La Stampa, 7 settembre 2022
Un giro tra gli aspiranti medici di Napoli
A Napoli la prima scrematura degli aspiranti medici è avvenuta già durante l’estate. Dei 4852 che hanno presentato la domanda all’università Federico II se ne sono presentati 4297, l’11%% in meno. La seconda scrematura rischia di avvenire nello spiazzo davanti al Complesso di Monte S. Angelo (una delle due sedi del test) dove in 3885 si contendono i 550 posti previsti per l’accesso alla facoltà di medicina. Uno su otto ce la farà, si rischia il doppio rispetto alla media italiana dove le domande arrivate sono 65 mila e i posti disponibili 14.500.
Lo spiazzo inizia a riempirsi di aspiranti medici già poco dopo le sette del mattino. Alle otto, quando il sole è alto, sembra di esser e a un concerto di Jovanotti. Migliaia di giovani sudati, uno accanto all’altro, in piedi, si accalcano in attesa di qualcosa. Il ’qualcosa’ è l’apertura dei cancelli. In base alle regole decise del Ministero dell’Università, l’accesso avviene a partire dalle nove ma le regole prevedono anche che le prove vere e proprie inizieranno alle 13. In pochi hanno voglia di chiudersi per quattro ore in una delle 66 aule dove sosterranno il test, senza cellulari, a guardare le pareti. «Aspetto gli altri, stanno arrivando», dice Leonardo Mendetta quando i cancelli sono aperti da oltre mezz’ora. Alla fine ognuno fa come gli pare tra ragazze con le bottiglie di ghiaccio sulla testa per difendersi dal rischio di un’insolazione e genitori in ansia che corrono a comprare riserve di acqua ai figli.
«Sono le disposizioni arrivate dal ministero, le stesse previste lo scorso anno quando era in vigore il Green Pass», spiega Antonella Scorziello, docente di Farmacologia della Federico II e presidente della commissione del Complesso di Monte S. Angelo. Il Green Pass non esiste più, i controlli sono di nuovo gli stessi di tre anni fa ma l’orario non è stato aggiornato. Quando finalmente gli aspiranti medici iniziano la prova gran parte di loro ha almeno sei ore di attesa alle spalle.
«Questo test non funziona, va cambiato», chiede Eleonora Russo. Anche Salvini lo ha ripetuto più volte e ha pure inserito nel programma elettorale l’eliminazione del numero chiuso e del test, con iscrizioni libere e una verifica dopo i primi sei mesi di studio. È la formula francese che piace anche a Fratelli D’Italia e, in uno di quei cortocircuiti della politica, ha dei punti in comune anche con le richieste di Udu e Cgil che con la destra non hanno nulla a che vedere. Ma la proposta di abolire in modo radicale il numero chiuso incontra scarso successo tra i ragazzi che si cuociono sotto il sole dello spiazzo di Monte S. Angelo. «Vanno aumentati i posti», spiega Eleonora Russo. «Bisogna cambiare il metodo di accesso non eliminare il numero chiuso», sostiene Lorenzo De Gregorio. «La scrematura iniziale è necessaria – dice Leonardo Mendetta – ma questi test non funzionano. Non hanno alcuna attinenza con il programma scolastico delle superiori». Gabriel Sacco vorrebbe un aumento del numero dei posti disponibili e Antonio De Concilio avverte che «eliminare il numero chiuso non è pensabile, bisogna trovare un modo per rendere meno selettivo l’ingresso». Si fa molta fatica a trovare chi si schiera per la cancellazione totale del test. La chiede Valeria Piscopo: «Questa formula non è equa, premia chi ha soldi per cori privati e testi e tempo per prepararsi. I programmi delle scuole superiori sono molto diversi tra loro, in pochi possono raggiungere il livello di conoscenze necessario». Oppure Emanuel Sabotino: «Secondo me devono entrare tutti, poi chi è più bravo va avanti». Pazienza se i rettori ricordano che non ci sono spazi né docenti a sufficienza per garantire corsi a tutti gli aspiranti medici.
Su un aspetto concordano tutti nel piazzale, il test è difficile. E ne sono ancora più conviti all’uscita, dopo 100 minuti trascorsi davanti a 60 domande a risposta multipla. Quest’anno sono diminuite le domande di cultura generale e aumentate quelle su argomenti scientifici e logici. «Ci voleva la laurea in biologia», sostiene Valeria Casalino all’uscita.
In tanti sono al secondo tentativo. In tanti ammettono di avere avuto difficoltà a causa del Covid. «Ho dovuto ristudiare da zero tuta la chimica e molti argomenti di matematica che nei due anni di Dad erano stati affrontati in modo superficiale», ammette Leonardo Mendetta. «Io sono al secondo tentativo – racconta Simone Paolella – l’anno scorso ho provato ma non riuscivo a concentrarmi nello studio. Ho avuto bisogno di un anno per ritrovare la capacità di applicarmi».
Su un altro aspetto concordano i 3885 che si accalcano sul piazzale. Meglio avere pronto un piano B. —