la Repubblica, 3 settembre 2022
Nft, la nuova arte
Dario Pappalardo
Ci sono già la data e il luogo: martedì 11 ottobre 2022, Londra, Newport Street Gallery. Quel giorno, l’arte per come la conosciamo finirà, anche se non è detta ancora l’ultima parola. Di certo, accadrà che Damien Hirst brucerà mille suoi dipinti realizzati con mano, conservando i corrispettivi NFT: la versione unica, certificata in formato digitale. La smaterializzazione, allora, sarà completa. «Ho deciso di dimostrare al cento per cento il mio supporto e la mia fiducia nel mondo degli NFT – dice lui – anche se questo significa distruggere il corrispondente di mille opere fisiche». Dopo squali in formaldeide e teschi di diamanti consegnati all’album dei record, sarà forse un’altra provocazione, una trovata da show, un punto di svolta nella storia dell’opera d’arte e della sua percezione, o un po’ tutte queste cose insieme. «I miei figli hanno comprato per anni figurine virtuali attraverso i videogiochi – spiega l’artista – Da anni acquistiamo musica senza il supporto dei dischi. È arrivato il turno dell’arte. Il progetto, avviato nel 2016, èThe Currency: si tratta di 10 mila lavori su carta che hanno il loro corrispettivo in file digitali NFT». È una nuova serie dispot paintings, puntini colorati tutti diversi, che rappresentano l’ossessione dell’ex Young British Artist, oggi cinquantasettenne, dalla fine degli anni Ottanta. Le opere sono state messe in vendita a duemila dollari ciascuna. Entro lo scorso 27 luglio, i collezionisti hanno dovuto scegliere con un referendum se conservare i dipinti fisici o convertirli in NFT: 5149 hanno preferito l’opera tradizionale; 4851 la smaterializzata. Quella dell’arte “classica” non è stata esattamente una vittoria schiacciante. A partire dal prossimo 23 settembre, nel corso della mostra The Currency alla Newport Street Gallery londinese, i quadri materiali “rifiutati” saranno dati alle fiamme e lo stesso Hirst, a ottobre, durante la settimana di Frieze, la fiera del contemporaneo più importante della Gran Bretagna, si disferà dei mille esemplari che ha tenuto per sé. «Ancora non so che cosa sto facendoe non ho idea di cosa riservi il futuro, né se avranno più valore gli NFT o le opere fisiche. Ma questa è l’arte».
Gli smaterializzati
Questa è l’arte, e non è più quella di una volta. La lista degli “smaterializzati” è in costante aggiornamento. Jeff Koons, l’artista vivente più quotato del mondo (Rabbit è il suo coniglietto in acciaio battuto da Christie’s per 91,1 milioni di dollari nel maggio 2019), scomoda persino la luna per motivare la conversione alla criptoarte. In occasione del mezzo secolo dall’ultimo allunaggio – era l’11 dicembre 1972 – con la complicità della piattaforma Pace Verso della Pace Gallery lancerà dal Kennedy Space Centre alla volta del satellite 125 sculture della nuova serieMoon Phases. Rappresentano le fasi lunari e sono state ribattezzate con i nomi di personaggi che hanno influito sul pensiero dell’umanità: da Platone a Andy Warhol. Le immagini delle opere arrivate nello spazio costituiranno NFT originali prontamente acquistabili. Il ricavato della prima partita in vendita sarà devoluto all’associazione Medici senza frontiere. «Volevo creare un progetto NFT storicamente significativo, radicato nel pensiero umanistico e filosofico – ha precisato Koons – I nostri successi nello spazio rappresentano il potenziale illimitato dell’umanità. Le esplorazioni spaziali ci hanno fornito una prospettiva della nostra capacità di trascendere i vincoli mondani. Queste idee sono centrali nel mio progetto di NFT, che può essere inteso come una continuazione e una celebrazione dei traguardi ambiziosi dell’umanità all’interno e al di fuori del nostro pianeta». Houston, in questo caso, non abbiamo nessun problema.
