Il Messaggero, 6 settembre 2022
Intervista a Benedetta Porcaroli
Diretto dalla regista esordiente Carolina Cavalli, 31 anni, Amanda è l’unico film della Mostra invitato al Festival di Toronto (sarà in sala il 13 ottobre). Una bella scoperta offerta dal cartellone di Orizzonti Extra: dramedy surreale su giovinezza e ribellione, girato con stile originale e mano sicura, il film traccia un ritratto ironicamente feroce della classe altoborghese. E ruota intorno a Benedetta Porcaroli nel ruolo di Amanda, una 24enne che non ha mai avuto amici e prova in tutti i modi a farsene una, la coetanea Rebecca che non esce mai dalla sua stanza (Galatea Bellugi). Il cast comprende anche Giovanna Mezzogiorno e Michele Bravi: «Faccio uno spacciatore etero, quanto di più lontano da me», sorride il cantante, attore debuttante. A Venezia con gilet di cuoio nero, catene d’oro, i capelli scuriti per il film di Paolo Zucca Vangelo secondo Maria che sta girando in Sardegna, Benedetta, romana, 24 anni come il suo personaggio, offre una nuova prova di talento che fa crescere ulteriormente la sua carriera.
Cosa l’ha colpita di Amanda?
«Il fatto che il film affronti il tema attualissimo della solitudine: è aumentata dopo la pandemia e riguarda soprattutto noi giovani che viviamo all’insegna di un paradosso».
Quale?
«Siamo iperconnessi eppure sempre più isolati. La tecnologia da una parte ha accorciato le distanze dandoci più strumenti di informazione, dall’altra ha scatenato una reazione contraria e opposta: invece di sentirci più vicini siamo profondamente, irrimediabilmente soli. Me ne accorgo osservando la generazione di mio fratello Guglielmo che ha 17 anni».
E cosa vede?
«Al contrario di me, che alla sua età uscivo con gli amici, la sera lui se ne sta rintanato in casa passando tutto il tempo sui social e giocando alla playstation in collegamento con gli amici che non vede. È uno scenario distopico e mi fa paura. Abbiamo bisogno di aiuto».
Andrebbero eliminati i social, secondo lei?
«Non è nemmeno pensabile. Forse bisognerebbe utilizzarli per stanare i ragazzi di casa, cioè per promuovere il cinema, il teatro, l’arte. In una parola, per recuperare la socialità perduta. Altrimenti la generazione cresciuta con le piattaforme rischia di perdere la memoria culturale. Noi potevamo scegliere, i giovanissimi di oggi non più».
C’è qualcosa che la accomuna ad Amanda?
«L’ironia che senz’altro mi appartiene. L’irruenza e una certa malinconia. L’insofferenza per le caselle. E un senso di non appartenenza: come il mio personaggio, a volte non mi sento in linea con l’ambiente, mi ritengo inadeguata o non compresa».
E cosa fa per superare gli stati d’animo negativi?
«Proprio come Amanda, che combatte per uscire dall’isolamento, evito di sentirmi una vittima e lotto per andare avanti con ottimismo. Noi giovani non dovremmo essere mai depressi».