Corriere della Sera, 4 settembre 2022
La domenica di Sconcerti
Mario Sconcerti
È stata una bellissima partita, piena di gesti tecnici, di falli e di gol. Con il Milan che ha dominato per lunghi momenti del primo tempo e a inizio ripresa, finendo poi per andare quasi in panico nel finale. Hanno deciso Leao e Tonali, ognuno dei quali ha dominato il suo raggio d’azione. Non ha funzionato De Ketelaere sperduto nell’agonismo generale e in difficoltà nel trovare un senso alla marcatura di Brozovic. Ma non c’è partita quando Leao trova tutta la sua facilità nel saltare l’uomo. L’equilibrio del Milan viene poi ritrovato nel moltiplicarsi di Tonali e nel senso del gioco di Bennacer. Questo desta quasi stupore perché il Milan non era messo benissimo in campo. La leggerezza di Messias e De Ketelaere lo portava in continua inferiorità numerica in tante zone del campo. De Ketelaere mostra qualità evidenti ogni volta che tocca un pallone, ma non è questo in discussione. Il giudizio su di lui non è nel tempo, è in quello che doveva fare in partita e non ha fatto. Il vantaggio dell’Inter ha quasi aiutato il Milan perché ha abbassato l’avversario finendo per dare a Pioli un’idea obbligata di partita. Come spesso accade, la confusione ha portato spettacolo e gol. Non ho capito l’assenza di Dzeko nell’Inter, Correa non ha l’anima per queste partite. L’altro assente è stato Dumfries, nervoso e incapace di capire la sua partita tra Theo e Leao. Ma sono mancati soprattutto i più talentuosi, Barella e Calhanoglu, dominati dagli avversari diretti. L’Inter è stata quasi tutta nella differenza di Dzeko che ha da solo rimesso in linea la partita e spinto nel gioco Lautaro. In fondo a una gara indubbiamente meritata dal Milan si ha così la sorpresa di trovare Maignan secondo migliore in campo dopo Leao. Non ho visto due squadre corrette, equilibrate, forse in un derby non è possibile. Ho visto una grande partita a inseguirsi fra avversari che devono finire di capirsi. L’Inter fa più fatica a prendere qualità nella lotta, prende tanti gol e impiega molto a darsi spessore. Il Milan ha fasi di gioco sconosciute in Italia, soffoca gli altri e paga in fatica. Intanto la Juve quasi non gioca a Firenze, poche volte passa la metà campo, Di Maria è sostituito a metà gara, Milik usa l’unica occasione. La Juve sembra staccarsi dal gruppo con andamento lento, da vecchio signore di campagna, come se il destino del mondo non la riguardasse più. E forse è così.