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 2022  settembre 05 Lunedì calendario

La Bbc compie cent’anni

Tanti auguri “zia” Bbc, o “Auntie Beeb”, come la vezzeggiò Peter Sellers. Il 18 ottobre la tv e radio pubblica britannica festeggerà un secolo di leggenda, da istituzione oltremanica e colosso soft power del Regno Unito nel mondo. Ma fino a quando durerà? Oggi zia Bbc ha tante rogne. Innanzitutto, un governo conservatore che vuole amputarla, con l’ex scrittrice rosa e ora controversa ministra della Cultura Nadine Dorries che, come affettuoso regalo di compleanno, ha annunciato il congelamento del canone (circa 200 euro) per due anni e il suo probabile bando dal 2027, dopo risorse governative tagliate già del 30% in 12 anni. Alternative di finanziamento? Buio pesto. Persino la nuova probabile prima ministra Liz Truss ha appena umiliato la British Broadcast Corporation lodando la destrorsa rete Gb News: «Voi sì che raccontate i fatti!».
Ma come? Un’offesa del genere alla gloriosa Bbc, così invidiata in tutto il mondo? Welcome to England.Certo, ai conservatori la tv pubblica non è mai piaciuta: prima accusata di essere “di sinistra”, ora “woke”, visto che di recente ha cancellato e “ripulito” programmi storici ma ora «razzisti» come dell’ex Monty Python, John Cleese. Thatcher la chiamò «maoista». Il marito Denis «British Bastard Corporation». Churchill, inizialmente censurato dalle rigide norme di imparzialità, un «covo di rossi». Per concludere con Boris Johnson, che prima del referendum del 2016 la ribattezzò “Brexit-Bashing Corporation”, ossia prevenuta contro gli euroscettici.
Il paradosso è che la povera Bbc viene contemporaneamente accusata dagli europeisti di essere terrorizzata dai brexiter, e oramai di non occuparsi più delle conseguenze dell’uscita dall’Ue in nome dell’armonia sociale. Un’ altra accusa ricorrente è di «confondere imparzialità con neutralità», come ci dice lo scrittore bestseller ed ex giornalista Robert Harris. Ovvero avere il terrore di analizzare e commentare le notizie, dopo averle riportate nella maniera più oggettiva possibile.
Non è un caso che Andrew Marr, per molti anni la star del talk show politico della domenica sulla Bbc, abbia fatto le valigie l’anno scorso, passando alla rivale Lbc, che infranse il monopolio radio della “Beeb” nel 1973. Non è il solo: Nigel Reeds, Jon Sopel o Emily Maitlis, colonna diBbc Newsnight e autrice della indimenticabile intervista al Principe Andrea, che si è congedata salacemente, così: «C’è un agente conservatore che sta rivoltando la Bbc», ha denunciato, ossia Robbie Gibb, ex capo delle comunicazioni di Theresa May e oggi nel board Bbc.
Insomma, se prima la “Beeb” era l’approdo a un’isola felice, ora molti si sentono naufraghi e fuggono. Purtroppo anche giovani. Astri nascenti ventenni o trentenni come Dino Sofos e Sophia Smith Galer sono passati a Global o Vice perché, a quanto pare, zia Bbc soffocava le loro ambizioni. E la concorrenza aumenta: dopo Sky News, lo squalo Rupert Murdoch ha lanciato Talk Tv, una “Fox News” britannica, e un’altra rete di destra, la Gb News lodata da Truss, ringhia ogni giorno contro la “woke” Bbc. Senza contare le agguerrite Lbc, Itv, Channel 4 o le americane Netflix e Disney on demand.
Davvero la leggendaria Bbc, collante secolare di un Paese come ha scritto David Hendy nell’agiografico A People’s History, merita tutto questo? Eppure, da un secolo è fonte inestimabile per «informare, istruire e intrattenere», come da suo motto. La sua prima, informale trasmissione partì nel 1920 nell’inglese Chemsford, dalla Wireless Telegraph Company di Guglielmo Marconi. Da allora è stata la prima a lanciare le news in tv nel mondo, oggiresta l’aggregatore di notizie più imponente del pianeta e ovunque ha incarnato libertà e democrazia, sin da quel drammatico appello di De Gaulle alle 22 del 18 giugno 1940.
E come dimenticare la luce e la speranza che la British Broadcast Corporation ha seminato nell’Italia fascista con Radio Londra e Harold Stevens alias il “Colonnello Buonasera” che dalla candida Bush House trasmetteva i messaggi segreti alla resistenza («il maggiore con la barba», «la gallina ha fatto l’uovo»). E poi le gemme con cui Zia Beeb ci ha viziato nei decenni, con 20 milioni di programmi complessivi, nonostante tagli e rivoluzioni recenti: i magnifici documentari di Sir David Attenborough, i Monty Python, Top of the Pops, i concerti dei Beatles e l’incoronazione di Elisabetta, le appstraordinarie odierne per riascoltare la mostruosa offerta quotidiana, fino a Iggy Pop che ancora oggi mette i dischi di notte su Radio 6.
Quando si arriva per la prima volta nella redazione centrale della Bbc, a Marleybone, scorrono brividi: un enorme open space con centinaia di giornalisti che emettono una travolgente volontà di potenza; i presentatori che si affrettano ad andare in onda; un caos calmo e inappuntabile. Fuori, nel bar pubblico, scrittori e vip. E poi la religiosa statua di George Orwell, pure lui ex giornalista Bbc durante la Seconda Guerra Mondiale, con l’immortale epitaffio: «Se la libertà ha un senso, questo è il diritto di raccontare alle persone ciò che non vogliono sentirsi dire».
Certo, la Bbc era controllata da governo e MI5 prima dell’emancipazione, è stata accusata di essere “londrocentrica” persino da Virginia Woolf, il servizio Bbc World (che oggi raggiunge 468 milioni di persone a settimana in 42 lingue) è stato a lungo finanziato dal Foreign Office. E negli anni la Bbc ha commesso errori, come tutti: l’inchiesta Hutton sulla guerra in Iraq, l’omertà sul deejay e pedofilo seriale Jimmy Saville, l’intervista estorta a Lady Diana nel 1995 con l’ atroce inganno. Ma che mondo sarebbe senza la Bbc? Di certo, peggiore. Come il suo primo presidente, il calvinista scozzese John Reith, che celebrò la fine del lacerante sciopero generale del 1926 leggendo Gerusalemme di William Blake, si spera che anche la Bbc trovi di nuovo pace «nella terra verde e piacevole d’Inghilterra».