Il Messaggero, 6 settembre 2022
La lettera inedita di Camilleri ai genitori
«Mi giustificherete quando avrete saputo tutto e avrete appreso come io da tre giorni non faccia altro che dormire (non scherzo) ventiquattro ore su ventiquattro». Inizia così una lunghissima lettera che Andrea Camilleri, il papà del commissario Montalbano e di altri best seller, scrive ai genitori il 30 giugno 1953. Non ha ancora compiuto 28 anni e vive a Roma grazie anche all’aiuto economico di papà Giuseppe e mamma Carmelina, tanto da scrivere di essere felice del successo appena ottenuto, «sopratutto per voi: che avete sempre creduto in me compiendo sacrifici oltre ogni vostra possibilità e sono perfettamente conscio che non esiste misura in me per potervi ripagare». Il testo è uno dei tanti gioielli custoditi al Fondo Camilleri, inaugurato a giugno al quartiere Prati a Roma: 120 faldoni con diversissimi testi (60 regie, 30 copioni teatrali, 300 scenografie, adattamenti radiofonici e televisivi, foto di sala, di scena, recensioni, corrispondenze con gli autori delle opere, poesie quasi tutte inedite, oltre ai testi originali e alle sceneggiature di Montalbano). La Fondazione oggi martedì 6 il giorno in cui Camilleri avrebbe compiuto 97 anni se non fosse mancato nel 2019 – accoglierà per la prima volta il pubblico (prenotazione scrivendo a segreteria@fondoandreacamilleri.it) per presentare il volume in uscita lo stesso giorno Abbiamo fatto un viaggio. Racconto di una messa in scena. Ne parleranno la curatrice dell’archivio Patrizia Severi, lo scrittore Antonio Manzini e il raffinato editore Vincenzo Campo delle Edizioni Henry Beyle (che in catalogo ha già altre preziose chicche dell’autore siciliano, come questa in edizioni numerate e su carte di pregio).
IL RESOCONTO
Il documento del ’53 – finora inedito – è preziosissimo nello svelare le difficoltà cui va incontro lo scrittore siciliano e contemporaneamente le già chiare convinzioni stilistiche e i frequenti colpi di genio a cui ci avrebbe abituato decenni dopo. È un puntiglioso resoconto della messa in scena al Teatro Pirandello di Roma dell’opera di Raoul Maria De Angelis Abbiamo fatto un viaggio. Per la prima volta è lui il regista. Aiuto regista altra sorpresa – è Rosetta Dello Siesto – «una brunetta deliziosa», la descrive nella lettera che diventerà sua moglie qualche anno dopo. «Il testo della commedia scrive – non era bello, era il primo lavoro di un grosso romanziere che non sa però che cosa sia teatro: i suoi personaggi non erano di carne ed ossa, erano delle belle frasi. Riportarle al concreto, farle vivere respirare ed uccidersi è stato il mio merito maggiore: perché al pubblico non interessa nulla che un attore dica ti amo con belle e raffinate parole, gli interessa che l’attore soffra e dica quelle parole con verità e ci creda lui stesso e faccia sì che anche gli altri ci credano».
LA SORPRESA
Dalla lettera scopriamo che il bonario Camilleri (per come l’avremmo poi conosciuto) da giovane fu preda di improvvisi scatti d’ira. «Al rinnovato errore dell’attrice giovane (la bella Annina Manto) e sopratutto ad un suo tentativo di difesa scrive – divento una specie di bruto, mi precipito sul palcoscenico con tanto odio verso di lei che mi veniva di ammazzarla (non scherzo) e difatti di fronte agli attori terrorizzati con un pugno spacco in quattro il tavolo che serviva all’aiuto per prendere gli appunti. Ma mi calmo subito dopo, all’istante con un enorme sforzo di volontà. Offro da bere a tutti e riprendo la prova che dura fino alle due di notte (è stato l’unico scatto di nervi che ho avuto e me ne vanto). Ma mi accorgo che l’attrice giovane non regge alla parte (e non è né per la paura che si è presa né per il pianto convulso che si è fatto alla scenata) ma proprio non regge a tutta l’impostazione che le ho data. Dimodoché alle due lascio andare tutti e resto con Annina. Passo prima mezz’ora a confortarla e a tirarla su con tutti i modi (sì, miei cari, proprio con tutti che in certi momenti sono efficacissimi) e dalle due e mezzo di notte sino alle sette del mattino le rovescio l’impostazione precedente e gliene do un’altra più consona alle sue possibilità».
LA BATTUTA
Vincenzo Campo, l’anima della Henry Beyle, fa notare tra le righe della lettera proprio l’attenzione al «prendersi cura degli altri, lenirne le ansie o l’affanno, tendere la mano alla buona riuscita, e magari per sé confidare nel successo». E qui registriamo il cambiamento delle usanze quando Camilleri riferisce che il maggior critico dell’epoca, Silvio D’Amico, pur avendo commentato positivamente il lavoro sul giornale, personalmente «non si è congratulato, non può farlo, nessun critico può farlo». Tra i riferimenti al lavoro e quelli strettamente personali (per dire quanto sia dimagrito riferisce di «un mio attore napoletano, simpaticissimo, ieri, dopo avermi guardato attentamente davanti e dietro m’ha detto: Dottò, scusate, ma che per caso o culo l’avite lassato a casa?»), il volumetto è un goloso antipasto delle gemme da scoprire nella miniera del Fondo Camilleri, voluto dalle figlie Andreina, Elisabetta e Mariolina. «Oggi scriveva nel 2016 – nel linguaggio corrente quando parliamo di archiviare una storia intendiamo dire dimentichiamocela, mandiamola in una specie di buco nero dove tutto si perde. Ed invece gli archivi sono esattamente l’opposto. Gli archivi sono eternamente vivi perché rappresentano la memoria del nostro passato, una memoria palpabile che tutti possono verificare e controllare».