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 2022  settembre 09 Venerdì calendario

Cosa ha detto la Meloni a Firenze?


Arriva a Firenze e dice: «Le roccaforti non esistono più». Giorgia Meloni sa che per sbarcare a Palazzo Chigi bisogna vincere anche le partite in trasferta, o per lo meno non perderle. Sono giorni di duri scontri con il Pd. A Enrico Letta che, intervistato da La Stampa, la accusa di volere i «pieni poteri» e con il presidenzialismo di minacciare Mattarella, risponde: «C’è un allarmismo che non ha senso, le leggi costituzionali, come per il taglio dei parlamentari entrano in vigore nella legislatura successiva, non andiamo ad assaltare le istituzioni, noi siamo rispettosi delle regole».
Tra i pochi luoghi d’Italia dove Meloni non avrà vita facile c’è Firenze, uno degli sparuti punti rossi che compaiono sulle mappe quasi monocolore dell’Italia che verrà, a quanto pare, dal 26 settembre. Il centrosinistra in Toscana ha conservato solo tre province su dieci. A resistere sono rimaste Livorno, Prato, oltre a Firenze. Meloni alla cena di finanziamento organizzata dal suo fedelissimo Giovanni Donzelli (1.700 ospiti, quote a partire da 30 euro), sceglie di sedere al tavolo con i sindaci toscani del centrodestra, un modo per esibire l’inedito potere regionale.
Meloni è alla vigilia di un viaggio al Nord che può essere chiave, mancano due settimane alla fine della campagna elettorale, ci sono gli indecisi da convincere e bisogna chiarire i punti più delicati del programma. Le bollette e l’energia «sono la priorità assoluta», con un piano che non si distingue da quello di Mario Draghi: no allo scostamento di bilancio, puntando tutto sul negoziato al tetto del prezzo del gas, separandolo da quello dell’energia. C’è poi il tema dei diritti civili: «Non intendiamo abolire, né modificare la legge 194 – ha spiegato in un’intervista a Casa Italia su SkyTg24 -. Ma la legge va applicata integralmente, anche la prima parte dedicata alla prevenzione della pratica abortiva». Poi, sulla politica estera Meloni torna ad attaccare Enrico Letta che aveva accusato gli alleati polacchi di FdI: «Non esiste un’Europa di serie A e un’Europa di serie B. Chieda scusa alla Polonia». Poi si rivolge al Pd, contrario al modello francese di semipresidenzialismo: «Vi siete fatti aiutare dai francesi per rimanere al governo anche quando perdevate».
La cena di finanziamento organizzata ieri è il piano di B di una serata inizialmente immaginata in piazza Santa Croce, ma il rischio di maltempo ha costretto Donzelli ha ripiegare sul palazzo dello sport intitolato a Nelson Mandela (con ingresso su via Enrico Berlinguer). Il sindaco Dario Nardella ha denunciato una contraddizione: «Mandela è cittadino onorario di Firenze perché condividiamo gli stessi valori. Meloni si rende conto di incarnare i valori opposti?». «È una cretinata – ha risposto la leader di FdI -. Il presidente di questo palazzo dello sport, nominato dal Comune, mi ha regalato le chiavi della cella del leader sudafricano».
«Voi qui sapete bene che cos’è l’egemonia di potere della sinistra» dice dal palco. Gli imprenditori di destra, non tantissimi qui, applaudono e credono che il vento stia cambiando. Le roccaforti una a una sono cadute quasi tutte. Firenze no, ma la destra è alle porte, visto che a Pistoia, meno di 40 chilometri da qui, un sindaco di Fratelli d’Italia, Alessandro Tomasi, dopo sette decenni di amministrazione rosse ha vinto le elezioni e a giugno è stato riconfermato. Qui però è diverso, Donzelli, fiorentino e responsabile dell’organizzazione del partito (a Roma) racconta un episodio della sua campagna elettorale: «Martedì ero al mercato delle Cascine a distribuire i volantini e una signora mi dice “Come sei bravo, Giorgia mi piace moltissimo”. L’ho ringraziata aggiungendo, “grazie signora, allora ci aspettiamo un sostegno”. E lei mi fa: “Questo non me lo puoi chiedere, non posso votare la destra”. Qui c’è un blocco ideologico e culturale». Prima di sedersi al tavolo con la leader, il pistoiese Tomasi, unico sindaco di un capoluogo toscano di FdI, racconta un aneddoto della sua biografia: «A tredici anni ho preso la tessera di An, quando mio padre se n’è accorto me l’ha fatta stracciare. Era socialista, oggi spero che mi voti, magari con il disgiunto», scherza. Quella tessera gliel’aveva firmata Patrizio La Pietra, pistoiese, oggi senatore: «L’ho tranquillizzato, mio padre era comunista».
Tra i sindaci toscani di FdI ce n’è uno più preoccupato degli altri. Francesco Ferrari, primo cittadino di Piombino, guida la battaglia contro il rigassificatore che il governo considera strategico. Meloni sa che il progetto non si può rinviare: «Io e il sindaco capiamo che i rigassificatori in Italia servono e che servono il prima possibile. Se non ci fosse un’alternativa a Piombino, allora bisognerà offrire le compensazioni necessarie alla città». Ormai è notte, la «futura presidente del Consiglio» scappa alla stazione, «Non posso perdere il treno». Sembra una metafora. —