La Stampa, 9 settembre 2022
Intervista a Max Verstappen
Max Verstappen a Monza, una goccia di arancione nel rosso del Gran premio d’Italia. «Qui siamo in minoranza», sorride il pilota olandese reduce dalla quarta vittoria consecutiva nel suo gran premio di casa. Mai vigilia è stata più rilassante: 109 punti di vantaggio, i rivali in difficoltà, la macchina affidabile.
Le dà più soddisfazione battere la Ferrari o la Mercedes?
«Non importa con chi tu stia vincendo, l’importante è che tu sia quello in testa. Davvero non mi interessa chi ho dietro. Quest’anno ho avuto ottimi rapporti con tutti in Ferrari e fino adesso credo sia stata una bella battaglia. Certo, loro hanno perso un sacco di punti per via di piccoli errori, ma alla fine i progressi negli ultimi anni per tornare competitivi vanno riconosciuti: dal 2020 al 2022 hanno fatto passi avanti impressionanti».
Sul podio di Zandvoort oltre a Verstappen c’erano Russell e Leclerc. Tutti 24enni: è la nuova Fast generation?
«Credo che sia una buona generazione. Li conosco da quando correvamo insieme sui go-kart ed è molto bello che adesso ci siano anche loro ai vertici Formula 1».
Che cosa le ha insegnato la stagione scorsa?
«Ho imparato che non puoi permetterti molti errori ed è per questo che all’inizio di campionato ero deluso. Abbiamo perso tanti punti, ma sapevo che per vincere il titolo la macchina doveva essere affidabile e io non mi potevo permettere errori. Ed è quello su cui mi sto concentrando».
Ha vinto dieci gare in una stagione, gliene mancano tre per raggiungere il primato di Schumacher e Vettel.
«Non ci penso. Io guardo ogni singola gara e cerco di vincere, punto. Oggi in calendario ci sono molti più gran premi rispetto a un tempo, quindi potrei riuscirci, ma non è un mio obiettivo. Per me conta solo il Mondiale. Non sono il tipo che guarda alle statistiche».
Dice che rispetta la Ferrari. Ha mai pensato a un futuro in rosso?
«Ho un contratto fino al 2028 e in Red Bull sono veramente felice, ma mai dire mai... Vedremo che succede, magari tra sei anni non sarò neanche più in Formula 1 (ride)».
L’arancione è diventato il colore della F1...
«Qui decisamente no! A Monza c’è del rosso dappertutto».
Il suo successo mediatico ricorda Valentino Rossi.
«Davvero? Mi colpisce molto. Prima seguivo la MotoGp: era impressionante come Valentino sapesse radunare tante persone. Lui usava come simbolo il giallo, io l’arancione, i colori vivaci aiutano. Gli olandesi amano lo sport in generale e mi seguono in tutte le gare. Avere un gran premio di casa, poi, aiuta ad aumentare la popolarità».
La regola che toglierebbe?
«Tornerei ai motori V10 o V12. Ai tempi di mio padre Jos quando entravi nel paddock e cominciavano le prove sentivi un rumore da brividi, mentre ora puoi chiacchierare tranquillamente. A livello di emozione non c’è confronto».
Sarebbe disposto ad aiutare il suo compagno Sergio Perez con il gioco delle scie in qualifica?
«A dire il vero non ci abbiamo ancora pensato. Vedremo in pista come siamo messi».
Con quella di Zandvoort fanno trenta vittorie: a quali è più affezionato?
«La prima a Barcellona sarà sempre speciale, un’emozione incredibile. Poi quella di Abu Dhabi l’anno scorso con cui ho vinto il titolo: indimenticabile e irripetibile. Anche vincere la gara di casa è qualcosa di particolare: domenica scorsa è stata la seconda volta, ma la prima con il pubblico».
C’è un personaggio dello sport o una figura di riferimento a cui si ispira?
«No. Ho sempre cercato di essere me stesso. Dagli altri c’è sempre da imparare, ma non ho mai voluto copiare nessuno o far finta di essere un altro. Mi tengo il mio carattere e la mia personalità».
Come reagisce quando si arrabbia in pista?
«Sono molto diretto, se ho dei problemi mi faccio sentire. Dipende anche dalla situazione».
Il Mondiale 2021 è stato un confronto a tratti violento con Hamilton. Quest’anno i duelli con Leclerc sono più morbidi: è una questione di maturità dei piloti?
«No, dipende dalle nuove macchine. Le gare sono completamente diverse, in passato, se facevi una buona qualifica definivi la tua gara, adesso i sorpassi sono agevolati. Puoi vincere anche partendo indietro, e se in un certo momento sei più lento, puoi lasciarti superare e poi recuperare».
Agli inizi in Toro Rosso ha avuto come compagno di squadra Carlos Sainz. È meglio correre con uno competitivo come lui o con uno più lento?
«Con Carlos lottavamo per un posto in Red Bull e ovviamente c’era competizione, ma lontano dalle piste andavamo d’accordo. Se la battaglia riguarda il campionato, allora forse è meglio che non ci sia una rivalità troppo forte, perché alla lunga non funzionerebbe. Le nostre dinamiche attuali sono migliori».
A Zandvoort per la sua gara c’era tutta la sua famiglia. È una spinta in più?
«È una vicinanza che aiuta, un bel momento. E poi i miei non sono genitori qualunque (il padre ha corso in F1 e la madre nei go-kart, ndr): quando parliamo del mio lavoro, capiscono tutto».
Suo padre corre nei rally: gli farebbe da co-pilota?
«Ma neanche per idea. Al massimo guiderei io, il co-pilota lo faccia lui». —