la Repubblica, 8 settembre 2022
Intervista a Rafael Mariano Grossi, il direttore generale Aiea appena tornato da Zaporizhzhia
ROMA – «Sono giorni difficili». Incontriamo Rafael Mariano Grossi, direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) in un albergo romano: è nella capitale per un vertice della Fao sulla sicurezza alimentare, ma le difficoltà a cui si riferisce vanno in scena migliaia di chilometri a Est, nella centrale nucleare di Zaporizhzhia occupata dai russi. La settimana scorsa Grossi ha guidato dentro l’impianto il team di ispettori Aiea e martedì ha presentato il suo rapporto al Consiglio di sicurezza dell’Onu. Un elenco dettagliato di ciò che mette a rischio la sicurezza della più grande centrale nucleare europea, proprio mentre l’Ucraina sta sferrando una controffensiva in quell’area. Ma il rapporto contiene anche la proposta di una via d’uscita: una zona speciale di protezione, che coincida con il perimetro dell’impianto. Una “santuarizzazione” di Zaporizhzhia, la definisce Grossi, che ieri ha ottenuto anche il supporto del premier italiano Draghi nel corso di un incontro a Palazzo Chigi.
Direttore generale, dopo la pubblicazione del rapporto Putin ha accusato l’Aiea di non aver denunciato che sono gli ucraini a sparare su Zaporizhzhia. Cosa risponde?
«Anche Zelensky ci ha accusati di non aver denunciato i bombardamenti russi. Sarebbe una sorpresa se non ci fossero simili dichiarazioni. E forse sono una prova che stiamo lavorando bene. Fare l’arbitro tra due contendenti non è il mio mandato. Anzi se lo facessi cancellerei la mia utilità, come garante della sicurezza della centrale nucleare».
Quindi è soddisfatto della missione della scorsa settimana?
«È un cambiamento radicale. Il viaggio per arrivare a Zaporizhzhia è durato quattro mesi, non due giorni, perché era da aprile che chiedevamo di poterla visitare. La settimana scorsa finalmente abbiamo potuto fare i controlli che erano saltati con la guerra. Ma abbiamo anche potuto valutare la situazione sul piano della sicurezza: sono andati perduti molti sistemi di comunicazione e ci sono molti danni dovuti agli attacchi e ai bombardamenti quasi sistematici all’impianto. Infine, abbiamo colto l’occasione di creare una missione permanente, importante non solo per la valutazione dei danni ma anche per dissuadere i contendenti da eventuali nuovi attacchi: ora tutti sanno che a Zaporizhzhia ci sono due membri dello staff Aiea».
Cos’è che l’ha colpita di più quando è entrato nella centrale?
«Mi sono emozionato e commosso nel vedere le condizioni in cui lavora il personale dell’impianto. Ma non posso dire di aver visto cose che giànon sapessi. È stato un lavoro di conferma, di valutazione più esatta e precisa dei danni, che riguardano davvero molti settori dell’impianto.
Non i reattori, che sono ben protetti dai sarcofagi in cemento armato, ma per esempio i magazzini del combustibile nucleare esausto.
Quello che ho visto mi ha conf ermato che occorre proteggere subito la centrale, nel modo più efficiente possibile».
Dopo la visita ha detto: “potrebbe accadere qualcosa di molto, molto catastrofico”. A cosa si riferiva?
«Mi hanno molto colpito due fori da colpi di mortaio di un metro di diametro sul tetto di un magazzino di combustibile nucleare: siamo stati molto fortunati, perché quei colpi avrebbero potuto disperdere nell’ambiente materiale radioattivo.
Ripeto, non sono in pericolo i reattori, protetti da edifici molto robusti, difficili da bucare, ma il combustibile non ha lo stesso gradodi protezione. E poi c’è il problema dell’elettricità per i sistemi di sicurezza e di raffreddamento».
Anche qui c’è uno scambio di accuse tra Kiev e Mosca. Ci aiuta a fare un po’ di chiarezza?
«Purtroppo la chiarezza non c’è.
Normalmente ci sono quattro linee elettriche che arrivano dall’esterno e una interna che alimentano i sistemi di sicurezza e di raffreddamento dei reattori. In questo momento le linee funzionanti sono una o due. Gli ucraini sostengono che fa parte di un piano russo per scollegare la centrale dalla rete di Kiev. Tecnicamente è difficile da fare, ma non lo si può escludere del tutto».
Veniamo alle possibili soluzioni: lei propone la “santuarizzazione” della centrale.
«Proponiamo una protezione della centrale di Zaporizhzhia sul modello perimetrale, limitato dunque al solo impianto».
Perché non la demilitarizzazione di tutta l’area circostante, come
chiedono le autorità ucraine?
«La demilitarizzazione è un concetto più ampio e anche più ambizioso. Io sono legittimato a parlare di sicurezza degli impianti nucleari.
Abbiamo visto con i nostri occhi che la sicurezza nucleare è stata compressa e si deve fare qualcosa. La demilitarizzazione non è realistica, anche perché la centrale non si trova in un’area interna conquistata dai russi, ma proprio sulla linea del fronte. Ci vorrebbero negoziati ad altissimo livello, che esulano dalle competenze dell’Agenzia».
Come intende procedere?
«L’idea è dire a russi e ucraini: siete d’accordo in linea di principio che l’impianto non debba essere attaccato? E allora facciamo un semplice accordo di protezione, una “santuarizzazione” della centrale, appunto. Nelle ore successive alla proposta, nonostante le dichiarazioni di Putin e Zelensky, ho colto delle reazioni interessanti dalle parti. Di sicuro non hanno detto no».
Quali sono i tempi?
«Ho già preso contatti con i due schieramenti. Penso che ci incontreremo per studiare il piano nel giro di dieci giorni o al massimo due settimane».
Si sente sostenuto dalla comunità internazionale?
«Come è normale, ci sono posizioni diverse: chi appoggia l’Ucraina, chi sta nel mezzo, chi sostiene la Russia.
Ma io devo lavorare con tutti ed è importante che anche l’opinione pubblica lo capisca. Sono stato accusato di non aver denunciato l’aggressione dell’uno o dell’altro, ma se lo avessi fatto un secondo dopo la mia azione sarebbe diventata inutile.
È difficile, perché ho un cuore e principi etici, ma la mia missione è aiutare, non denunciare. L’Ucrainanon ha bisogno di una voce in più dalla sua parte, io devo fare altro».
Si era anche detto che l’ispezione della Aiea avrebbe legittimato l’occupazione russa della centrale...
«Invece non c’è stata alcuna legittimazione. Anzi ora abbiamo il vantaggio di avere membri dell’Agenzia dentro la centrale: se dovessero mandarci via, dovranno spiegare al mondo perché lo fanno.
Allo stesso modo, abbiamo messo entrambe le parti in causa in una situazione difficile: dire no alla protezione e alla sicurezza. Perché poi i “no” vanno spiegati».
Quindi lei ritiene permanente la missione Iaea a Zaporizhzhia?
«Permanente fino alla pace. Io non vado via. E se mi cacciano, ripeto, devono assumersene le responsabilità».
Ci tornerà di persona ?
«Forse. Siamo sbarcati, ed è stato il passo più importate. Ora siamo lì e dobbiamo continuare. La sfida è questa».