Corriere della Sera, 6 settembre 2022
Intervista a Giovanni Floris
«L’imitazione che Crozza fa di me? La trovo eccezionale, ho il poster in ufficio»
Giovanni Floris, lei ricomincia stasera con «diMartedì». Quale campagna elettorale sarà?
«Centrodestra favorito. Ma mi colpisce che si siano invertite le parti che tradizionalmente recitavano destra e sinistra».
Cioè?
«La destra è sempre stata allegra e vincente, ha sempre comunicato positività. Quest’anno invece è piuttosto cupa, e, per la prima volta, evidentemente divisa, nonostante formalmente si presenti unita».
Berlusconi come lo vede?
«Certo più anziano, ma non è quello il punto. Pare un oggetto spaesato in un mondo non più suo».
Salvini?
«Sembra un quadro di Maccari. Viene da anni di pesanti sconfitte e ha un’immagine sfocata, di chi soffre a ricoprire un ruolo non di primo piano».
La Meloni?
«È la protagonista di queste elezioni, ma è spesso sulla difensiva, usa toni eccessivi. Ha un modo di porsi che non rende merito al percorso che ha compiuto. Ha ammorbidito e ampliato i contenuti del suo messaggio, ma fa fatica a cambiare l’atteggiamento, la postura. Quando parla nei comizi lascia interdetti».
Perché?
«Perché toni e atteggiamenti del genere te li aspetti da chi rappresenta il 4% della popolazione, non da una futura premier».
La Fiamma tricolore è un problema?
«Lo è, ma evidentemente non viene percepito come tale da almeno il 20% degli italiani. Chi non lo reputa rilevante, chi non conosce la storia e il significato di questo simbolo, chi non ci pensa. E chi ne è addirittura orgoglioso. Sarebbe invece giusto e coraggioso cancellarla».
Però la destra, a differenza della sinistra, ha formato una coalizione.
«Più pragmatici di certo. Vanno uniti alle elezioni, ma sembrano pronti a dividersi un minuto dopo il voto».
Da cosa lo deduce?
«Dalle interviste, dal modo di parlare, dai loro precedenti: penso alle amministrative, al governo Draghi, al pasticcio per l’elezione del presidente della Repubblica. È facile immaginare che la Meloni debba temere più i suoi alleati che non i suoi avversari. Salvini e Berlusconi hanno avuto molto potere, lo devono cedere a lei: una leadership tra l’altro femminile, una novità che li rende ancora meno moderni, e necessariamente li marginalizza. Non credo verrà evitata la solita performance del dopo voto: eccezioni, richieste, veti».
Anche in passato la destra si era divisa.
«Non così. Si erano sempre divisi davanti ai problemi di governo, ma Berlusconi, Fini e Casini, e la scorsa volta gli stessi Berlusconi, Salvini e Meloni erano sempre sembrati una squadra coesa, quasi di amici. Adesso i programmi sono inesistenti. Un tempo dicevano “meno tasse”; adesso non ci credono neanche loro. La Meloni fa la figura migliore perché è più cauta, e chiede agli altri di non essere avventati nel fare promesse. Sembrano saperlo pure loro: sia che vinca la Meloni, sia che vinca Letta, sia che vincano Calenda o Conte o la Collot, la crisi economica e il contesto europeo porteranno il prossimo presidente del Consiglio a fare quello che avrebbe fatto Draghi, né più né meno».
Anche Luca e Paolo sono artisti insuperabili, indossano il programma come se fosse il loro abito
Ci spiega la sua fascinazione per la Collot?
«Cerco sempre di valutare le persone oltre al personaggio. È una donna che crede nella politica, e che quando ha un turno di lavoro rinuncia a venire in trasmissione. Mi ha colpito. Non è certo usuale».
Comunque sappiamo tutti che vincerà la destra.
«Sembrano destinati a vincere di default, un po’ come accadde a Bersani, e dare per scontate le cose può essere un errore alle elezioni. Ma è pur vero che i sondaggi parlano chiaro».
Ci spiega pure la sua fascinazione per Bersani?
«Torno a dire: le persone e non i personaggi. In venti anni di questo lavoro è tra i politici che ho imparato a stimare. Moderno, profondo nelle analisi. Disposto a perdere qualcosa di suo per il bene collettivo. E i 5 Stelle, alla fine, dello streaming si sono scusati...».
E la sinistra?
«La sinistra è sempre andata alle elezioni unita al vertice, salvo scollarsi presto dopo il voto. Quest’anno è l’opposto: per le decisioni dei leader va divisa al voto, mentre l’elettorato probabilmente era più disponibile al compromesso. Sarà inevitabile che i capi si ritrovino insieme subito dopo il 25 settembre, e allora gli elettori possono domandarsi: ma perché dovremmo consegnare la vittoria alla Meloni? Non conveniva combattere uniti se tanto ci uniremo all’opposizione?».
La Meloni sarà o no la prima donna presidente del Consiglio?
«Ci sono le premesse, ma la politica è complessa… Mi sembra che lo sappia bene anche lei».
Quanto prende Calenda? Non lo trova un po’ troppo aggressivo?
«Non so quanto prenderà. So che il radicalismo è la sua chiave».
Quando i 5 Stelle non andavano in tv erano al 33%, adesso sono al 13. Come lo spiega?
«Però sono in crescita; e dopo aver governato per un’intera legislatura con destra e sinistra, dopo aver contribuito a far cadere Draghi. Non un buon curriculum. Conte ha appeal su un’ampia fetta di elettorato, e all’evidenza ha trovato uno spazio politico in cui agire».
Lei ha avuto Luca e Paolo, Gene Gnocchi, Crozza: a chi si è più affezionato? L’imitazione che Crozza fa di lei le dà un po’ fastidio?
«Crozza è un artista insuperabile, così come lo sono Luca e Paolo, che tra l’altro indossano il programma come se fosse il loro abito da sempre. Hanno avuto da Maurizio un’eredità importante, e l’hanno gestita alla grande, riportando la satira ad avere peso politico. Dell’imitazione di Crozza ho un poster in ufficio: eccezionale. Ho anche alcune magliette di Gene appese dietro la scrivania».
E per i talk, che autunno sarà?
«Prima delle elezioni, interessante. Dopo le elezioni interessantissimo».
Lei è tra i pochi uomini in un mondo, l’informazione televisiva, dominato dalle conduttrici: Berlinguer, Gruber, Annunziata, Palombelli, De Gregorio… tutte forti personalità. Com’è il suo rapporto con loro?
«Mi sembra ottimo! Ma chieda anche a loro. Non si sa mai…».