La Stampa, 3 settembre 2022
Cara colazione
Smaltita la sbornia delle ferie, il ritorno alla realtà è più amaro di un caffè senza zucchero. La colazione al bar, il rito del cornetto con cappuccio ripetuto ogni giorno da quasi sei milioni di italiani, rischia di diventare un lusso per pochi con rincari che proseguono senza sosta dall’inizio della primavera. E non va meglio per quella casalinga con aumenti che vanno dal +9,8% dei biscotti al +19% per il latte conservato, ma Coldiretti rileva come l’effetto dei rincari energetici si faccia sentire anche su pane (+13,6%), zucchero (+14,9%) burro (+33,5%) e marmellate (+7,9%) senza dimenticare il caffè che fa segnare un +6,7%. Una stangata in piena regola per un pasto al quale gli italiani non vogliono rinunciare. Soprattutto dopo che il lockdown ha modificato le abitudini di consumo: «Si è riscoperto il piacere di stare a tavola insieme anche al mattino, ma ora c’è l’esigenza di mantenere la qualità a fronte di un budget che si è ridotto. Si tagliano tutti i prodotti superflui» ragiona Albino Russo, direttore studi Ancc-Coop che sta ultimando il Rapporto Coop 2022 che sarà presentato il prossimo 8 settembre.
E d’altra parte proprio per far quadrare i conti – secondo un’elaborazione dell’Ufficio Studi Coop-Nomisma – il 37% degli italiani sacrificherà la colazione fuori casa. Non solo: oggi il 55% degli italiani sostiene che le spese per consumi fuori casa sono influenzate dalla propria situazione finanziaria, un dato che stona che il 45% dello scorso anno. E che conferma quanto la situazione sia tesa.
Gli esercenti stanno cercando di arginare quanto possibile i rincari, ma la diga eretta per salvare l’estate la ripresa del turismo rischia di saltare nelle prossime settimane. «La bolletta della luce di luglio è stata uno tsunami e quella di agosto potrebbe essere peggio. In queste condizioni è impossibile non ribaltare i costi sui consumatori. A meno che – ragiona Giancarlo Banchieri, presidente di Fiepet Confesercenti – non intervenga lo Stato». Certo, per gli esercenti gli aumenti che arrivano dal lato dei fornitori, dal caffé ai dolci, sono in qualche modo gestibili con rincari di qualche centesimo di euro, ma la stangata energetica è completamente fuori controllo: «A luglio dello scorso anno per il mio ristorante albergo – racconta Banchieri – ho pagato 7mila euro. Quest’anno, il conto è arrivato a 32.700 euro, raddoppiando rispetto anche ai 16mila di giugno». Come a dire che non riversare gli aumenti sui consumatori finali è semplicemente impossibile «a meno che lo Stato non intervenga nuovamente raddoppiando il credito d’imposta per le imprese che già ne hanno diritto e allargando la platea dei beneficiari anche a quelle con consumi energetici inferiori» prosegue il presidente di Fiepet.
Nel frattempo, i consumatori dovranno provare a schivare quanto possibile gli aumenti. Per farlo, nei primi 8 mesi dell’anno hanno semplicemente ridotto gli acquisti: con i consumi che sono aumentati in valore e diminuiti in quantità.
Coldiretti rilancia l’allarme chiedendo un intervento del governo: «I nostri tempi li detta la natura, non possiamo aspettare le elezioni e la formazione del prossimo governo. L’industria agroalimentare non si può fermare, a meno di non decidere di distruggerla». Con il risultato che gli agricoltori da diverse settimane lavorano in perdita con i prezzi di listino che non sono più sufficienti neppure a comprare il mangime per gli animali.
E di conseguenza, l’aumento dei prezzi non risparmia nemmeno l’alimentazione naturale con i listini dello yogurt che segnano +12,1%, della frutta +8,3%, dei cereali da colazione +5,5%, mentre chi ama il pasto continentale le uova sono in aumento del +15,2% e i salumi del +6,8%. In generale, gli aumenti riguardano l’intera filiera del cibo con costi indiretti che vanno dal vetro rincarato in un anno di oltre il 30% al tetrapack (+15%), dalle etichette (+35%) al cartone (+45%) e alla plastica (+70%). «Rischiamo il gelo dei consumi» chiosa Banchieri. —