Corriere della Sera, 4 settembre 2022
Eltsin e Gorbaciov
Credo di comprendere le ragioni per cui molti russi hanno accolto la morte di Mikhail Sergeevic Gorbaciov con freddezza. Per noi è l’uomo che ha messo fine alla guerra fredda, stretto rapporti cordiali e positivi con tutte le democrazie occidentali (fece una eccellente impressione sulla signora Thatcher, durante un viaggio a Londra), tessuto utili relazioni personali con i maggiori leader del pianeta, aperto i mercati del suo Paese al commercio internazionale. Per molti russi, invece, Gorbaciov sarebbe responsabile della disintegrazione dell’Unione Sovietica. L’accusa è discutibile, ma non priva di qualche verità.
La dissoluzione cominciò quando Gorbaciov, cedendo alle insistenze di Boris Eltsin, firmò il decreto che aboliva il partito comunista dell’Unione Sovietica. Era certamente vero che il partito aveva paralizzato l’intero Paese con le sue catene ideologiche e con la sua puntigliosa burocrazia. Ma era altrettanto vero che il partito era la spina dorsale del Paese.
Ricordo ancora la breve cerimonia televisiva che permise ai cittadini sovietici di assistere alla morte del loro Stato. Gorbaciov era affaticato, forse preoccupato, confuso e smarrito, mentre Eltsin, con un tono padronale, spingeva bruscamente attraverso la scrivania il documento su cui l’infelice compagno avrebbe apposto la sua firma.
Da quel momento la Russia smise di essere la grande casa che aveva accolto fra le sue mura numerosi gruppi etnici uniti dalla fede comunista.
Un altro colpo mortale fu inflitto al Paese quando fu deciso di privatizzare le aziende statali. Per realizzare questo disegno ed evitare che il cittadino russo cadesse nuovamente tra le braccia del comunismo, fu deciso che tutti sarebbero diventati proprietari. L’obiettivo era chiaro ma l’applicazione avrebbe richiesto una maggiore gradualità. Per aumentare il numero dei proprietari fu deciso che ogni cittadino russo avrebbe ricevuto una somma di voucher (noi diremmo «buoni») con cui avrebbe comperato il maggior numero possibile di azioni. Ma a questo punto entrarono in scena persone abili e spregiudicate che comperavano voucher per farne azioni. E in tempi relativamente brevi la vecchia patria del comunismo divenne un mercato di voucher. Le aziende in questo modo finirono nelle mani di pseudo industriali che erano in realtà spregiudicati avventurieri. Una delle ricadute impreviste di questo fenomeno fu quindi una diffusa criminalità e una legione di nuovi ricchi, veri corsari, che compravano case nelle riviere mediterranee, gestivano casinò o costruivano lussuose ville là dove il cittadino si sarebbe accontentato di una modesta dacia nei sobborghi di Mosca.
Il regista di questa operazione non fu Gorbaciov e le responsabilità, se mai, furono piuttosto di Eltsin. Ma era Gorbaciov che aveva messo in moto la macchina della modernizzazione post- sovietica e i russi sembrano considerarlo non meno colpevole del suo successore alla guida del Paese.