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 2022  settembre 03 Sabato calendario

Intervista ad Alfredo Messina. È arrabiato perché Fi lo ha fatto fuori

“Mi hanno chiamato dei colleghi e mi hanno detto: guarda che nelle liste non ci sei, non è possibile. Erano sorpresi quanto me”. Alfredo Messina, classe di ferro 1935, da tre legislature senatore e dal 2016 custode delle traballanti finanze di Forza Italia, è a fine corsa: Silvio Berlusconi non l’ha ricandidato. “Nessuno ha alzato il telefono per avvisarmi e io non ho la minima idea del perché mi abbiano lasciato a casa”.
Come gliel’hanno spiegato?
Nessuna spiegazione.
E lei come se lo spiega?
Nessuna spiegazione. Ho 86 anni, non sono un ragazzino, ma ho sempre fatto bene il mio lavoro e penso di aver tolto pure il partito da qualche guaio: lo lascio senza un euro di debito.
Lei è ormai lo storico tesoriere di B. e di Forza Italia.
Una responsabilità assoluta, un lavoro non proprio gratificante. La situazione finanziaria dei partiti, lo saprà, non è florida. Inseguire i colleghi per ricordargli che devono dare il loro contributo è una certa fatica.
Ogni eletto scuce 30 mila euro…
Sì, però la quota di Forza Italia è più bassa di altri partiti: 900 euro al mese. Non tutti sono puntuali nei pagamenti, diciamo.
Non tutti conciliano.
Non tutti.
Mi confessi il nome di qualche moroso.
Nomi non se ne fanno. Però ho sempre cercato di venire incontro a ciascuno. C’è chi spende molto nelle attività sul territorio e chi invece non si pone proprio il problema.
Lei era l’esattore, non era simpatico a tutti.
Esattore, ma con moderazione.
Sforbiciava con tecnica.
Quando sono arrivato io, gli impiegati del partito erano 70, ora sono 12.
Alla faccia.
Lo so. Ma avevo un buon rapporto con tutti. Ho lavorato in tante aziende in difficoltà, da Alitalia in giù. Non sono abituato alle bocciature: stavolta ci sono rimasto male.
Chi è che l’ha esclusa?
Le candidature le fanno i coordinatori regionali, ma non ho mai fatto una polemica in vita mia e non inizio oggi.
Continuerà a fare il tesoriere?
No no! Non è più affare mio.
È un bel guaio per Forza Italia.
Non era un lavoro invidiato. Qualcuno troveranno, se la vedranno loro.
Chi?
Non lo so e non mi riguarda.
Perché molla tutto?
Essere il tesoriere aveva senso da parlamentare: senza l’uno, non faccio l’altro. Mi sono preso una bella responsabilità, stare in Parlamento contribuiva a renderla più lieve, dava una mano.
Si riferisce all’immunità?
Il Parlamento dà delle coperture…
Davvero non ha ricevuto nemmeno una chiamata, dopo tutti questi anni di servizio?
Nemmeno una. Ma sa, i problemi sono altri. Ho perso il padre quando avevo tre anni, ho iniziato a lavorare a 12. Il primo stipendio l’ho preso nel 1947: undicimila lire. Ho comprato un orologio e poi una penna stilografica; ho conservato entrambi. Ho sempre lavorato, me ne farò una ragione.
Però una telefonata il Cavaliere gliela deve.
Spero proprio di sì.