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 2022  settembre 06 Martedì calendario

“AVEVO COMPORTAMENTI COMPULSIVI, DEPRESSIONE E ALTERAZIONE DELLA REALTÀ” – GIOVANNA BODA, L'EX POTENTISSIMO DIRIGENTE DEL MINISTERO DELL'ISTRUZIONE, IN UN LUNGO INTERROGATORIO HA AMMESSO DI AVER INTASCATO TANGENTI IN CAMBIO DI APPALTI PILOTATI A FAVORE DELL'EDITORE FEDERICO BIANCHI DI CASTELBIANCO. E SI È DIFESA DICENDO CHE SAREBBE CADUTA IN TENTAZIONE IN UN MOMENTO DI PESANTI CURE ORMONALI – “QUESTO MI HA INDOTTO A SPENDERE TUTTI I SOLDI CHE MI DAVA BIANCHI DI CASTELBIANCO OLTRE AL MIO STIPENDIO, NON HO PIÙ NIENTE...” -

Giovanna Boda, l'ex dirigente del ministero dell'Istruzione accusata di essersi fatta corrompere, sarebbe caduta in tentazione in un momento di depressione e di cure mediche. Intorno a lei in molti si sarebbero approfittati del suo stato di fragilità, lasciando che si rovinasse tra spese compulsive e bandi su misura a favore dei suoi presunti corruttori.

È questa la versione che la Boda, assistita dagli avvocati Giuseppe Rossodivita e Luigi Medugno, ha consegnato ai magistrati il 6 luglio in un interrogatorio lungo 4 ore e mezza e reso in una stazione dei carabinieri a due passi da via Veneto a Roma. «Ammetto tutti gli addebiti di cui ai capi A e B che mi avete mostrato», ha dichiarato in un afoso pomeriggio.

Anche grazie al suo intervento le società riconducibili all'editore Federico Bianchi di Castelbianco avrebbero ottenuto tra gennaio '18 e aprile '21 affidamenti da parte di numerosi istituti scolastici (destinatari di finanziamenti del Miur) per un valore di 23,5 milioni di euro, di cui 17,5 effettivamente percepiti. In cambio la Boda avrebbe ricevuto utilità effettive per 3 milioni di euro.

Tra queste 50.000 euro in contanti, 41.000 in bonifici, 39.000 caricati su una prepagata e 105.000 per il salario dell'autista. Persino 80.000 euro di lavori di ristrutturazione in contanti per la casa in montagna dei genitori della Boda. Soldi che, almeno in questo caso, sarebbero stati restituiti.

Tra le utilità indirette ci sono gli stipendi per i collaboratori (mezzo milione per il «gruppo ministero») e le assunzioni fatte da Castelbianco su richiesta della Boda, costate all'imprenditore 1,15 milioni di euro, compresi 175.500 di una tantum.

L'indagata, licenziata dal Miur con due diversi provvedimenti disciplinari, ha precisato: «Sicuramente non ricordo nel dettaglio le singole dazioni o utilità anche perché in quel periodo mi ero sottoposta a una forte cura ormonale che mi ha portato ad avere forti comportamenti compulsivi, depressione e alterazione della realtà.

Purtroppo non ho avuto la prontezza di sottrarmi alla grave situazione creata mettendomi in malattia come avrei dovuto fare. Ho avuto un comportamento compulsivo che mi ha indotto a spendere tutti i soldi che mi dava Bianchi di Castelbianco oltre a quello che guadagnavo con il mio stipendio, tanto è vero che non ho più niente, come risulta anche dal fatto che il sequestro nei miei confronti è stato di circa soli 30.000 euro».

Quindi la Boda, pur senza lavoro, ha fatto sapere di essere disponibile a provare a saldare almeno in parte il frutto della corruzione: «I miei genitori hanno messo in vendita la casa di proprietà di Limone Piemonte e sono disponibili a darmi il ricavato per potermi consentire di mettere lo stesso a disposizione della Procura e del giudice in modo da effettuare le restituzioni previste dalla legge delle utilità, ricevute ovviamente nei limiti delle mie possibilità».

