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 2022  settembre 07 Mercoledì calendario

Votodovevivo, la protesta dei fuori sede che non posso spendere 200 euro per votare a casa

Alessandra ha 23 anni, è nata a Milano e vive a Londra. Alle elezioni politiche del prossimo 25 settembre esprimerà la sua preferenza senza dover raggiungere il proprio seggio in Italia. Rosalba, 24 anni, è sarda ma vive a Torino. E lei, invece, come tanti fuorisede – circa 5 milioni, nel nostro Paese – non potrà votare. «Ho la residenza in Sardegna – spiega non posso spendere 200 euro per tornare a casa». Rosalba è una delle voci, toste e determinate, del podcast Next Gen :nuove voci al voto, cheItalian Tech – hub Gedi dedicato a tecnologia e innovazione – ha pensato in collaborazione con le community 20e30, Radioimmaginaria e Visionaryper mettere i giovani al centro della campagna elettorale.
Il voto è complicato per chi studia o lavora lontano dal proprio seggio. «Non è normale che in Italia non si possa votare per posta, come accade in altri Paesi, o addirittura online» dice Gianluca, 29 anni, un’altra voceNext Gen.
No, in Italia non si può. La proposta di legge per il voto «in un Comune diverso da quello di residenza», presentata alla Camera a marzo2019, è caduta insieme al governo Draghi. «L’Italia, con Malta e Cipro, è l’unico Stato europeo a non prevedere la possibilità di votare nel luogo in cui si vive, si lavora e si studia» ha sottolineato Marianna Madia, che di quella proposta di legge è stata promotrice.
All’estero in effetti la soluzione c’è già. In Spagna si può votare per posta. In Danimarca si può usare – in anticipo – un seggio speciale. In Francia basta una delega. In Estonia c’è il voto elettronico. In Italia, invece, bisogna accontentarsi degli sconti per i viaggi verso i seggi.
Stando ai dati del comitato “Votodove vivo”, Il Pd – insieme ad Azione e +Europa – è uno dei partiti che affronta nel suo programma il voto dei fuorisede. «C’è anche il M5S» precisa la deputata Vittoria Baldino, che pensa a un «voto anticipato presidiato», negli uffici postali, «con una tessera elettorale digitale».
Idee, appunto, ma servono fatti. «Questa situazione non è più accettabile se pensiamo alla tecnologia di cui disponiamo» dice Sara, studentessa, al podcast Next Gen. Nuove voci al voto, dicevamo, ma nell’urna in molti casi – si sentirà soltanto un eco lontano.