La Stampa, 5 settembre 2022
Salvini punta sul Nord Est che fa affari con la Russia
Per recuperare il terreno perduto Matteo Salvini alza i toni sulle sanzioni. C’è da colmare una distanza sempre più grande con Giorgia Meloni e quindi la strategia è cercare di raccogliere quello che Fratelli d’Italia sta lasciando per strada: i consensi degli italiani spaventati dalla crisi e magari anche quelli della destra più radicale e tradizionalista. L’operazione volta a rassicurare mercati finanziari e cancellerie internazionali che la leader di FdI sta portando avanti da almeno un mese concede infatti alla Lega un’opportunità per colmare l’eventuale vuoto lasciato a destra.
Le critiche di Matteo Salvini alla politica estera del governo si spiegano in vari modi. E non si tratta soltanto di calcoli elettorali. Ieri il leader della Lega ha parzialmente frenato, prima in un intervento alla radio, poi davanti alla platea di Cernobbio e infine in tv da Lucia Annunziata, spiegando che si tratta soltanto di «aprire una discussione», eppure non c’è dubbio che in questi giorni in campagna elettorale abbia alzato i toni sulle sanzioni. E dall’agenda arriva un altro indizio: oggi il segretario federale sarà a Treviso e poi nella provincia di Udine, nel cuore di quel Triveneto che più degli altri sta pagando gli effetti delle sanzioni e dove negli anni passati alcuni esponenti leghisti hanno mostrato vicinanze anche imbarazzanti al regime Putin. I tre aspetti, quello puramente elettorale, quello economico e quello, per così dire, ideologico stavolta coincidono. Contro le sanzioni si potrebbero saldare, specie in Veneto, le pulsioni della destra tradizionalista legata alla Russia e i risentimenti degli imprenditori che temono, con molte ragioni, per il futuro delle proprie aziende.
Il ragionamento che in questi giorni hanno fatto i fedelissimi di Salvini è il seguente: le posizioni iper atlantiste di Giorgia Meloni, ribadite ieri al Forum Ambrosetti, lasciano degli spazi, e il vuoto in politica si riempie. Come? Per il leader leghista c’è tutta una fascia di elettori, in particolare di centrodestra, che non condivide l’appoggio incondizionato alla Nato da parte di Fratelli d’Italia. Il senatore Giovanbattista Fazzolari, uno dei più ascoltati consiglieri di Meloni, implicitamente lo riconosceva negli scorsi giorni: «Noi non avremmo perso voti se avessimo avuto un atteggiamento diverso sulla guerra. Quindi non c’è nessuna convenienza nelle nostre posizioni». Insomma, uno spazio c’è. E la conferma arriva anche da un sondaggio di Termometro Politico secondo il quale più della metà degli italiani, il 51,1 per cento, esprime dei forti dubbi sulle sanzioni, non lo avremmo mai dovute mettere (il 28%) o comunque vanno attenuate (il 23,1%). Percentuali che aumenteranno man mano che gli effetti degli aumenti del prezzo del gas e dell’inflazione in genere si faranno sentire in maniera più drammatica.
Nella Lega regna un certo sconforto, la parole d’ordine è «limitare i danni», la consapevolezza che il vantaggio di Meloni sia incolmabile è ormai piena, ma un conto è restare di 10 punti e un altro è se il distacco fosse molto più ampio, uno scenario il secondo che complicherebbe di molto il potere negoziale del Carroccio nella formazione del prossimo governo.
Nel Veneto, dove oggi arriverà Salvini, le critiche alle sanzioni non sono una novità. Il governatore Luca Zaia, pur non avendo avuto tentennamenti sul collocamento atlantico dell’Italia, ha lanciato l’allarme già molti mesi fa: «Il nostro livello di resistenza e di sopportazione alle conseguenze delle sanzioni sarà, sicuramente, di gran lunga inferiore a quello dei russi» diceva a maggio. Se il presidente ha denunciato con parole nette l’aggressione subita dall’Ucraina, alcuni esponenti del partito sono finiti nella lista nera di Kiev per aver appoggiato l’occupazione russa della Crimea e non solo. C’è il deputato veronese Vito Comencini (non ricandidato) al conterraneo Palmerino Zoccatelli dell’associazione Veneto-Russia e il consigliere regionale Stefano Valdegamberi. Nel 2016 il consiglio regionale veneto votò una risoluzione contro le sanzioni per l’invasione della Crimea, un testo che venne fatto proprio da altre assemblee regionali guidate dal centrodestra. Il Veneto, spina nel fianco di Salvini, oggi potrebbe diventare un’opportunità.