il Fatto Quotidiano, 3 settembre 2022
Varsavia, la più armata dell’Ue
La notizia era parsa volutamente esagerata quando lo scorso 27 luglio la Polonia annunciò di aver sottoscritto con alcune aziende della Corea del Sud il più ingente contratto per l’approvvigionamento di armi mai stipulato finora da un Paese europeo dell’ex blocco sovietico. La conferma invece è arrivata e, se tutto andrà liscio, cioè se non interverrà chissà quale imprevedibile ostacolo, a breve le forze di terra polacche diventeranno davvero le più armate del vecchio continente. Oltre a 700 cannoni automatici, 180 carri armati e 48 obici arriveranno a Varsavia entro la fine dell’anno. Una seconda fase vedrà la fornitura di oltre 800 carri armati e 600 obici entro il 2026. Il costo dell’ammodernamento e arricchimento delle forze armate polacche è di 15 miliardi di dollari, ovvero l’equivalente del budget annuale.
“È l’ennesima conseguenza dell’espansionismo di Mosca che vediamo da sei mesi a questa parte in Ucraina. Dobbiamo pertanto armare il nostro esercito per evitare che al Cremlino ci ritengano troppi deboli e assicurarci che i nostri confini vengano rispettati”, ha dichiarato il ministro della Difesa, Mariusz Blaszczak, spiegando che se l’accento è stato messo sulle forze di terra è per il fatto che i blindati e l’artiglieria rivestono una grande importanza sui campi di battaglia contemporanei. Nel frattempo frattempo Varsavia non rimane scoperta perché è già fortemente armata. A partire dall’annessione della Crimea nel 2014, i governi polacchi avevano già acquistato grandi partite di armamenti dagli Stati Uniti, tra cui i noti missili a media e lunga gittata Himars, spendendo quasi 5 miliardi di dollari. Secondo la maggior parte degli analisti, è il “principio di urgenza” ad aver spinto i polacchi a tramutare in un gigante il proprio esercito. Avendo giudicato del tutto insufficiente l’azione occidentale intrapresa per scoraggiare e fermare i soldati russi in Crimea e nel Donbass, le autorità di Varsavia hanno deciso di implementare ulteriormente le armi in dotazione al proprio esercito che vorrebbero rendere autonomo e in grado di difendere la patria senza aiuti esterni. Se si tratti di un’illusione o meno, resta il fatto che la Polonia ha anche un altro obiettivo: giocare un ruolo maggiore all’interno della Nato e non avere più un esercito considerato di secondo rango.
Il presidente Andrzej Duda lo scorso giugno aveva enfatizzato che Varsavia sperava che gli alleati l’avrebbero aiutata a colmare le lacune in tema di artiglieria pesante con donazioni o vendita delle proprie, accusando la Germania di aver rinnegato la promessa di farlo fornendo carri armati Leopard.
Quando il ministro Blaszczak andò cinque mesi fa a Washington per discutere di accordi sulle armi, il segretario alla Difesa, Lloyd Austin, gli aveva promesso che gli Stati Uniti avrebbero aiutato “l’esercito polacco a diventare uno dei più capaci in Europa”. Tuttavia, un ex capo di stato maggiore dell’esercito polacco, Mieczyslaw Gocul, ha espresso scetticismo sull’accordo, dicendo all’emittente Tvn che la priorità dovrebbe essere la sicurezza in termini di munizioni per l’equipaggiamento esistente. Gocul ha suggerito che il governo, che dovrà affrontare le elezioni parlamentari l’anno prossimo, voglia nuove armi da sfoggiare alle parate militari per consolidare e ampliare il consenso della popolazione. Il generale Miroslaw Rozanski, dimissionario nel 2017 per disaccordi sulle politiche del partito conservatore ancora al potere, la pensa allo stesso modo e ha inoltre sottolineato che “quantità non significa qualità”.