 anni viene sottoposto ciclicamente agli italiani: il nucleare. Dopo i referendum del 1987 e del 2011, con cui i cittadini abrogarono le norme in favore dell’energia prodotta attraverso la fissione dell’atomo, i partiti ci riprovano. In prima fila a spingere su una nuova stagione del nucleare «di ultima generazione» c’è tutto il centrodestra, anche se con sfumature diverse, e il Terzo polo di Carlo Calenda. Sulle barricate i 5 Stelle, che avendo fatto cadere il governo Draghi per il termovalorizzatore di Roma, non vogliono certo sentir parlare di reattori nelle città, così come Verdi e Sinistra italiana alleati del Partito democratico.
Il programma del Pd non prevede centrali nucleari e preferisce puntare sull’energia pulita, più compatibile con una riduzione delle emissioni entro il 2030. Ieri, Enrico Letta, da Genova, ha stoppato così l’idea di riattivare le centrali: «Il nucleare fa parte dei sogni di Salvini, io credo che sia importante concentrarsi sulle cose fondamentali che si devono e si possono fare contro i rincari energetici. Non bisogna fare dei ragionamenti astratti, ma cose concrete», sottolinea il segretario dem.
Matteo Salvini, che è il più convinto sostenitore del nucleare nel campo del centrodestra, qualche giorno fa aveva addirittura evocato la possibilità di realizzare una centrale a Baggio, nella periferia milanese. Un’idea bollata così da Giuseppe Conte: «Allora vediamo se c’è spazio vicino alla casa di Salvini. La verità è che il nucleare senza scorie non esiste. Per quello di quarta generazione servono 15 o 20 anni». Chi promette il nucleare, sostiene Alessandra Todde, vice presidente del Movimento 5 stelle, «dovrebbe spiegare con quali soldi vorrebbe fare gli impianti, dove, e in quali luoghi stoccare le scorie radioattive».
Nel centrodestra, sebbene a favore, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi sembrano comunque più cauti perché lo reputano un tema delicato per quelle che sono le sensibilità degli italiani. «Bisogna ragionare su un mix energetico, partendo da quello che si ha», è il ragionamento della leader di Fratelli d’Italia in uno degli ultimi comizi. Berlusconi, invece, parla genericamente di «ricerca sul nucleare pulito che ci viene consigliata dall’Europa». Tira dritto invece Salvini che ieri ha annunciato «piani per riaggiornare il nucleare già al primo Consiglio dei ministri del governo di centrodestra».
A inseguire il segretario della Lega c’è Carlo Calenda: «Occorre mettere al primo posto il pragmatismo di ciò che si può fare. Quando il Partito democratico dice "puntiamo sulle rinnovabili" sostiene una cosa che non esiste, perché le rinnovabili sono intermittenti, e l’energia si può stoccare solo fino a un certo livello. Zero emissioni in Italia le avremo solo con il nucleare», ribadisce il leader del Terzo polo.
Prende le distanze dall’ex compagno di partito Emma Bonino: «Il nucleare di quarta generazione non esiste: ci sarà forse un prototipo tra dieci anni. Possiamo contribuire alla ricerca, ma basta leggende. Poi vorrei sapere se i nuovi generatori raffreddano ad acqua. Se è così saranno solo lungo il Po o sulle coste. Ma mi devono dire quanto costano e quanto ci vuole per costruirli».
Tra i duri e puri del no al nucleare c’è Angelo Bonelli: «Le centrali da 40 Gigawatt che hanno in mente Salvini e Calenda sono 14, da Trino Vercellese a Monfalcone, da Montalto di Castro a Brindisi, fino a Scansano Jonico e Oristano». Un progetto, secondo lo storico esponente dei Verdi, che «costa come minimo 280 miliardi».