il Fatto Quotidiano, 4 settembre 2022
La Rai non paga i diritti, protesta anche Vessicchio
Un contenzioso da oltre 5 milioni di euro che potrebbe nasconderne uno ancora più grande. Un’immagine poco edificante per la più grande aziende editoriale del Paese, tra l’altro a guida pubblica, che nella migliore delle ipotesi non ha ben chiaro cosa succeda nei suoi interstizi mentre si apre un conflitto con autori musicali di un certo prestigio. Un problema che, assicura chi sta seguendo il dossier, potrà diventare ancora più grande rivelando non solo malfunzionamenti ma anche comportamenti poco chiari.
La vicenda dei diritti musicali connessi, che la Rai non avrebbe finora pagato, ha portato l’Afi, l’Associazione fonografici italiani, la più antica associazione nata nel 1948, a ricorrere in Tribunale con un ricorso finalizzato a chiedere un decreto ingiuntivo per la cifra di 5,6 milioni di euro.
Di che si tratta? La legge sul diritto d’autore, la 633 del 1941, tutela sia il diritto d’autore, cioè tutto quello che è riferibile all’opera dell’ingegno, che i “diritti connessi” cioè il diritto di sfruttamento economico dell’opera registrata su supporto fisico o digitale (ad esempio l’interpretazione eseguita dall’artista grazie all’investimento e all’organizzazione imprenditoriale di un produttore).
Stiamo parlando di una gran quantità di musiche, anche molto brevi, non necessariamente note al grande pubblico, che corredano le tante trasmissioni tv: sigle di testa e di coda, brani eseguiti per illustrare un gioco, introdurre un ospite, costituire uno stacco musicale. Chiunque conosca la televisione quotidiana sa che si tratta di una ingente quantità musicale trasmessa e, necessariamente, eseguita, interpretata e avente diritti fonografici in capo alle associazioni di settore.
L’Afi rivendica di aver stipulato con la Rai un “contratto per la utilizzazione e la riproduzione di fonogrammi tramite emissioni radiotelevisive e per l’utilizzazione di nastri fuori commercio e videomusicali tramite emissioni televisive” del 1 agosto 2013 e prorogato poi fino al 2020. Contratto che secondo l’Afi è addirittura “ancora applicabile” in attesa della sottoscrizione di una nuova convenzione.
In forza di tale contratto la Rai ha utilizzato nell’ambito della propria programmazione televisiva “le registrazioni fonografiche di titolarità degli associati/mandanti di Afi”. Insomma, compositori, autori, esecutori dei vari brani.
Il problema è che risalire a questa mole di produzioni musicali molto variegata non è semplice. La Rai dovrebbe garantire questi diritti utilizzando RaiTeche che, ricevendo il flusso di dati dai responsabili dei vari programmi, identifica gli aventi diritto e quindi i beneficiari. Il problema, spiega chi conosce i meccanismi, è come viene regolato questo flusso, chi compila davvero l’elenco dei brani soggetti ai diritti connessi e come viene fatta la trasmissione dati.
Un elenco ufficiale sembrerebbe non esistere e quindi l’Afi ha effettuato le proprie rilevazioni, come stabilito dal contratto, andando a cercare tutti i brani sottoposti al vincolo economico e ha quindi chiesto, passati 120 giorni e senza ricevere una segnalazione di infondatezza da parte della Rai, il pagamento di quanto dovuto.
Da quanto si riesce a ricostruire tramite l’associazione le richieste di pagamento sono state diverse e reiterate nel tempo e i diritti rivendicati sarebbero stati riconosciuti finora solo con il pagamento di una vecchia fattura pari a 1,6 milioni di euro. Ma resta ancora un contenzioso che Afi ha condensato in una fattura emessa il 3 agosto scorso dell’importo di 4.606.791,46 euro più 1.013.494,12 di Iva per un totale di 5.620 mila euro.
Questo è il conteggio presentato dall’Afi, ma il contenzioso potrebbe essere più ampio e alcune stime, del tutto ufficiose e non confermate, lo valutano in circa 27-28 milioni. Da qui il ricorso presentato al Tribunale di Roma e di cui si attende la decisione del giudice nei prossimi giorni.
Tra i nomi degli associati Afi e che sono coinvolti in questa mancanza di pagamenti ci sono compositori di prestigio che hanno lavorato una vita nei programmi Rai come lo scomparso Angelo Talocci (un centinaio di produzioni tra film, serie tv, documentari), Daniela Cestana fino agli eredi di una vecchia gloria come Tony Cucchiara. Un contenzioso rilevante riguarda anche un non associato Afi che pure ha rivendicato il mancato pagamento di molte delle sue interpretazioni, il maestro Beppe Vessicchio. Il quale, si può notare, da quando ha avviato questo contenzioso è praticamente scomparso dagli schermi Rai e in particolare dalla trasmissione a cui tutti lo associano, il Festival di Sanremo. Alla sua causa hanno aderito oltre all’Afi, anche altre associazioni.