Il Post, 10 settembre 2022
Cosa sono le coperture di bilancio
Le proposte economiche dei partiti rappresentano sempre una parte corposa dei loro programmi elettorali e sono spesso quelle più discusse. Questioni come le tasse da pagare, i sussidi, gli sgravi fiscali e le pensioni riguardano le esigenze più importanti per la maggior parte degli elettori e che quindi hanno la capacità di spostare parecchi voti.
Potenzialmente tutte sono attuabili, ma la differenza sostanziale tra una promessa elettorale destinata a essere disattesa e una proposta realistica la fanno le cosiddette coperture di bilancio, che indicano esattamente come una nuova misura sarà finanziata. E spesso accade che partiti e i loro rappresentanti non spieghino dove vogliono trovare i soldi per attuare ciò che promettono, o che lo facciano in modo generico. Un po’ perché spiegare cose complesse e noiose non ripaga in termini di voti, un po’ perché spesso non si sa bene dove trovare risorse per finanziare misure talvolta molto costose.
Il sito Pagella Politica ha analizzato i programmi con cui i partiti si presentano alle elezioni del 25 settembre: il 96 per cento delle proposte non presenta coperture economiche. E anche gli economisti Tito Boeri e Roberto Perotti su Repubblica hanno notato come nei programmi siano quasi totalmente assenti le indicazioni su come coprire le promesse elettorali, tranne alcune eccezioni.
Ma quando si vuole tradurre una proposta in una legge, i soldi devono essere trovati: l’articolo 81 della Costituzione stabilisce chiaramente che «ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte». Nella pratica, qualsiasi progetto di legge che arrivi in parlamento per la discussione e che preveda nuove spese deve indicare espressamente le fonti di finanziamento nella cosiddetta relazione tecnica.
Semplificando, le coperture di una spesa possono essere reperite in tre modi: riducendo un’altra spesa, aumentando le entrate, ossia le tasse, oppure aumentando il debito pubblico.
Il bilancio dello stato funziona come qualsiasi altro. Prendiamo l’esempio di quello personale: se si vogliono spendere più soldi in cene fuori, bisogna decidere se spendere meno in altre cose, magari togliendo l’abbonamento in palestra, o se cercare un lavoretto extra, aumentando così il reddito. In alternativa, si può pagare con la carta di credito, indebitandoci e spostando il pagamento al mese successivo.
Quando si parla di nuove spese per lo stato, si possono indicare due cose diverse: effettive uscite di denaro pubblico, come nel caso dell’introduzione di un nuovo sussidio, o minori entrate, nel caso di riduzione delle tasse. Anche in questo secondo caso, dove non c’è un’effettiva uscita di soldi, c’è bisogno di una copertura. Se un politico parla di aumentare l’importo delle pensioni o di ridurre le tasse sul lavoro, prima o poi alla prova dei fatti dovrà indicare come troverà le risorse: ridurrà la spesa sanitaria o quella per l’istruzione? O aumenterà altre tasse? Anche quella delle coperture è una scelta politica, anche se raramente viene espressa in campagna elettorale.
C’è poi una terza via, quella dell’indebitamento, che però presenta dei limiti. L’Italia ha già un enorme debito pubblico: vale oltre il 150 per cento del PIL, uno dei valori più alti tra i paesi industrializzati del mondo, e per una questione di stabilità finanziaria il ricorso a questo strumento dovrebbe avvenire solo in circostanze straordinarie. In più, il principio generale di una prudente gestione del bilancio e, soprattutto, le regole europee stabiliscono che non si possono finanziare riforme strutturali, come una riduzione permanente delle tasse o un aumento delle pensioni, facendo debito pubblico, bensì soltanto misure eccezionali.