la Repubblica, 11 settembre 2022
Analisi della controffensiva ucraina
Sui social circola il video di un tank russo che tenta di fuggire da Izyum. Scappa a tutta velocità verso la periferia ma si ritrova in una strada dove sono già arrivate le avanguardie ucraine, che gli sparano addosso. Il carro armato accelera ancora, inseguito da raffiche e razzi: il pilota è nel panico, sbaglia una curva e si schianta. Queste immagini fanno capire perché la caduta di Izyum è doppiamente importante: Vladimir Putin non ha solo perso in poche ore una località strategica, vanificando mesi di sanguinosi combattimenti, ma per la prima volta in assoluto le sue truppe sono andate completamente allo sbando.
Per conquistare la città i soldati di Mosca avevano impiegato più di quattro settimane, lottando casa per casa fino all’inizio di aprile. La geografia ha concesso a Izyum una posizione unica, come una sorta di “porta girevole” sulla frontiera ucraina: offre la migliore possibilità di passaggio in entrambe le direzioni, sia per chi vuole occupare il Donbass, sia per chi intende marciare sulla Russia. Qui ottant’anni fa la condotta delle operazioni ha provocato confronti tesi tra Hitler e Stalin, che ragionavano sulla base delle mappe, e i loro migliori generali, Zukov e von Manstein, che invece conoscevano il terreno: le cartine non rendono l’idea del dedalo di fiumi, laghi e valli che possono essere superati solamente grazie al possesso di Izyum. Nel 1942 erano la Panzerdivision a cercare invano un varco verso Mosca, per un breve periodo pure con il sostegno degli alpini mandati da Mussolini. L’anno dopo è stata l’Armata rossa a spingere per liberare la regione e lanciare la cavalcata verso Berlino. Ogni volta, la battaglia è stata lunga e terribile, sempre dominata dall’incertezza e dal rischio che la distruzione di un ponticello trasformasse un torrente in una trappola letale per uomini e mezzi. Adesso a testimoniare quanto sia importante Izyum c’è l’autostrada E80: l’arteria strategica, quella che collega con Kharkiv e decide le sorti del Donbass. In questo momento le forze di Kiev possono dilagarein qualsiasi direzione. La sorpresa del loro attacco è stata totale. La dimostrazione della “superiorità informativa” ottenuta dagli ucraini grazie al sostegno dei satelliti e degli aerei spia della Nato, che hanno sempre permesso al quartiere generale di Kiev di anticiparele iniziative del nemico. Come era già accaduto nel settore meridionale intorno a Kherson, gli spostamenti di mezzi e uomini verso la prima linea invece sono sfuggiti alla rete di sorveglianza di Mosca. L’offensiva a Sud però era attesa da settimane ec’è stata subito una reazione all’assalto, riuscendo finora a fermarlo. Sul fronte orientale invece le linee russe si sono dissolte, permettendo agli ucraini di andare avanti per oltre cinquanta chilometri senza incontrare resistenza efficace. Per cercare di rallentarle, i russi hanno mandato gli aerei a sganciare bombe sui tank avversari come si faceva nella seconda guerra mondiale: raid raso terra, in cui i missili portatili degli ucraini ne hanno abbattuti almeno tre. Per la prima volta s ono entrati in azione i semoventi contraerei Gepard forniti dalla Germania, che hanno accolto le incursioni con un muro di proiettili: dopo un giorno l’aviazione di Mosca ha rinunciato a intervenire. Poi i russi sono ricorsi ai grandi elicotteri Mi-26, ognuno in grado di trasportare ottanta soldati, per irrobustire la guarnigione di Izyum. Tutto inutile. Venerdì al tramonto è scattata la fuga collettiva, lasciando alle spalle cannoni e munizioni. Con un messaggio televisivo, il capo dell’amministrazione filorussa ha invitato ad abbandonare la zona degli scontri, promettendo che si tratta di una ritirata temporanea, e tanta gente è salita in auto, mettendosi in coda verso la frontiera e così paralizzando le strade.
Il problema per il Cremlino è che non può nascondere la sconfitta. E non pare avere riserve per per chiudere la falla: quasi tremila chilometri quadrati di terreno sono già stati rioccupati dagli ucraini. Tutte le conquiste realizzate dai russi nel Donbass durante l’estate rischiano di essere travolte e i media delle repubbliche secessioniste ne parlano apertamente. Le notizie vengono diffuse dai social legati all’ala dura delle forze armate, come quelli della compagnia Wagner che adesso teme di vedere i suoi squadroni accerchiati a Donetsk. Molti criticano Putin e i vertici dell’esercito, invocando una risposta all’altezza della situazione: c’è anche chi chiede di impiegare le atomiche tattiche.
Non c’era mai stata una crisi del genere, neppure quando ad aprile i russi rinunciarono all’assedio di Kiev. Il nuovo Zar è in un angolo: non può accettare la sconfitta, ma non ha neppure soluzioni militari a portata di mano. Per questo i prossimi giorni saranno decisivi e imprevedibili.