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 2022  settembre 04 Domenica calendario

Biografia di Alessandro Borghese raccontata da lui stesso

In primavera aveva scatenato un gran casino, sui social e non solo, dicendo pubblicamente che i giovani di adesso non hanno voglia di sacrificarsi e che all’inizio di un percorso professionale si può anche lavorare senza essere pagati. Adesso che l’estate è quasi finita, e Alessandro Borghese, 45 anni, sta per tornare in tv con Celebrity Chef - in onda da lunedì su Tv8, dal lunedì al venerdì, alle 19.10 - la chiacchierata parte proprio da lì. Il tema è sempre più scottante.
Questo programma è ambientato nel nuovo ristorante che ha appena aperto a Venezia: il personale come l’ha trovato?
«Non è stato facile. Ho fatto tantissimi colloqui. Tanti dicevano di essere in un modo e poi erano tutt’altro. Alcuni hanno iniziato e dopo poco tempo hanno mollato. Il mondo del lavoro oggi è così».
Quindi ribadisce che il problema giovani c’è?
«Nella ristorazione è cambiato tutto, i ragazzi hanno esigenze diverse rispetto al passato, che io cerco anche di capire. Parlo di orario, formazione, facilitazioni sanitarie. Di sicuro è e resta un lavoro molto impegnativo che si fa la sera, il sabato e la domenica, le feste comandate... Si deve sceglierlo per passione e non solo per soldi, che per fortuna ci sono e non sono pochi».
Quanto guadagnano i suoi collaboratori?
«Dipende dalle mansioni e dal curriculum». 
Quindi?
«Conta quello che uno sa fare: se uno mi dimostra il suo valore, io glielo riconosco. Ma non si possono avere pretese senza essere all’altezza».
Ripeto: quanto?
«Da un minimo di 1400-1500 euro per un lavapiatti fino a 3-4 mila e oltre. Sono cifre in linea con il mercato dei ristoranti di un certo livello. Comunque sono stato fortunato: ho messo su una squadra composta sia da giovani che hanno voglia di crescere sia da altri più formati».
Lei è naturalmente simpatico, non è che in cucina si trasforma e fa quelle scene imbarazzanti fra il sadico e il patetico di certi suoi colleghi?
«Non amo quel genere di cose, né in cucina né in tv. Parlo, al massimo discuto e basta. Da giovane, però, ero fumantino». 
Il suo ristorante è a Palazzo Vendramin Calergi, un gioiello del ‘400 con ingresso diretto dal Canal Grande: come c’è arrivato? 
«Dopo aver saputo di un bando comunale. Il sindaco voleva riaprire la sede storica del casinò, il più antico del mondo. Ho mandato un progetto e ho vinto il diritto a starci almeno dodici anni».
L’ha chiamato “AB - Il lusso della semplicità”: che significa? Sembra una delle tante supercazzole degli chef.
«Cucina accessibile: ingredienti semplici cucinati in maniera lussuriosa».
Lussuriosa?
«Sì».
Quanto si spende?
«Una cena standard da 85-90 a 120 euro».
Che ne pensa della pizza a 60 euro di Briatore e la polemica sulla qualità degli ingredienti, il costo e via dicendo?
«Sono polemiche sterili. Ognuno faccia quello che vuole: nessuno obbliga la gente ad andare in questo o quel locale».
Lei vive a Milano, quando va a Venezia?
«Dipende dagli impegni. Ho imparato a delegare».
Lei sta più davanti ai fornelli o davanti alle telecamere?
«Metà e metà». 
E guadagna più con la tv o a cucinare?
«Dipende. Io ho più di un ristorante e ho un’azienda che si occupa di tanti aspetti del mondo food, dalla comunicazione al marketing. Sono due business diversi che danno introiti differenti, ma non mi lamento».
Non ha risposto. Guadagna come un calciatore di Serie A?
«Noooo... Loro fanno molti più soldi di me. Io, come loro, faccio qualcosa che mi piace».
