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 2022  settembre 04 Domenica calendario

L’ultimo saluto a Gorbaciov

Rosalba Castelletti per la Repubblica

Ci siamo messi in fila anche noi, con i familiari e gli amici, con la babushka col fazzoletto in testa e il ragazzino con un garofano rosso in mano, e abbiamo gettato anche noi la nostra manciata di terra umida sulla bara di legno chiaro inghiottita dall’oscurità della fossa scavata di fresco. Mikhail Gorbaciov non avrebbe voluto riposare in nessun altro posto che qui. Nel cimitero del monastero di Novodevichij, accanto alla moglie Rajssa, la «donna che amava più del potere» e che piangeva da 23 anni. Quando l’hanno calato nella nicchia sulle note della Ballata del soldatodi Vasilij Soloviov-Sedoj, il pomeriggio si è rannuvolato di colpo e per appena qualche minuto è scesa una pioggerellina sottile, come se neppure il cielo riuscisse a trattenere le lacrime. Quello di Gorbaciov non è stato soltanto il funerale di un uomo che voleva cambiare il suo Paese e ha finito col cambiare il mondo, che era a capo di un Impero e ci ha rinunciato. È stato il funerale di una Russia che già da troppo tempo si sente orfana della libertà e della speranza, ma che almeno per un giorno si è data appuntamento in silenzio.
Per l’addio all’ultimo leader sovietico non ci sono stati onori di Stato, né lutto nazionale. E non ci sono state parole. Soltanto una processione di russi composti con i fiori in mano. Si sono messi in fila sin dal mattino al lato del teatro Bolshoj. Dapprima poche centinaia, poi qualche migliaio. Non una folla oceanica, ma una moltitudine che a Mosca non si vedeva da tempo. Evgenija Ganijeva, 40 anni, avrebbe voluto che ce ne fosse ancora di più. «Ma è confortante stare per un giorno in mezzo a brava gente senza rischiare il carcere». Elena Ponomariova, 54 anni, indossa i colori della bandiera ucraina gialloblu: «Viviamo in tempi nuvolosi, ma siamo qui per salutare il nostro sole politico del XX secolo». Sono quelli che Vladimir Putin chiama “traditori”. Per omaggiare il Nobel per la pace che scongiurò una guerra nucleare, sfilano sotto un telone che ricopre una facciata dov’è scritto a caratteri cubitali Zadachu Vypolnim ,“Completeremo la nostra missione”,con la Z e la V simbolo dell’offensiva in Ucraina. Superano le transenne e i metal detector che li separano dalle spoglie dell’uomo che in vita abbatté il muro di Berlino e la cortina di ferro, le barriere fisiche e virtuali. Tra gli stucchi verde pastello della Casa dei Sindacati, li accoglie un ritratto di Gorbaciov in piedi e sorridente, a ricordare l’allegro vigore che lo distinse da predecessori grigi e malati. Infine, salito lo scalone monumentale tra specchi coperti da un velo nero d’organza, entrano nella Sala delle Colonne rischiarata dal fioco bagliore di 54 lampadari dove giace l’ultimo gigante del XX secolo affiancato da una guardia d’onore. Un drapponero sul catafalco, rose rosse ai piedi della bara e un fiotto di luce bianca che fa di cera il volto largo e disteso. È l’unica cosa che sporga da un lenzuolo di raso bianco damascato. L’ultima immagine che resta dell’uomo che barattò la potenza con le libertà. Da un lato un ritratto e le onorificenze, dall’altro la figlia Irina e le nipoti sedute tra gli amici più cari. Come Muratov, il direttore di Novaja Gazeta .
La gente depone fiori e si inchina in silenzio. In fila c’è anche Serghej Buntman, cofondatore diEco di Mosca , la “radio della perestrojka” costretta a interrompere le trasmissioni lo scorso marzo: «Gorbaciov hacambiato le nostre vite. Eravamo soffocati. Ci ha dato il respiro. Spero che quei tempi ritornino». E Jan Racinskij, capo dell’ong Memorial chiusa dopo trent’anni: «Tutto questo lo rattristava, ne sono sicuro. Ma la sua eredità è impossibile da cancellare». Andrej Zubov, copresidente del partito Parnas è contento di sfilare con giovani che negli Anni ’90 non erano nati, ma rammaricato perché «nel ’53 per un dittatore come Stalin c’erano milioni di persone, per l’uomo che ci diede la libertà ce ne sono migliaia ». Su una sedia a rotelle arriva anche Suzanne Massie, la storica Usa che preparò Ronald Reagan ai suoi incontri con Gorbaciov: «Ricordo ancora quella volta che Mikhail Sergeevic intonò alla Casa BiancaMezzanotte a Mosca ».
La sala è la stessa che ospitò i balli della nobiltà sotto gli Zar e i Congressi del Partito sotto l’Urss. E dove giacquero tutti gli altri segretari generali dell’Unione Sovietica per le esequie solenni. Per tutti i suoi predecessori, tranne per il defenestrato Krusciov, ci furono funerali di Stato e lutto nazionale. Non per Gorbaciov. Putin ha voluto svilire così il leader che, cambiando l’Urss, ne accelerò la caduta e distanziarsi da quell’eredità: negando gli onori e la sua presenza. Trattenuto dai troppi “impegni”. Soltanto l’ex premier e presidente Dmitrij Medvedev porta i suoi omaggi. E di tutti i leader stranieri l’ungherese Viktor Orbán.
Chiusa la camera ardente, salutata da applausi e qualche Spasibo , la bara viene caricata sul carro funebre. Ad attenderla tra i viali cosparsi di rami d’abete del cimitero di Novodevichij, c’è un’altra folla commossa. L’aria si riempie d’incenso e del tintinnio del turibolo mentre il sacerdote recita il servizio funebre sotto un tendone nero allestito, ultima nemesi, proprio davanti alla tomba di Eltsin, Poi la bara viene accompagnata da guardie a passo d’oca e calata nella fossa al suono dei tre spari di commiato e dell’inno russo. La gente si rimette in fila. Fa scivolare la terra nella buca. Il posto che Gorbaciov ha scelto per il riposo. E che dice tuttodi lui.



