Tuttolibri, 3 settembre 2022
Il Padrino, dietro le quinte
Oggi sono trascorsi cinquant’anni da quando Il padrino è uscito con enorme successo sugli schermi di tutto il mondo, e la verità è sotto gli occhi di tutti. Quel film è stato il vero «cambio di passo» che ha consentito all’industria hollywoodiana di uscire dalla crisi che l’aveva attraversata per tutti gli anni Sessanta e che ha fatto pensare a più di un critico (e soprattutto a molti spettatori) che il cinema americano fosse finito, che fosse una cosa del passato. Il padrino è l’opera di un regista indipendente che si trova a lavorare per una major, la Paramount, che gli mette a disposizione cifre che il giovane Coppola (è di lui che stiamo parlando) non si sarebbe mai potuto immaginare. Ma è anche un film che, proprio parlando di mafia, racconta tante storie che riguardano i rapporti tra la mafia e il potere economico (e anche con l’industria del cinema). Ed è un film sul quale storie e fantasie, aneddoti e leggende si sono moltiplicate negli anni. Mark Seal ha lavorato per anni raccogliendo e incrociando informazioni, cercando personaggi che non volevano affatto rilasciare dichiarazioni e trovando tanti che non stavano nella pelle dalla voglia di parlare. Ne è uscito un libro gustoso, voluminoso, ricco di sorprese, che esce adesso anche in Italia per i tipi di Jimenez editore.
Ogni protagonista ha la sua storia, il suo medaglione, raccontato con dovizia di particolari e senza timori reverenziali. Lo scrittore Mario Puzo, ad esempio, è raccontato nella sua dimensione di bulimico e diabetico pasticcione, pieno di debiti, ludopatico, capace di riversare nel suo romanzo più noto tante letture (soprattutto i Valachi Papers, gli interrogatori cioè del primo grande pentito di mafia) ma anche tante persone da lui davvero conosciute, con qualche sorpresa. Seal sostiene infatti che il personaggio principale, il padrino che dà il titolo al libro e lo darà anche al film, è ricalcato sulla madre di Puzo stesso, mentre anche la moglie di Gay Telese ha una sua presenza nel film. Un ruolo poi lo ha anche Frank Sinatra, per cui Puzo aveva grande ammirazione e che sicuramente è alla base del personaggio di Johnny Fontane, cantante italo americano affiliato ai clan. Come è noto, di questa vicinanza le cronache di quegli anni non fanno mistero, ma Sinatra se ne ebbe molto a male e sottopose Puzo a una vera e propria scenata quando un incauto amico comune insistette per farli incontrare in un ristorante. Si rappacificherà solo in parte quando Coppola gli prometterà che il ruolo di quel cantante, importante nel libro, sarebbe stato ampiamente ridimensionato nel film. Peraltro, un piccolo mistero ruota sull’assegnazione di quella parte: sembrava fatta per il cantante Vic Damone, che però improvvisamente rinunciò aprendo la strada allo sconosciuto Al Martino, molto apprezzato dai clan: fu soltanto una coincidenza?
Il casting, peraltro, fu oggetto di un vero e proprio assalto alla diligenza, e i racconti si susseguono. Coppola, scelto a sua volta dopo molti rifiuti (Richard Brooks, Peter Yates, Otto Preminger, Arthur Penn…) e molte autocandidature rifiutate tra le quali spicca Sam Peckinpah che aveva tratteggiato un riduzione cinematografica piena di sparatorie e di morti, dovette simulare una crisi epilettica per convincere i produttori a prendere in considerazione Marlon Brando che era considerato un rompiballe e un attore finito (e scopriamo inoltre che tra i nomi presi in considerazione per quel ruolo c’era anche Carlo Ponti, che avrebbe così abbracciato la professione di sua moglie Sophia Loren).
E soprattutto fuoriesce la figura del produttore Robert Evans, già attore e diventato poi il geniaccio che salva la Paramount sull’orlo del fallimento con la doppietta Love Story e Il padrino, due film tratti da best seller che erano considerati improponibili per il cinema. Evans, che parteciperà alla prima di Il padrino entrando nella sala a braccetto con la moglie Ali Mac Graw (quella di Love Story, ovviamente) e di Henry Kissinger, ha dichiarato all’autore del libro di aver lottato tutta la vita contro il sistema e i soldi, contro la mafia e la Paramount, sostenendo che i due termini potrebbero essere sovrapponibili. Ed è lui che ha portato Coppola (fino a quel momento regista indipendente che faceva per vivere gli horror con Roger Corman e i nudies che andavano di moda in quegli anni) e Polanski (autore polacco che aveva cercato Hollywood spinto da un grande amore per la classicità) alla Paramount, risultando anche l’ispiratore del bellissimo Chinatown.
Sono migliaia, come dicevamo, le storie e le rivelazioni che si hanno dalla lettura di questo libro. E da questa considerazione esce ancora una volta una conferma: il cinema, come diceva Bertolucci, è l’arte del Novecento, un secolo che non si può raccontare senza il cinema. Dietro ogni grande capolavoro si nascondono sempre grandi storie: succede sempre, quando la fonte è la realtà e la pellicola è stata usata come una spugna capace di assorbirla e poi di restituirla nei suoi racconti. —