Quando sua madre l’ha messa fuori casa...
«Non è vero...». 
L’ha detto sua madre. In tv.
«Diciamo che lei e mio padre, a 18 anni, mi hanno detto: “O studi o lavori. Senza far niente non ci puoi stare”. E così, non avendo voglia di studiare, sono andato a lavorare sulle navi da crociera per tre anni».
E davvero non è stato pagato per tutto quel periodo?
«No. Solo per i primi sei mesi ho avuto vitto e alloggio e basta. Poi, superata questa prima fase, hanno cominciato a pagarmi come gli altri. È così ovunque. Vale per tutti. Gli avvocati praticanti all’inizio prendono soldi? Non mi risulta».
E lei che ne sa?
«Ne conosco un po’. E così mi dicono». 
È vero che nel 1994 era sull’Achille Lauro, che affondò dopo un incendio a bordo durato due giorni?
«Sì. Era il 30 novembre 1994 e affondammo vicino alla costa somala dopo il rogo di un motore. I colleghi, per prendermi in giro, dissero che avevo lasciato i fornelli accesi».
Prima dei 50 anni quale sfizio vuole togliersi?
«Veder crescere le mie figlie e instradarle bene».
A proposito, è vero che ha un altro figlio di 16 anni che non ha mai visto ma di cui si occupa economicamente e legalmente?
«Sì. È una situazione molto delicata. Da giovane non mi fidanzavo mai, però ero molto “sportivo”. Ho saputo di questo figlio solo molto tempo dopo la sua nascita. E purtroppo non ho mai avuto l’opportunità di vederlo. In futuro, chi lo sa?».
Lui vive in Italia o all’estero?
«All’estero».
Il pregiudizio più frequente sul suo conto?
«Sempre lo stesso: faccio tanta tv perché sono il figlio di Barbara Bouchet. Sono un raccomandato. Io che da solo mi faccio un gran culo da una vita. Ridicolo».
Lo chef Gianfranco Vissani, però, ha detto che anni fa proprio sua madre gli chiese di farla lavorare nel suo ristorante.
«Quella è una polemica da ascensore a cui non do retta. Qui da noi si vive di invidie e gelosie. Se hai successo non è mai per merito. Io non devo dire grazie a nessuno. Anzi, no: a mia moglie (Wilma Oliverio, 46 anni, ndr). Lei dirige la mia società AB Normal e senza di lei avrei fatto ben poco».
Con sua madre come va? In passato aveva detto che era stata molto assente, che lei era cresciuto con la tata...
«Tutto bene. Abbiamo appena passato una settimana di vacanze insieme. Siamo diversi per estrazione e percorso, e quello che dovevamo chiarire abbiamo chiarito. Nessun problema. Dormo sereno».
Serenamente andrà a votare?
«Nooo... e chi ha tempo per questa roba? Resto in cucina. Non lo faccio da anni».
Lei chi ha invidiato?
«Valentino Rossi. Il mio eroe. Papà era un pilota di moto, nonno Vincenzo di auto: loro due mi hanno trasmesso la stessa passione. Ora corro in pista con la mia Porsche Gt3».
Il difetto che non è ancora riuscito a correggere?
«Molto preciso sul lavoro, non lo sono nel privato».
Quindi potrebbe spuntar fuori qualche altro figlio?
«No, per carità. Parlavo di calzini spaiati e magliette appallottolate».
Non ha mai vinto una stella Michelin: qual è la medaglia che meriterebbe?
«Mai stato a caccia di premi. Mi basta il ristorante pieno. Sono soddisfatto così».
Piatto forte?
«Cacio e pepe, paste in genere, cacciagione, erbe spontanee...».
Quelli che al ristorante non la smettono di fare foto ai piatti per pubblicarle sui social come li vede?
«La verità?».
Se possibile.
«Se perdono tempo, e poi si lamentano che il piatto è freddo, mi incazzo».