la Repubblica, 4 settembre 2022
Gli errori dei sondaggi
Le elezioni sono in calendario a fine mese, ma in realtà le abbiamo già tenute. Anzi: le celebriamo ogni giorno, più di una volta al giorno. Sua Maestà il Sondaggio, ecco il potere che ormai governa la democrazia. Come scrisse a suo tempo Mark Hertsgaard, “cinquecento americani vengono continuamente interrogati per dire a noi, cioè agli altri 250 milioni di americani, quello che dobbiamo pensare”. E il pensiero registrato dai sondaggi, alla vigilia di quest’ultima elezione, è assolutamente univoco: vince la destra, e di gran lunga. E fra i leader di destra, vince di gran lunga Giorgia Meloni. Il risultato è scritto, e allora perché mai dovremmo sobbarcarci la fatica di votare?Eppure lo sappiamo, dovremmo ormai saperlo, che i sondaggi sono spesso menzogneri. Alle presidenziali americane del 2016 era data in vantaggio Hillary Clinton; e vinse Trump. Nello stesso anno i sondaggisti hanno fatto cilecca sulla Brexit, prevedendo la vittoria del remain sul leave. Quanto all’Italia, possiamo rievocare il referendum costituzionale indetto dal governo Renzi, quando vennero sottostimate sia l’affluenza che la distanza fra il No e il Sì. Le europee del 2019, con il Movimento 5 Stelle che raccolse 6 punti percentuali in meno rispetto ad ogni previsione. Le regionali in Puglia del 2020 (era pronosticato un testa a testa; vinse Emiliano con 8 punti di vantaggio). O infine possiamo riferirci alle Politiche, per restare sui binari delle prossime elezioni. Nel 2013, stando alla media dei sondaggi, i 5 Stelle avrebbero dovuto essere il terzo partito; furono il primo. Nel 2018 Forza Italia era stimata davanti alla Lega; accadde il contrario.Insomma, la storia dei sondaggi è costellata d’errori.Perfino l’American Institute of Public Opinion – fondato nel 1935 da George Gallup, il padre delle indagini d’opinione – ha mancato tutte le previsioni elettorali dell’ultimo decennio. E tuttavia, pure quando sbagliano, i sondaggi dispiegano la loro formidabile potenza. Perché falsano la campagna elettorale, e dunque lo stesso esitodel voto. Per esempio: quanti consensi attirerebbe la lista di Paragone – ora stimata attorno al 3 per cento – se viaggiasse su uno zero virgola? Il “voto utile” dipende dalla soglia di sbarramento; e la soglia viene misurata dai sondaggi. Da qui, per fare un altro esempio, l’idea d’un confronto in tv da Bruno Vespa fra Letta e Meloni, i due principali antagonisti; idea bocciata in nome della par condicio, ma a sua volta basata unicamente sui sondaggi, dato che nel Parlamento uscente le truppe di Fratelli d’Italia valgono il 4 per cento appena.In conclusione: le indagini d’opinione costituiranno pure una risorsa, ma sono altresì un problema. Per le ragioni illustrate da Rodotà: la frenetica consultazione dei sondaggi da parte dei politici frena le decisioni impopolari, anche quando sono le più giuste. E per le ragioni aggiunte da Sartori: in un sondaggio (così come in un referendum) chi formula il quesito è ben più determinante di chi dovrà rispondergli. Difatti basta rovesciare l’ordine dei nomi per ottenere un esito diverso. Ne è prova un sondaggio Roper del 1988 sui candidati alle presidenziali americane: quando Dukasis (il candidato democratico) era menzionato per primo, il suo avversario Bush finiva sotto di 12 punti percentuali; invertendo l’ordine, lo scarto si riduceva a 4 punti.Ciò nonostante, in queste settimane ogni sondaggio è una notizia, anzi il titolo d’apertura nei giornali e nei tg. Sicché il campione si sostituisce all’universalità del corpo elettorale, rinvigorendo una vecchia idea di Berlusconi: nel 2009 lui propose di far votare in Parlamento soltanto i capigruppo, per risparmiare tempo. Sta succedendo adesso, non fra gli eletti bensì fra gli elettori. Ciascuno contempla la propria immagine riflessa nello specchio deformante dei sondaggi, e se ne fa sedurre: il sondaggio è una profezia che si autoavvera. La via di scampo? S’aprirà il 10 settembre, quando per legge ne verrà vietata la pubblicazione. Coraggio, manca poco.