L'ex dirigente in questo modo sembra puntare al patteggiamento e a uscire così dall'inchiesta. Ricordiamo che la Boda nel 2021 ha tentato il suicidio lanciandosi dallo studio del suo avvocato, e da allora porta sul corpo i segni del suo gesto disperato. Per prima cosa, durante l'interrogatorio, il pm Carlo Villani ha chiesto conto del versamento sul conto della Boda di 80.520 euro in contanti.

Per la donna 30.000 provenivano da regali dei parenti per la nascita della figlia. Gli altri arrivavano, invece, da Castelbianco: «Dal 2016 avendo consolidato il mio rapporto con lui gli ho confidato che mi dispiaceva il fatto di dovermi fare aiutare economicamente da mia madre e da mia suocera. Lui subito si è offerto di prestarmi dei soldi che mi portava in contanti a casa a tranche di 1.000-1.500». Circa 50.000 euro sino al 2019.

Ma la Boda ha ricevuto anche bonifici «con causali fittizie» che non avrebbe gradito: «Io mi lamento subito della cosa e provvedo all'immediata restituzione» ha puntualizzato. A questo punto anche una collaboratrice della dirigente sarebbe stata oggetto di invii di soldi, «anch' essi restituiti».

Ma l'opera di accerchiamento non sarebbe terminata e Castelbianco le avrebbe fatto spedire denaro dai collaboratori, a partire dalla segretaria, Valentina Franco, dall'autista, Fabio Condoleo, e dalla di lui moglie: «Ricordo bonifici inviatimi anche da D.M. che non sapevo neanche chi fosse []. In quel caso Bianchi mi disse di non fare altri pasticci sulle restituzioni perché avrei attirato la Guardia di finanza. Pertanto questi bonifici non sono stati restituiti».

La Boda accusa sia Condoleo che la Franco: «Erano assolutamente consapevoli delle dazioni che Bianchi di Castelbianco mi ha assicurato per anni, consapevoli a tal punto che concordavano direttamente con lui le modalità con le quali farmi pervenire i soldi». Lo chauffeur, per esempio, gestiva la carta di credito contestata dalla Procura, un benefit a cui la Boda non sarebbe riuscita a rinunciare: «Avendo saputo della carta comunque non ho chiesto che la stessa fosse restituita».

Il 6 luglio si è sfogata: «Io ho più volte detto alla Franco e a Condoleo che ero disperata e che non sapevo come uscire da questa situazione ma loro piuttosto che farmi desistere ne alimentavano il protrarsi dicendomi di stare tranquilla e con ciò aderendo alle indicazioni di Bianchi di Castelbianco. Nel frattempo io continuavo a effettuare spese compulsive senza senso». L'indagata ha pure confessato di aver chiesto di «aiutare» Condoleo all'ex dirigente Leonardo Filippone e che questi avrebbe fatto ottenere dei «pagamenti» destinati all'autista da un istituto di Fiumicino e da uno di Roma.

Per far cosa? Nulla. «So che Condoleo non ha eseguito alcuna attività per quelle scuole» si legge nel verbale. La Boda ha anche raccontato come, quando la sua famiglia si è allargata con la nascita della figlia, abbia accettato di trasferirsi in una casa acquistata da Castelbianco. Il quale le presentò una proposta di locazione con il proprio nome: «Io dissi che era impossibile un contratto tra me e lui. Per questo Bianchi di Castelbianco inserì una terza persona che io non sapevo chi fosse».

La donna avrebbe pagato l'affitto, ma non i lavori di ammodernamento: «La casa era totalmente da ristrutturare e alla ristrutturazione ha provveduto Bianchi di Castelbianco». Il pm ha chiesto alla Boda se conoscesse la titolare di un un'agenzia di viaggi di Roma ricevendone come risposta che la ditta «lavora con il Vaticano» e che è «molto seria». A questo punto il magistrato ha mostrato all'indagata una serie di mail «relative a viaggi della Boda e dei suoi famigliari con l'agenzia».

Il marito dell'ex dirigente è Francesco Testa, nominato subito dopo l'esplosione dell'inchiesta membro della Procura europea. La donna ha ammesso le vacanze a sbafo: «Ho effettuato diversi viaggi privati da loro organizzati dei quali ricordo di aver pagato una parte tramite bonifici e una parte in contanti, mentre una buona parte sono stati pagati direttamente da Bianchi di Castelbianco».

