la Repubblica, 6 settembre 2022
L’Italia ritorna al carbone
Un decreto Aiuti Ter da 8-10 miliardi e una spinta alla produzione extra da sei centrali a carbone e una a olio esistenti in Italia per risparmiare gas. Sono queste le due piste di intervento su cui si muove in queste ore il governo Draghi per impedire che il Paese si avviti in autunno in una grave crisi industrialee sociale. Di sicuro il nuovo decreto non sarà in deficit e per lo più incentrato sul sostegno alle imprese travolte dai rincari energetici, con un rafforzamento e prolungamento del credito di imposta già introdotto dagli altri decreti Aiuti. Palazzo Chigi è al lavoro sul provvedimento che dovrebbe arrivare giovedì in Consiglio dei ministri.
Al ministero dell’Economia si fanno gli ultimi conti. E al momento la richiesta di imprese e sindacati di avere altre settimane di Cassa integrazione “scontata”, cioè priva del costo di accesso, il cosiddetto ticket, viene valutata con molta prudenza perché considerata costosa. Come pure si prendono in considerazione possibili ulteriori aiuti alle famiglie.
Respinte tutte le pressioni partitiche a fare nuovi scostamenti (più deficit) – Salvini (Lega) insiste: «Non sono d’accordo con Meloni e Draghi, servono 30 miliardi per non perdere un milione di posti» nel frattempo si delinea un’altra misura di emergenza per cercare di evitare razionamenti energetici in inverno e diversificare le fonti.
Una misura che sta per andare al massimo regime grazie al carbone e che consente di risparmiare gas, ma certo non gentile nei confronti dell’ambiente. Entro fine settimana, infatti, il ministro Cingolani firmerà l’atto di indirizzo che consente alle centrali termoelettriche di marciare a tutta potenza. Con un incremento che dovrebbe aumentare di un 20-25% le stime di produzione di energia dalle grandi centrali a carbone e a olio, già attese a una produzione più che doppia rispetto al 2021.
La nuova misura, che riprende le previsioni del decreto 14 del 25 febbraio 2022, consentirà di massimizzare la produzione degli impianti termoelettrici di potenza superiore a 300 megawatt. Un elenco breve, costituito da sei centrali a carbone e una a olio. Quelle a carbone sono in quattro casi dell’Enel (a Fusina, Brindisi, Torrevaldaliga e Portovesme), una di Ep Produzione a Fiumesanto e una di A2a a Monfalcone. Sempre A2a possiede poi la centrale a olio combustibile di San Filippo Del Mela.
Il decreto di febbraio le ha riavviate, l’attuale le lancerà a tutta potenza, per consentire un minore consumo di gas naturale inizialmente stimato in 1,1 miliardi di metri cubi nel 2022 e 2,3 miliardi di metri cubi nel 2023. Ma quei calcoli andranno aggiornati a tempi e modi del piano di risparmio energetico varato dall’Unione europea, che ha chiesto agli Stati membri di tagliare su base volontaria fino al 15% dei consumi di gas, per arrivare a 45 miliardi di metri cubi negli otto mesi che corrono da agosto a marzo 2023.
Lo stesso ministro Cingolani di recente aveva declinato per l’Italia un risparmio attorno a 4 miliardi di metri cubi di gas; e spingere l’acceleratore sul carbone dovrebbe consentire un taglio dei consumi di metano per circa 1,5 miliardi, oltre un terzo del totale. Purtroppo al risparmio di gas offerto dalle centrali termoelettriche corrisponderà un contestuale aumentodelle emissioni di CO2. Anni fa Legambiente aveva stimato che ogni kWh prodotto dalle centrali a carbone italiane emetteva 857,3 grammi di anidride carbonica, più del doppio rispetto ai 379,7 di quelle a gas naturale, e a fronte delle emissioni zero delle centrali solari, eoliche, idroelettriche, geotermiche a biomasse. Anche il ministro dell’economia Daniele Franco, parlando a Cernobbio sabato, aveva detto: «Stiamo cercando di usare più carbone, che non è una bellissima cosa, ma nell’immediato ci aiuta».
Dopo la firma dell’atto Terna, responsabile della rete elettrica, avviserà gli operatori di aumentare la produttività dei grandi impianti termoelettrici. La provvista di carbone, come chiesto dal Comitato tecnico di emergenza gas a giugno, è già stata fatta. Lo si legge anche nella semestrale dell’Enel, che possiede gli impianti maggiori di Brindisi (2.450 Mw) e Fusina (875 Mw). Secondo stime di mercato il colosso dell’energia, che nel 2021 ha prodotto 7 TWh a carbone, potrebbe triplicare la produzione termoelettrica quest’anno.Sperando che basti.