Non ha un problema con la smaterializzazione nemmeno la regina della performance: l’arte fisica per eccellenza. Stavolta, infatti, l’artista non è presente. Marina Abramovi? ha tradotto il video The Hero del 2001, dove – eroina a cavallo – omaggiava il padre combattente della Seconda guerra mondiale, in singoli fotogrammi diventati gettoni virtuali sulla piattaforma blockchain Tezos e acquistabili dal 25 luglio. Fino al 31 agosto The Hero è stato proiettato nelle pubbliche piazze sugli schermi della rete globale Circa a New York, Londra, Milano, Berlino e Seoul. «I miei lavori hanno molte vite – sono le parole di Abramovi? – Tanto tempo fa hanno superato la comunità artistica per diventare qualcosa che ha risuonato in una generazione molto più giovane. Per me, queste nuove comunità Web3 sono importanti perché inseguono nuove avventure. Dobbiamo prestare attenzione a quella comunità. È il futuro». Presta attenzione alle nuove generazioni anche Takashi Murakami, che ha raccontato alNew York Times di aver deciso di passare agli NFT, guardando i figli giocare ad Animal Crossing, il videogame più amato dai bambini terrestri: dove si costruiscono isole virtuali, comprensive di musei che non esistono in quella che finora abbiamo chiamato realtà. Ma quello che non tutti gli artisti chiariscono è che smaterializzare l’arte, più che un gesto estetico, significa sperimentare una fetta di mercato ancora tutta da definire.
Una bolla virtuale
La vendita da Christie’s dell’ 11 marzo 2021 ha aperto la breccia, quando 69,3 milioni di dollari in criptovalute sono stati spesi per Everydays: The First 5000 Days, il collage NFT di Beeple, alias Mike Winkelmann, web designer del Wisconsin diventato il terzo artista vivente più costoso del pianeta dopo Koons e David Hockney. Da allora la corsa all’oro virtuale è sembrata inarrestabile, ma gli ultimi dati stanno raffreddando gli entusiasmi: secondo Chainanalysis il costo medio di un NFT è passato dai 3894 dollari di maggio ai 293 di luglio, a causa anche del crollo di Bitcoin ed Ethereum. La bolla è già scoppiata? «Ci sono molti elementi in comune con le bolle finanziarie – risponde Georgina Adam, massima esperta del mercato mondiale dell’arte – ovvero l’esuberanza irrazionale, la probabile manipolazione, transazioni ripetute più volte per far lievitare il valore. Credo che non rivedremo le quotazioni altissime dello scorso anno. E anche il primo tweet di Jack Dorsey trasformato in NFT si è dimostrato un pessimo investimento. Ma il progetto di Hirst dimostra che c’è ancora un mercato, ovviamente. Di sicuro gli NFT hanno attratto un nuovo tipo di… vogliamo chiamarli collezionisti? O speculatori? “Specollezionisti”, forse. In media si resta proprietari di NFT per meno di trenta giorni. Non è esattamente come collezionare l’arte tradizionale».
Musei tra pieno e vuoto
Il futuro del mercato dell’arte immateriale dipende dagli artisti. Entrarci significa aderire a una finanza parallela, dove le criptovalute sostituiscono le monete vincolate ai sistemi nazionali. «Gli NFT non sono un linguaggio, uno stile, ma un contenitore – precisa Lorenzo Giusti, direttore della Gamec di Bergamo e presidente dell’Associazione musei d’arte contemporanea italiani – Non portano novità sul piano dell’espressione artistica. E poi nella loro fruizione c’è comunque una fisicità che viene coinvolta. La materia è anche nel flusso digitale. Non passerà come modalità di produzione, diffusione e mercato. Dopo l’entusiasmo iniziale per gli NFT, ci sarà una normalizzazione». L’arte senza un volume fisico interroga lo spazio dei musei che anche in Italia stanno lasciando entrare il virtuale nelle loro stanze: daEspressioni con frazioni,fino al 27 novembre al Castello di Rivoli diretto da Carolyn Christov-Bakargiev, aLet’s get Digital!, a cura di Arturo Galansino e Serena Tabacchi, che si è chiusa a Palazzo Strozzi, passando per Mapping the NFT Revolution di Mauro Martino al Meet di Milano dal 6 al 28 settembre, fino alla mostra Salto nel vuoto, che dal 2 febbraio 2023 alla Gamec di Bergamo completerà laTrilogia della materia,curata da Lorenzo Giusti e Domenico Quaranta. «Le nuove tecnologie interrogano i musei. Dobbiamo riconsiderare la sostenibilità delle nostre produzioni – continua Giusti – E rimettere in discussione il principio dell’accumulo fisico del patrimonio. Dall’altro lato, tutta la criptoeconomia ha un impatto ecologico devastante per il consumo di energia. L’arte non può non tenerne conto».
Intanto, sul sito ufficiale del grande vecchio della pittura David Hockney, 85 anni, è comparso un avvertimento molto chiaro: «David Hockney non partecipa o collabora alla creazione di alcun NFT. Qualsiasi NFT di un’opera di Hockney o derivato dalle sue opere o presunto tale è da considerarsi non autentico, non autorizzato ed è illegale». Il falò dell’arte può aspettare.