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 2022  settembre 06 Martedì calendario

Biografia di Giorgia Meloni


Rivoluzione accorta ma non morbida, che qui non si annacqua niente. Presidenzialismo, abiura del fascismo quanto elettoralmente basta, la Fiamma non si tocca. Patria, famiglia e lobby Lgbt da sorvegliare, senza gli eccessi dei comizi in casa Vox. Qualche zampata, dal video sullo stupro alle devianze, che qualche volta la frizione scappa. Ma, adesso che ha trovato la ricetta della minestra di Riccioli d’Oro, Giorgia sta soprattutto lì a guardarla bollire, attenta che non si attacchi, con camicette bianche, toni bassi e pause sapienti, mentre i sondaggi salgono ogni settimana. Adesso basta non strafare, e soprattutto impedire che sbrodolino i due simpatici improvvisatori che si porta dietro, Silvio e Matteo, e con un occhio alla lezione di Mario Draghi, che pure non ha mai votato. È più che probabile che sarà lei la prima donna in Italia a guidare un governo. Se avverrà non sarà come si era immaginato, con i maschi che dicevano, per decenni, «ci vorrebbe una donna» tutte le volte che faticavano a trovare il Capobranco. Se succederà sarà con una spallata, che il tempo di Bel Ami è al tramonto.
Meloni Giorgia, 45 anni, Capricorno, nata a Roma Nord ma cresciuta alla Garbatella, intorno ai 160 centimetri per poco più di 50 chili, un diploma con Sessanta quando era il voto più alto. Una madre, una sorella, un compagno, una figlia. Un padre, anche, al quale ha fatto ciao ciao quando aveva un anno, mentre lui se ne andava alle Canarie per non tornare più. Nel decennio successivo lei e sua sorella Arianna hanno visto papà Francesco per una, massimo due settimane all’anno. Fino a quando, per Giorgia, anche questi pochi giorni divennero insopportabilmente troppi. Lei gli disse: «Non voglio vederti più». E mantenne la parola. «Quando è morto non sono riuscita davvero a provare un’emozione, è come se fosse stato uno sconosciuto», ha raccontato a Silvia Toffanin, a Verissimo. Alla mamma Anna dice tutto, unica persona di cui teme il giudizio. Quando aspettava Giorgia il suo matrimonio era già in crisi, aveva una bambina piccola e tanti le consigliavano di interrompere la gravidanza. Ci pensò, andò anche, ovviamente a digiuno, a fare le analisi propedeutiche. Anni dopo lo ha raccontato così a sua figlia: «E poi entrai invece in un bar e dissi: cappuccino e cornetto». Complici da sempre con la sorella Arianna, che le raccontava le favole e la consolava quando a scuola la chiamavano cicciona. Insieme accesero una candela in cameretta, per giocare, e poi uscirono lasciandola lì. Bruciò tutto, addio all’appartamento alla Camilluccia, si va alla Garbatella. Ginevra, sua figlia, sta per compiere sei anni e Giorgia ancora si rimprovera di aver detto al Family day che aspettava un bambino. Gli odiatori si scatenarono, tanti le augurarono di abortire: «Mi sono sentita in colpa, come se, alla prima prova di maternità, non l’avessi protetta». Tanta paura per lei anche quando si è trovata assediata da uno stalker. Padre di Ginevra è il giornalista Andrea Giambruno. Con lui non parla di matrimonio, «anche se credo nei suoi principi». A volte litigano, perché magari si è dimenticata di dirgli che sta partendo per l’America.
E poi gli amici di una vita: Guido Crosetto, che la prese in braccio su un palco come aveva fatto Benigni con Berlinguer. Ignazio La Russa, che fu anche lui con lei nel 2012, quando fondarono quello che allora sembrò l’ennesimo partitino a vita breve, Fratelli d’Italia. Tanti tremavano per l’incertezza del futuro e lei si affidò a Clint Eastwood: «Se vuoi la garanzia comprati un tostapane». Non teme gli almeno sette maschi che la attendono al varco delle elezioni, solo di una cosa ha paura: gli scarafaggi. E le manca un po’ di serotonina, l’ormone del buonumore, anche se adesso che Silvio e Matteo si sono quasi rassegnati a vederla sulla tolda, anche la chimica è in risalita.
Esordio in politica a 15 anni, quando fonda alla Garbatella, dalle file del Fronte della Gioventù, «Gli antenati», un coordinamento sulla scuola. Il resto è cronaca, fino alla presidenza dei Conservatori e riformisti europei. In precedenza: barista al Piper, baby-sitter del primo figlio di Fiorello, venditrice di dischi a Porta Portese. Tifa Roma e rivendica: mai una canna, mai una sbronza, mai un saluto romano. Ultimo campo Hobbit, nel 1993, quasi trent’anni fa. Snobba Marine Le Pen, Alessandra Mussolini le sta decisamente sulle scatole. Si trova bene con Victor Orban, il leader ungherese nazionalista e dai pronunciati tratti illiberali, sempre sull’orlo di essere cacciato dal Ppe. Schierata con Europa e Usa sull’Ucraina, senza i distinguo dei suoi alleati, anche se tifa per Donald Trump alle elezioni di midterm.
Ora eccola qui, all’ultimo miglio. «La verità è che mi sono sempre sentita inadeguata – ha raccontato a Paola Di Caro che l’ha intervistata per Sette –. È come se avessi sfangato ogni giorno l’esame di Maturità, come se non bastasse mai quello che faccio e dovessi fare meglio. E meglio». E poi ancora: «Io sono un soldato, non ho mai detto: voglio fare questo. Mi ci sono trovata. E qualunque cosa stia facendo, vorrei essere da un’altra parte».
Un desiderio di dissolvenza morbida, di fuggire di fronte alle responsabilità proprio poco prima del traguardo? Altamente improbabile, vale una strofa di Domenico Modugno: «Vorrei vedere un altro / al posto mio / Ma no, non ne parliamo / il posto è mio».