Corriere della Sera, 3 settembre 2022
La battaglia di Geena Davis contro le ingiustizie di genere
Francesca Scorcucchi
los angeles Forse oggi se ne parla anche troppo e tutto sembra nato con il caso Weinstein e i movimenti MeToo e Time’s Up, ma la discussione sulla condizione femminile al cinema, il superamento dell’assioma per cui la donna doveva essere quasi sempre figura di contorno, ipersessualizzata o in una posizione di costante debolezza, nasce da un seme gettato molto tempo prima dalle donne di Hollywood.
Una su tutte: Geena Davis, 66 anni, una carriera lunga quaranta (il suo primo film fu Tootsie, 1982) e due Oscar in bacheca, uno ottenuto nel 1989 per Turista per caso e un altro nel 2020 per i suoi impegni umanitari. «Se vuoi davvero iniziare il cambiamento devi partire dai bambini», dice l’attrice di film femministi e di grande successo come Thelma & Louise e Ragazze vincenti, che tempo fa ha deciso di fondare, insieme a Madeline DiNonno, il «Geena Davis Institute on Gender in Media» che questo mese, durante gli Emmy Award, gli Oscar della televisione, riceverà il Governors Award per meriti filantropici.
Ora dunque è tempo di bilanci e di un libro di memorie, che uscirà a ottobre Morire di gentilezza, titolo che spiega così: «Sono cresciuta in una famiglia in cui si rischiava davvero di morire di gentilezza. I miei avrebbero lasciato che venisse imboccata l’autostrada contromano piuttosto che criticare l’autista e io ero come loro ma sono diventata più assertiva grazie ai film e l’esempio delle colleghe con cui ho lavorato». Fra queste c’è Susan Sarandon, la coprotagonista di Thelma & Louise: «Dice sempre quello che pensa, con gentilezza e senza nessun tipo di aggressività ma lo fa e ottiene quello che vuole. Ho imparato molto da lei».
Entrambe sono attiviste impegnate, Davis lo è diventata soprattutto dopo la nascita della sua prima figlia: «Mi sono accorta ben presto che i programmi per bambini erano pieni di ingiustizie di genere. Nei cartoon di mia figlia l’uomo andava al lavoro e la donna restava a casa. Cominciai a parlarne con più persone possibili nell’ambiente ma tutti mi dicevano che non era vero e mi facevano esempi di protagoniste femminili di film di animazione, così commissionai uno studio sulla figura femminile nei programmi per bambini, e i risultati furono imbarazzanti. Oggi si è raggiunta la parità. Ai tempi della mia ricerca nella programmazione per ragazzi noi donne eravamo all’11%».
Quindi il MeToo è servito. «Eccome, ora nessun agente ti manderebbe a fare un’audizione in una camera d’albergo».