I messaggi mostrati da Villani vengono così giustificati dalla diretta interessata: «Si tratta del tentativo di concordare e capire in che modo fare pagare le spese sostenute per i miei viaggi a Bianchi di Castelbianco». L'interrogatorio si è poi focalizzato sul periodo in cui la Boda era capo dipartimento alle Pari opportunità, dove era il braccio destro dell'allora sottosegretario Maria Elena Boschi.

Qui ha spiegato: «In quel periodo ho firmato due affidamenti diretti del valore rispettivamente di 38.500 euro e uno di 39.000 euro alla Com.e e alla Ido. Sicuramente vi sono stati altri affidamenti alle società di Bianchi di Castelbianco». L'ex dirigente ha anche ribadito come certi istituti venissero usati come bancomat e non solo nel caso di Condoleo: «So che esistevano delle scuole che avevano contatti più stretti con Bianchi di Castelbianco, ma anche con noi del ministero e in particolare con Filippone, le quali venivano definite scuole amiche in quanto ci aiutavano a coprire le spese più urgenti che emergevano».

Le Pari opportunità assegnarono due progetti ad altrettanti istituti che, successivamente, li avrebbero subappaltati a Castelbianco. Le commissioni erano presiedute dall'ex dg, oggi in pensione, Lucrezia Stellacci: «So che Bianchi le ha affittato l'ultimo piano di un albergo di Roma [] e che le stava cercando un ulteriore alloggio». Castelbianco avrebbe consegnato alla Stellacci «una lista di scuole con le quali aveva presentato progetti in partenariato che dovevano vincere in bandi con particolare riferimento a quelli "440"».

Gli inquirenti hanno chiesto alla Boda conferma sui suoi rapporti economici anche con un altro imprenditore, Massimo Mancori, titolare della 2M Grafica Srl. La donna lo conoscerebbe dai tempi della tesi in psicologia, ed essendosi «specializzato in grandi eventi» sarebbe diventato «un interlocutore costante» per il Miur, con cui aveva iniziato a collaborare ai tempi del ministro Giuseppe Fioroni. «Nel tempo con Mancori e la sua famiglia si è stretto un rapporto di amicizia e consapevoli delle mie difficoltà economiche mi hanno garantito dei prestiti tramite bonifico [] mai restituiti».

In tutto circa 45.000 euro. Quando era alle Pari opportunità la Boda ha «attribuito un affidamento diretto» a Mancori da circa 70.000 euro per due anni «in relazione ad attività di grafica, stampa e comunicazione». L'imprenditore avrebbe fornito alla Boda «merce soprattutto elettronica» che poi «fatturava alle scuole o a Bianchi di Castelbianco». Non è finita: «Mancori ha vinto alcuni bandi di gara per forniture dal ministero, ricevuto affidamenti dalle scuole e ricevuto anche subappalti dalla Fondazione Falcone ai quali lo avevo presentato».

Mancori avrebbe anche materiale urgente per organizzare, per esempio, conferenze stampa volanti, e «a posteriori» la Boda & C. avrebbero cercato «il modo di recuperare i fondi dalle scuole per pagarlo». A questo punto il pm ha mostrato dei messaggi riferiti a un paio di bonifici inviati dalla famiglia Mancori e dalla sua ditta e l'indagata ha replicato: «Ritenevo si trattasse di un prestito di Mancori e non che lo stesso si fosse accordato per avere la restituzione di quanto datomi tramite le scuole».

C'è infine la questione della lista delle assunzioni chieste dalla Boda a Bianchi di Castelbianco, su cui pende un pesante omissis: «Posso tranquillamente affermare che mentre tutti quelli del cosiddetto gruppo ministero che venivano pagati da Bianchi di Castelbianco lavoravano, di tutti gli altri non ho la medesima certezza [] molti erano solamente destinatari del quantum che talvolta decidevamo insieme io e Bianchi di Castelbianco». Alcuni di questi beneficiari avrebbero persino parenti illustri.