Giovanni Pigni per La Stampa
Erano migliaia i moscoviti a fare la fila sabato mattina nell’attesa di dare un ultimo saluto a Mikhail Gorbaciov. I funerali dell’ultimo leader dell’Unione Sovietica si sono tenuti nella Sala delle Colonne della Casa dei Sindacati, non lontano dal Cremlino: un luogo che ha ospitato i funerali di altri leader storici come Josif Stalin e Leonid Brezhnev. A Gorbaciov, spentosi lo scorso 30 agosto all’età di 91 anni dopo una lunga malattia, sono però stati negati gli onori di un funerale di Stato vero e proprio: solo alcuni «elementi» della cerimonia ufficiale erano presenti, come la guardia d’onore che accompagnava il feretro.
Dopo la cerimonia, durata circa quattro ore, il leader sovietico è stato sepolto nel cimitero storico di Novodevichy, accanto alle spoglie della moglie Raisa. Una cerimonia tutto sommato modesta, in evidente contrasto con i funerali di Boris Yeltsin, il successore di Gorbaciov deceduto nel 2007: in quell’occasione fu organizzata una pomposa cerimonia nella Cattedrale di Cristo Salvatore e venne dichiarata giornata di lutto nazionale. Ma soprattutto, nei funerali di sabato era impossibile ignorare l’assenza del presidente russo Vladimir Putin, che, come ha riferito il Cremlino, non ha potuto presenziare a causa della sua «agenda di lavoro». Per compensare, Putin ha visitato la salma di Gorbaciov due giorni prima nell’Ospedale Clinico Centrale di Mosca: la televisione di Stato ha ritratto il presidente mentre posava delle rose rosse accanto al feretro aperto del defunto leader. Tra i pochi rappresentanti dell’élite politica presenti al funerale c’era il vicepresidente del Consiglio di Sicurezza Dmitry Medvedev e l’ex primo ministro Sergei Stepashin.
La freddezza con la quale la Mosca ufficiale ha salutato Gorbaciov riflette l’eredità divisiva dell’ultimo leader sovietico nella Russia contemporanea: celebrato dall’intellighenzia liberale come un campione della pace e dei valori democratici, Gorbaciov è ricordato da una parte consistente del popolo russo come il responsabile del crollo dell’URSS e dei successivi anni di turbolenza economica e politica. Pochi giorni prima del funerale, Putin aveva ricordato «l’influenza enorme» esercitata da Gorbaciov sulla storia mondiale, ma si era astenuto dall’elogiarne l’operato politico. Una presa di distanza che non sorprende: Putin ha definito il crollo dell’Unione Sovietica «la più grande catastrofe geopolitica del ventesimo secolo» e ha dedicato buona parte della sua presidenza ad invertire l’operato di Gorbaciov. Mentre il leader sovietico aveva introdotto riforme democratiche e contribuito alla fine della Guerra Fredda, Putin ha lavorato per ripristinare lo status di grande potenza della Russia al prezzo di un nuovo conflitto con l’Occidente e di una torsione autoritaria all’interno del Paese.
«La missione di Putin è recuperare e rinforzare tutto quello che Gorbaciov ha lasciato andare», ha scritto Andrey Kolesnikov, senior fellow presso il Carnegie Endowment for International Peace di Mosca, in un commento in occasione dei funerali di sabato. «Putin abolisce i diritti e le libertà, Gorbaciov li concedeva», ha continuato Kolesnikov. Appare simbolico che Gorbaciov si sia spento proprio quando una nuova cortina di ferro sembra essere calata tra la Russia e il mondo Occidentale.
A sottolineare l’isolamento diplomatico della Russia, nessun leader occidentale era presente al funerale di Gorbaciov, fatta eccezione per il premier ungherese Viktor Orban. Sulla facciata di un edificio accanto al luogo del funerale campeggiava un enorme manifesto di propaganda con la scritta «Porteremo a termine la missione», riferimento all’«operazione militare speciale in Ucraina». Snobbato dalle autorità, il funerale è stata una rara occasione di raduno per quella parte della società russa che, ora come non mai, rimpiange il periodo di apertura e di libertà che aveva caratterizzato l’epoca di Gorbaciov. Per il politologo Kolesnikov la cerimonia avrebbe assunto il carattere di una «protesta silenziosa e triste» contro il regime di Putin. Ai funerali di Gorbaciov, «la gente ha seppellito le proprie speranze e libertà», ha scritto Kolesnikov. —