Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  settembre 08 Giovedì calendario

Cronaca dell’incendio a San Giuliano


San Giuliano Milanese Il boato fa scoppiare i vetri sopra la testa di un operaio che sta caricando un camion. Una scarica di schegge e le pareti del capannone che tremano risucchiate dal vuoto d’aria: «Il terremoto, poi una palla di fuoco». Scappa di corsa fuori dalla ditta di trasporti che confina con la «Nitrolchimica». Una palla di fuoco alle sue spalle si alza nel cielo, accompagnata da altri boati. Le esplosioni fanno saltare i tombini in strada, i primi equipaggi dei vigili del fuoco si trovano davanti a una scena apocalittica con fiamme alte più di 15 metri e «colate» di fuoco nei vialetti intorno al capannone e al polo industriale. Dall’azienda che si trova dall’altro lato di via Monferrato, la Tecnochimica, escono alcuni dipendenti e trascinandoli via a braccia i feriti.
«Stavo entrando in ditta, ho sentito un boato e sono subito uscito. Un caldo fortissimo», racconta un operaio inizialmente dato per disperso. Si presenta un’ora e mezza dopo avvolto nella tuta blu da lavoro a uno dei punti di soccorso allestiti dal 118 e dalla Protezione civile: «Mi sono rifugiato in una stradina a duecento metri dal capannone – racconta mentre i medici verificano le sue condizioni —. Pensavano fossi rientrato nel capannone, mica sono matto: lì dentro era l’inferno».
Ustionati
Sono le 10.10 del mattino, in pochi secondi una colonna di fumo nero, con le fiamme alte più di 15 metri, si alza nel cielo della periferia sud di Milano. Il bilancio finale dell’incendio alla «Nitrolchimica spa» di Sesto Ulteriano, frazione di San Giuliano Milanese, a tre chilometri dallo scalo di Linate, è di un operaio gravissimo ricoverato prima al San Gerardo di Monza poi trasferito al Niguarda con ustioni di secondo e terzo grado al volto, al torace, a una gamba e a un braccio, e di due colleghi feriti ma fuori pericolo. Sergio De Donato, 43 anni, è ricoverato nel Reparto grandi ustionati in rianimazione, il collega Francesco P., 56 anni, è invece al San Paolo con ustioni e contusioni, ma è fuori pericolo, mentre un terzo operaio di 37 ha riportato solo una ferita alla mano medicata all’ospedale di San Donato. Altri quindici lavoratori sono stati visitati sul posto per il fumo ma senza conseguenze. Il rogo sarebbe partito proprio nell’area del capannone della Nitrolchimica, tra cisterne e fusti di solventi, dove De Donato e il 37enne stavano lavorando alle operazioni di scarico di un serbatoio.
Non è ancora chiaro come si siano innescate le fiamme. Il primo rapporto dei carabinieri e dei vigili del fuoco parla di evento accidentale: una scintilla, una scarica elettrostatica, un’imprudenza nel maneggiare sostanze altamente infiammabili.
Detriti ovunque
La «Nitrolchimica» si occupa dal ‘75 di recupero di rifiuti speciali pericolosi, soprattutto solventi di origine organica e minerale. L‘azienda è guidata da Riccardo Fausto Bellato, vicepresidente del Gruppo chimici di Assolombarda. Davanti al muro di fuoco, mentre i pompieri lottano contro serbatoi che esplodono a ripetizione e detriti che volano nei cortili, rimane immobile, pietrificato. L’incendio distrugge un’area di 4 mila metri quadrati.
Per ore si teme un disastro ambientale. La colonna di fumo nero si sposta lentamente sulle campagne della periferia di Milano. Il vento leggero che spira verso nord-ovest spinge le sostanze tossiche sprigionate dalla combustione dei solventi verso un’area poco abitata. Marco Segala, il sindaco di San Giuliano, ordina a tutti di non uscire di casa, di spegnere i condizionatori e chiudere le finestre. Quando cinque ore dopo i vigili del fuoco riescono a circoscrivere le fiamme, la nube nera fa meno paura. «I primi riscontri di Arpa sono positivi e non risultano alterazioni della qualità dell’aria», fa sapere nel pomeriggio l’assessore regionale all’Ambiente Raffaele Cattaneo. Per gli esiti definitivi ci vorranno almeno 72 ore, ma l’azienda «non risulta censita tra quelle a rischio rilevante». Il maltempo che arriva nella tarda serata fa scongiurare pericoli per la salute anche se l’odore di fuliggine arriva fino al centro di Milano.
Aperta un’inchiesta
Il procuratore di Lodi Domenico Chiaro, competente per l’area sud-est della provincia di Milano, ha aperto un fascicolo per incendio colposo e lesioni plurime colpose in violazione di norme sulla sicurezza del lavoro. Le ipotesi potrebbero essere riformulate nelle prossime ore sulla base degli esiti delle indagini. I tecnici del Nucleo investigativo dei vigili del fuoco non sono ancora riusciti ad accedere all’area per il troppo calore e il rischio di crolli visto che le temperature hanno compromesso le travi prefabbricate del capannone. Da valutare anche il rischio amianto nelle lastre di copertura del tetto. Ieri il pm di turno ha solo potuto sorvolare l’area in elicottero. Non ci sono dubbi sull’origine accidentale, resta da capire cosa sia potuto succedere. «Non sono io a dover dire cosa è accaduto, ma credo che l’incendio sia divampato da un macchinario – ha detto un dipendente —. I feriti ci stavano lavorando e mi sono subito precipitato a soccorrerli».
Sulle prime si parla di una trinciatrice surriscaldata dopo un cortocircuito. Gli inquirenti si stanno concentrando però sulle azioni dei due operai travolti dalla prima esplosione e sulle loro manovre vicino a un serbatoio. «In questa azienda – aggiunge un collega – problemi di sicurezza, pericoli, non ce ne sono mai stati». Secondo gli operai delle ditte vicine prima dell’esplosione si è sentito distintamente un segnale d’allarme.
Più di 20 squadre
Per spegnere le fiamme i vigili del fuoco sono intervenuti con più di 20 squadre, cento operatori e mezzi schiumogeni anche dall’aeroporto di Linate e dai comandi di Bergamo, Brescia e Verona. Solo le miscele di schiuma hanno permesso di soffocare le fiamme nei serbatoi. Anche perché nelle prime fasi gli impianti antincendio delle ditte vicine sono andati in crisi, senza riuscire a garantire pressioni adeguate per le autopompe dei vigili del fuoco. «Non c’era abbastanza acqua. Può succedere con una così grande richiesta, ma dovremo verificare». Alla fine i pompieri hanno dovuto chiamare in supporto le autobotti della Protezione civile e usare anche le vasche d’emergenza di un’azienda vicina.