Corriere della Sera, 3 settembre 2022
Intervista a Regé Jean Page
Denti bianchissimi, gli occhi pronti al sorriso, il viso di Regé Jean Page ha la familiarità di un divo: esploso grazie al successo di Bridgerton e la macchina pubblicitaria di Netflix, l’attore britannico, 34 anni, viene già associato al ruolo di James Bond, nel Regno Unito una misura dell’apprezzamento dei critici e della popolarità tra il pubblico. Più simpatico nella realtà che nei panni del duca di Hastings, richiestissimo, Page è testimone della campagna di Armani Code, la nuova versione del profumo che ha realizzato assieme al naso Antonine Maisondieu. Ottantadue milioni di spettatori nel mondo cambiano la vita? «Si e no, risponde Regé Jean, che è arrivato sul piccolo schermo dopo la gavetta in teatro, al Crucible di Sheffield con The History Boys e al Globe di Londra al fianco di Jonathan Pryce ne Il mercante di Venezia.
Ha detto che non è mai stato un tipo da profumo...
«Già! Quest’esperienza mi ha cambiato. Per me è stato come imparare una nuova lingua. Credo che ognuno di noi si porti dentro un senso di fragranza, è una scelta personale come esplorarlo. Il potere di un aroma, di un profumo è immenso. È un mezzo di comunicazione. Il profumo che ti metti diventa un po’ come la tua colonna sonora».
Cultura e spettacolo possono aiutare ad esaminare questioni importanti, ad esempio la diversità. Sente una responsabilità nella scelta dei ruoli?
«Ciò che amo della recitazione – a teatro o davanti alla telecamera – è che ti permette di far conoscere le esperienze altrui, di trasmettere la realtà dei personaggi al pubblico. Una maggiore visibilità per persone ed esperienze diverse può solo aumentare la comprensione e la connessione che sentiamo tra esseri umani e questo non può che renderci più ricchi. Sensibilità, apertura, voglia di capire e conoscere sono qualità che coltivo e che considero essenziali, perché alla fine la forza equivale all’adattabilità e viceversa. Credo che occorra essere come l’acqua. Scorrere. Aggirare gli ostacoli. Trovare un nuovo corso».
Cosa significa mascolinità oggi secondo lei? La descrizione del profumo che ha realizzato fa riferimento a un modo di interpretarla libero dagli stereotipi.
«L’errore con il concetto di mascolinità è che in passato è stato statico. Oggi siamo al punto in cui possiamo riesaminare la questione e allargare ciò che definiamo “maschile”. È un discorso che sin dall’inizio abbiamo applicato al profumo, scegliendo anche note che in precedenza sarebbero state considerate “femminili”. Accostando elementi che potevano sembrare contradditori abbiamo creato nuove armonie. È questa armonia che oggi siamo più liberi di applicare al gender: possiamo essere come ci sentiamo di essere».
La forza equivale all’adattabilità: occorre essere come l’acqua, scorrere, aggirare
gli ostacoli, trovare un nuovo corso
Crede che questa reinterpretazione sia un segno di evoluzione?
«Da una parte sì, dall’altra è un po’ come pensare di aver scoperto l’amore. Se guardiamo alla nostra storia, la questione del genere è stata sempre al centro di dibattiti, discussioni ed esperimenti. I greci ad esempio erano molto fluidi. Avevano altri canoni».
Ha cominciato a recitare da bambino. Ha sempre saputo che era la sua strada?
«Non saprei. Sicuramente recitare mi è sempre piaciuto moltissimo. Era un po’ come giocare, anche se già da piccolo per me era una cosa seria. Giocosità e allegria rimangono per me ingredienti importanti, nel lavoro così come nella vita».
Qual è stato l’effetto di Bridgerton?
«È cambiato il lavoro, il resto è uguale. Sicuramente lo sceneggiato mi ha dato una nuova visibilità ma per il resto non ha cambiato nulla. Sono la stessa persona e mi applico al lavoro nello stesso modo. La celebrità, sì, quella è diversa. La gente mi riconosce ma non ho avuto esperienze antipatiche».
E ora la vediamo anche in The Gray Man dei fratelli Russo....
«Che esperienza. Ryan Gosling, Chris Evans, Ana de Armas. Che gruppo. È stato come essere in pista con Usain Bolt».