Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  settembre 06 Martedì calendario

I numeri del bio in Italia


È una corsa sempre più veloce, quella del bio nel piatto degli italiani. Neanche i prolungati lockdown del Covid hanno arrestato la voglia di mangiare rispettando l’ambiente e gli animali, tanto che tra il 2020 e il 2021, «gli anni di restrizione della pandemia», la quota di mercato delle vendite nazionali è rimasta stabile al 3,5%, scendendo solo dello 0,1% rispetto allo scenario pre-Covid del 2019.
Il «bio» era un movimento di alcune cooperative che negli anni ’70 avevano scelto un approccio fatto di semplicità nella cura di frutta e ortaggi. Oggi da filosofia è diventato un vero e proprio comparto che si è ritagliato considerazione nelle righe di bilancio e apprezzamento tra i consumatori, tanto che i supermercati hanno scelto di fargli posto sui loro scaffali. È alla luce di questa crescita che le percentuali dell’osservatorio Sana-Nomisma assumono ancora più peso. «L’Italia vanta un primato delle quote di terreni vocati al biologico, il 16% del totale, contro una media Ue del 9% – spiega Silvia Zucconi, responsabile Market intelligence di Nomisma -. Fatta questa premessa, le vendite sul mercato italiano in tutti i canali, nell’ultimo decennio, sono aumentate del 233% attestandosi sui 4,5 miliardi di euro ma vi sono potenzialità anche sui mercati esterni: l’export, che vale 2,9 miliardi, nello stesso periodo è aumentato del 671%». E sono lievitati pure gli operatori, del 2% rispetto al 2019, arrivando a quota 95.708 mila. Naturale quindi che anche la distribuzione moderna abbia scelto di presidiare il settore da molti anni. «Oltre il 50% del biologico che transita nei nostri canali è a marchio del distributore, che in assenza di grandi brand è quello di riferimento», rileva Carlo Alberto Buttarelli, direttore relazioni di filiera di Federdistribuzione e del suo ufficio studi. «Direi che la pandemia ha determinato una grande attenzione alla salute dando impulso ai consumi bio anche se oggi emergono concorrenti nell’area premium del benessere, del Made in Italy e delle Dop». Non è però solo una questione di scelte consapevoli: se il bio è uscito dalla sua nicchia è anche per altri due motivi: «Da un lato lo sviluppo delle produzioni che hanno consentito alle imprese, sia micro che medie, di avviare colture e allevamenti verdi a costi contenuti – osserva Buttarelli -; dall’altra il ruolo della marca del distributore, che ha presidiato il bio rendendolo più accessibile. Così è entrato nel consumo quotidiano degli italiani». Non a caso persino i discount hanno deciso di abbracciare i prodotti della foglia verde, tanto che sono arrivati a pesare per il 2% sull’intera loro quota alimentare.
Ma chi compra verde oggi? Il profilo del consumatore tipico si caratterizza per reddito alto, età giovane, scelta precisa nel carrello e forte motivazione. «E poi oltre la metà degli attuali consumatori effettua consumi frequenti legati a determinate categorie di prodotto», illustra ancora Zucconi. «Parliamo di beni che per loro natura hanno una dinamica inflattiva contenuta: a maggio il prezzo dei prodotti bio si fermava a un +4% mentre l’alimentare generico era già a +6,6%».
La congiuntura
Quest’anno battuta d’arresto a causa della inflazione. «Ma il trend positivo non cambia»
Il contesto di instabilità con cui si è aperto il 2022, con il conflitto russo-ucraino e l’impennata dei prezzi legata ai costi energetici e delle materie prime, sta modificando le abitudini di consumo degli italiani, determinando una leggera diminuzione delle vendite a valore del biologico in gdo (pari al -0,5 % nell’ultimo anno).
«Stiamo notando un leggero rallentamento sulle fasce premium legato alla situazione del momento, con l’inflazione che supera il 9% è indubbio ricercare maggior attenzione a un’economia della spesa – riflette ancora Buttarelli -. Quest’anno registreremo un calo, è ovvio, ma in generale questo mercato crescerà, la volontà delle persone di dare importanza al cibo di qualità non fa che confermare l’importanza del bio».
Il confronto
Nel nostro Paese il 16% dei terreni vocati al biologico, contro una media Ue del 9%
Il sottosegretario al Ministero dell’Agricoltura, Francesco Battistoni, è infatti convinto che la barra debba restare dritta: «Nonostante la diminuzione della domanda bisogna sottolineare che il comparto regge meglio e con più forza rispetto all’agricoltura tradizionale. Ciò dimostra che i prodotti biologici sono competitivi e si mantengono forti sul mercato. Il nostro compito – annuncia – è sicuramente quello di rimettere in moto gli acquisti e i consumi, incentivando la domanda, comunicando e informando. Le intese raggiunte in Conferenza Stato Regioni, con il finanziamento di 5 milioni di euro da destinare alle mense scolastiche, va proprio in quella direzione».
«È ovvio che aumentare la conoscenza e la formazione verso il consumo dei prodotti biologici aiuterà il settore a invertire la flessione registrata quest’anno».