il Fatto Quotidiano, 8 settembre 2022
Storia delle Bicamerali
La prima bicamerale presieduta dal liberale Aldo Bozzi risale al 1983: sul tavolo, tra l’altro, la diversificazione delle funzioni dei due rami del Parlamento, la fiducia da concedere al solo premier sul modello del cancellierato tedesco, l’attuazione della democrazia interna ai partiti. I lavori coinvolsero 40 parlamentari e durarono 50 sedute fino alla relazione finale di gennaio 1985 e la presentazione di alcune proposte di revisione che non vennero però mai discusse. Seppellite sul nascere sulla crisi del “patto della staffetta” tra Ciriaco De Mita e Bettino Craxi. La seconda Bicamerale presieduta prima da Ciriaco De Mita e poi da Nilde Iotti durò da luglio ’92 a gennaio ’94: coinvolse 60 parlamentari e dopo 60 sedute approvò una riforma che riguardava 22 articoli della Costituzione (dal rafforzamento dei poteri del premier alla individuazione delle competenze tra Parlamento e regioni). Si concluse con un nulla di fatto: le Camere furono sciolte in piena Tangentopoli. La terza commissione Bicamerale fu costituita nel ’97 e presieduta da Massimo D’Alema. Dopo 71 sedute, il testo portato finale prevedeva il semi-presidenzialismo accompagnato dalla fine del bicameralismo perfetto, la riduzione dei parlamentari e il rafforzamento del governo. Naufragò nel ’98 per mano di Berlusconi che si sfilò dopo le Amministrative e dopo aver incassato lo scudo dell’immunità per Cesare Previti contro il pool di Mani pulite.