Il Messaggero, 4 settembre 2022
Quanto possiamo resistere senza gas russo?
L’obiettivo dell’Italia e di tutta l’Europa è ora resistere fino a marzo, fino alla fine dell’inverno.
LA DIVERSIFICAZIONE
Perché la strategia di diversificazione delle fonti di approvvigionamento di questi mesi, tra Algeria, Azerbaijan e rigassificatori al massimo, ha sostituito solo 17 dei 29 miliardi di metri cubi importati dalla Russia. Mentre il nuovo rigassificatore di Piombino sarà operativo ad aprile. Dunque, bisogna passare l’inverno per poter disinnescare davvero il gioco-ricatto di Putin sul gas. Nel frattempo la sfida da affrontare è doppia. La prima è ridurre la domanda di luce e gas in modo che le scorte di gas Ue siano sufficienti a compensare i minori flussi dalla Russia e ad evitare un inverno “difficile”. La seconda sfida è evitare che i prezzi fuori controllo di luce e gas, spinti dalla speculazione, tormentino milioni di italiani ed europei e cancellino pezzi di industria.
LA DIPENDENZA DA PUTIN
Partiamo dalle ultime minacce di Gazprom. Nello stesso giorno il colosso russo ha annunciato il prolungamento dello stop di gas verso la Germania, via Nord Stream, per colpa di un fantomatico guasto, e ha avvertito i grandi Paesi europei: «Anche scorte di gas vicine al massimo livello consentito dagli stoccaggi non garantiscono di superare la stagione dell’autunno-inverno in modo affidabile». Quanto mesi potremmo resistere senza il gas russo? La dipendenza da Mosca è scesa dal 40% al 18%, secondo gli ultimi dati forniti da Cingolani, ma contiamo ancora su circa 12 miliardi di metri cubi all’anno di metano di Putin. Più o meno la metà, fino a 6 miliardi metri cubi, potranno essere risparmiati se funziona il piano di risparmi delle famiglie studiato dal Mite. Altri 2 miliardi potranno essere recuperati mandando al massimo le centrali a carbone del Paese. Il resto, circa 4 miliardi di metri cubi, dovrà essere attinto dagli stoccaggi di gas, in casi estremi.
IL TAMPONE DELLE SCORTE
Al massimo delle sue capacità il sistema di stoccaggio italiano di circa 19 miliardi di metri cubi. Al momento gli impianti italiani sono riempiti a quasi l’84% delle loro capacità e a passo dall’obiettivo del 90%. Ma se arrivasse uno stop immediato basterebbero per pochi mesi, visto che il rigassificatore di Piombino dovrebbe essere attivo ad aprile. Già a gennaio, secondo le stime di Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, saremmo costretti a un piano di razionamenti più pesante di quello che partirà ad ottobre.
IL RUOLO DEI RISPARMI
Il Mite ha ipotizzato di centrare un risparmio dei consumi di gas fino a 6 miliardi di metri cubi, tra misure amministrative applicate a case e uffici (termosifoni spenti un’ora in più, accensione a un grado in meno e 15 giorni di riduzione nel calendario) e comportamenti virtuosi delle famiglie. Ma se dovremo fare a meno del tutto del gas di Putin, è già previsto un taglio fino a due ore al giorno con due gradi in meno per i caloriferi. Non solo. L’Europa sta pensando anche un piano di risparmio dell’elettricità. Una rotta già ipotizzata, in casi estremi, dal governo, con tagli all’illuminazione pubblica fino al 40% e coprifuoco per uffici, negozi e locali. Un aiuto al taglio dei consumi arriverà dalle imprese. Ma in questo caso l’obiettivo è limitare al massimo i razionamenti.
I RISCHI PER LE IMPRESE
Se i 4 miliardi di metri cubi che mancherebbero all’Italia in caso di stop alla Russia pesassero tutti sulle imprese, chiuderebbe un quinto dell’industria italiana, ha avvertito il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi. Secondo le ultime stime dell’Adef la bolletta energetica delle imprese arriverà a 80 miliardi nel 2022 rispetto agli 8 miliardi spesi nel 2019. Uno tsunami che spinge l’inflazione, mette in ginocchio l’industria e rischia di far avanzare lo spettro della recessione.
L’EFFETTO SUI PREZZI
I prezzi del gas ora scesi al Ttf di Amsterdam a quota 212 euro per megawattora rischiano di tornare vicino ai massimi di 341 euro segnati il 26 agosto, avverte Goldman Sachs, spinti dall’incertezza alimentata dalla mancata riapertura del gasdotto Nord Stream. Un rischio di cui dovrà tenere conto il consiglio dei ministri Ue dell’energia quando si riunirà, il 9 settembre, per discutere dell’urgenza di un tetto al prezzo Ue.